Attraversare la materia, ascoltarla, amplificarla con tecniche e tecnologie, restituirla attraverso formulazioni sempre nuove della scultura destinata ad essere assorbita e decodificata da più canali percettivi oltre a quelli che immaginiamo tradizionalmente coinvolti, come vista e tatto. Queste sono alcune delle premesse da cui nascono i progetti recenti di Hilario Isola, orchestrati in tre mostre e tre momenti diversi: il primo alla Galleria Guido Costa di Torino, il secondo alla Galleria Valentina Bonomo di Roma, il terzo alla Voice Gallery di Marrakesh.
Da materiali elementari (luce, metallo, oro, bronzo) e componenti naturali provenienti dalla terra della sua vigna – che aleggia su tutto il suo lavoro -, Hilario Isola riporta in vita volti noti alla memoria collettiva. Ritratti di pensatori, come Socrate, Giordano Bruno, Aristotele, Nietzsche, sono scolpiti sulla testa di chiodi. La serie di grandi maschere degli Aruspici sono sagomate da raspi d’uva, un ettaro circa di vigna ciascuna. I profili della serie de I Mani si materializzano da un gioco di ombre con lo spostamento (lieve) di un grappolo di uva in bronzo che l’artista chiama ad essere toccato e mosso sul suo «piedistallo».
Temi legati al rapporto tra volto e individuo, tra maschera e soggettività si concretizzano in immagini riconoscibili dalla memoria collettiva e nella dimensione spazio-temporale che si interpone tra forma, materia e percezione. Da questo momento di combinazione tra cose, l’immagine si «scolpisce» nella memoria e si estende al pensiero. Isola gioca e manipola questo spazio percettivo in una varietà di modi. Avvia così un discorso parallelo sul genere della scultura che si muove in un tempo circolare e chiude in un cerchio tradizione e contemporaneità. Nell’aprirsi ad una vastissima gamma di possibili letture la sua scultura raggiunge, prima di ogni cosa, le corde dell’emotività e dell’esperienza.
L’olfatto, prima ancora della vista, è chiamato in gioco dall’odore di legno e terra da cui prendono forma le maschere degli Aruspici. La vista è stimolata dagli ambienti [apparentemente] vuoti delle gallerie, dove piccoli punti scuri spuntano su ciascuna delle pareti che circondando lo spazio. Con l’aiuto di una lente d’ingrandimento si rivelano. Si tratta proprio chiodi. Sulle loro teste, scolpiti in miniatura, compaiono i volti di pensatori eletti per aver portato vivo fino ad oggi il loro pensiero, ma anche per la loro personalità e biografia e per come questa si è impressa nei lineamenti fisionomici.
Pensiero e volto si ricongiungono sulla punta di un chiodo che sporge sul muro, materializzato da un viaggio nel tempo, affacciato al presente con discrezione ma anche con determinazione, la stessa che appartiene alla funzione del chiodo, sostegno invisibile ma fondamentale delle opere d’arte. Diversi anche i materiali impiegati, tra cui bronzo, argento, oro, tutti scelti per rispondere al meglio alla personalità di ciascun ritratto. Usciti dalla vista della lente, ad occhio nudo, il ricordo dei volti è ormai impresso nella memoria, non basterebbe lo spazio della stanza per contenere gli universi che portano con sé, affissi sulle pareti nel momento in cui l’attività del pensiero è più dinamica e «alta», ovvero il tempo del simposio che la posizione circolare dei chiodi disegna nello spazio.
L’ombra che dal grappolo d’uva in bronzo dà vita ai profili sul muro ne I Mani presentata alla Galleria Guido Costa di Torino, materializza il profilo con altrettanta forza ed esattezza rispetto alle miniature dei volti scolpiti nei metalli. Il contatto del visitatore con il bronzo, il suo ruolo nella vita dei profili delle ombre, trasferisce il significato della scultura al momento del passaggio dal tatto alla vista. L’ esperienza corporea diventa complice dell’impressione dell’immagine nella memoria di ciascuno, e la rende durevole quasi quanto la materia dura con cui è realizzato il grappolo d’uva, dispositivo per «scolpire» l’ombra sulla parete nella combinazione del suo movimento con la luce che lo illumina.
Attraverso un gioco tanto diretto quanto complesso tra materia, memoria, spazio e percezione Hilario Isola sperimenta e ricerca nuove frontiere della scultura e del pensiero, tutto cucito dal filo della natura, quello della sua terra e del suo vino che ha contribuito al formarsi della sua personalità e che per ogni lavoro tratteggia il suo volto creativo, ritraendolo ogni volta sotto un profilo diverso.
Hilario Isola / I chiodi, l’ombra e l’aruspice (Capitolo I), Guido Costa Projects, Torino 10.03 – 04.06.2016
Hilario Isola / I chiodi, l’ombra e l’aruspice (Capitolo II), Galleria Valentina Bonomo, Roma, 16.03 – 15.05.2016
Hilario Isola / I chiodi, l’ombra e l’aruspice (Capitolo III), Voice Gallery 23.04-30.04.2016
La galleria Valentina Bonomo organizza un finissage della mostra in occasione del «Ghetto contemporaneamente», giovedì 12 maggio dalle 18.00
immagini (cover 1) Hilario Isola, «Platone», 2016 (2) Hilario Isola, «ARUSPICE #8», 2016, photo by Maria Bruni, Respi d’uva e resine naturali. 100x60x25 cm (3) Hilario Isola, «Socrate», 2016 (4) Hilario Isola, «I MANI», 2016, photo by Maria Bruni, bronzo, legno di tasso, video proiezione, dimensioni ambientali