La galleria NOME di Berlino ospita “are we there yet?”, una mostra collettiva che esamina in modo critico questioni quali la brutalità della polizia, l’incarcerazione di massa, la discriminazione, l’immigrazione e la sorveglianza statale. Il titolo della mostra è tratto da un’opera di Kameelah Janan Rasheed, la cui pratica basata su testi aforistici spesso affronta complesse questioni sociali. Come in molte delle sue opere, are we there yet? ha molteplici significati, simboleggiando sia la spinta verso l’uguaglianza che le più oscure correnti sotterranee della violenza di Stato. La mostra richiama la domanda di Rasheed per indagare la diffusione dell’autoritarismo nella società contemporanea.
“are we there yet?” riunisce un gruppo eterogeneo di artisti le cui opere mettono in discussione i sistemi di controllo, potere e resistenza. Il video Seamless Transitions di James Bridle esplora i luoghi di giudizio, detenzione e deportazione degli immigrati, utilizzando tecnologie di creazione di immagini per visualizzare luoghi e processi che altrimenti sarebbero oscurati alla vista. Le fotografie di Paolo Cirio esplorano la privacy e la sorveglianza attraverso opere come Obscurity, che si appropria delle immagini dei siti web di foto segnaletiche e le manipola con un algoritmo personalizzato per rendere irriconoscibili gli individui. La scultura di Cian Dayrit A Muse to Abuse, presentata per la prima volta al di fuori delle Filippine, offre un potente commento sugli effetti persistenti del colonialismo.
Navine G. Dossos presenta un poster con i loghi di diverse organizzazioni ambientaliste che il governo britannico ha etichettato come “terroristiche”. Ahmet Öğüt presenta una serie di sculture basate su fotografie d’archivio di persone attaccate da cani poliziotto, tracciando una connessione viscerale tra atti di violenza della polizia storici e contemporanei. East Side Story di Igor Grubić giustappone filmati di incidenti in cui i partecipanti alle manifestazioni del Gay Pride a Belgrado (2001) e Zagabria (2002) sono stati oggetto di abusi verbali e fisici da parte di gruppi neonazisti e altri cittadini con una video performance in cui i ballerini ricostruiscono performativamente gli eventi. Kite presenta un video sulle tattiche della polizia di Los Angeles per reprimere le proteste, mentre un’opera di Voluspa Jarpa testimonia la brutalità della polizia contro i civili durante la protesta del 2020 a Santiago del Cile.
“are we there yet?” presenterà anche nuove opere di Camae Ayewa e Danielle Brathwaite-Shirley, entrambe incaricate di creare pezzi per la mostra e che si uniranno al programma di NOME nel 2025, oltre a opere nuove e recenti di Sadie Barnette, Aram Bartholl, Dread Scott, Myriam Zarhloul, Priscilla Dobler Dzul e Kameelah Janan Rasheed, che insieme offrono un’esplorazione poliedrica della violenza della polizia, della sorveglianza statale e della lotta incessante per la giustizia.
are we there yet?, NOME Gallery, Berlino, 14.02 – 12.04.2025
Artisti: Camae Ayewa, Sadie Barnette, Aram Bartholl, Danielle Brathwaite-Shirley, James Bridle, Paolo Cirio, Cian Dayrit, Priscilla Dobler Dzul, Navine G. Dossos, Igor Grubić, Kite, Kameelah Janan Rasheed, Voluspa Jarpa, Ahmet Öğüt, Dread Scott, Myriam Zarhloul
immagini: (cover 1)«are we there yet?», collettiva, vista panoramica, NOME, Berlin, 2025. Foto: Marjorie Brunet Plaza. Courtesy di NOME, Berlino (2) Cian Dayrity, «Muse To Abuse», 2017-2022, legno carbonizzato, fabric, nails, 175 x 100 x 40 cm, la scultura è stata realizzata con Ka Cezar Fadul, e con il supporto di Bellas Artes. I talismani in tessuto sono stati realizzati in collaborazione con Tekla Tamoria.Courtesy , dell’artista e di NOME. Foto: Ateneo Art Gallery (3) Igor Grubić,«East Side Story»,2008, installazione video due canali. Courtesy dell’artista e di NOME (4) Voluspa Jarpa, «Syndemic Studies», Estudio 7 (Study 7), 2021,stampa digitale e disegno su carta, china ink, tempera, rapidografica, pennarello, 30 x 40 cm. Courtesy dell’artista e di NOME (5) Ahmet Öğüt, «While Others Attack: Pair Two», 2016, bronzo, granito. Courtesy dell’artista e di NOME