Entro nello spazio del Romaeuropa Festival nei Padiglioni del Mattatoio di Roma, dove avrà luogo l’esperienza “Ascension VR” di Leon Rogissart e Paul Boereboom. La cornice è una zona particolare della Pelanda denominata “Galleria delle Vasche”. Qui si alternano nell’oscurità le vasche di cemento un tempo utilizzate per la lavorazione dei suini. La stanza è abitata solo dalle voci degli autori.
Leggo il programma di sala e apprendo che lo spazio digitale si ispira alla tecnologia della vasca di deprivazione sensoriale, uno strumento inventato negli anni ‘70 per migliorare lo stato di benessere psicofisico attraverso la simulazione di uno spazio privo di stimoli sensoriali e dell’effetto di gravità. Questo mi lascia intuire il collegamento che esiste tra le vasche a cui alludono gli autori e spazio che ospita questo allestimento.
Mi siedo, indosso il visore. Altri spettatori siedono in postazioni dislocate nello spazio semi-buio. Da questo momento inizia l’esperienza, tutta digitale. Si avvia con un corridoio triangolare sospeso nel vuoto di un deserto grigio e si riempie dei timidi respiri della colonna sonora. Se nei primi cinque minuti il suddetto deserto grigio della scena iniziale mi sembra interessante, essendo quasi liminale – cioè un luogo transito e privo di soggetti – dopo diventa quasi ostico. Nel corso dello spettacolo la narrazione mi presenta schermi, pianure e scalinate, ma sono tutti piatti. Sebbene il visore mi permetta di vedere tutto il mondo circostante, il mio interesse è catturato da un unico punto fisso davanti ai miei occhi.
Quando si conclude la sequenza VR, una voce esterna ci chiede di toglierci i visori. Arriva il momento del soprano Marie van Luijk e del controtenore Arturo den Hartog. Mi sorprende la mancanza di distanza con i cantanti: si muovono nello spazio e si avvicinano alle sedie mentre eseguono la loro melodia. Senza parole, riescono a interconnettere tutte le parti dello spettacolo: spiegazione, preparazione, meditazione, entrata e uscita dal mondo digitale e dalla meditazione stessa.
La parola meditazione, infatti, non è pronunciata. Lo spettacolo ci offre un percorso introspettivo e trascendente, isolati dai rumori esterni, fin quando il canto non invita ad entrare nuovamente nella dimensione reale. Il canto è privo di parole e la musica dal sapore orientale è rilassante e conduce alla meditazione.
Fisso nella memoria un elenco di parole chiave subito dopo lo spettacolo: forma triangolare – schermo con cielo – scalinata – giungla – cuore che batte – ritorno alla sala iniziale – schermo nero – sussurro del cantante – canto. Ho già attraversato queste parole, adesso mi servono per fare un’esercitazione meditativa, per poter tornare, almeno in parte, nel mondo della “vasca” dell’Ascension.
Anton Tkalenko, 11 ottobre, 2024
Paul Boereboom, Leon Rogissart, Ascension VR,2024
Digitalive. Romaeuropa Festival, a cura di Federica Patti, Roma11-13.10.2024
immagini (cover 1): Ascension VR, print (2-3) Paul Boereboom, Leon Rogissart, Ascension VR. Romaeuropa Festival 2024
L’articolo di Anton Tkalenko è parte del progetto editoriale Intraspaces, sesta edizione di Backstage /Onstage, nato da una partnership tra Accademia di Belle Arti di Roma, Romaeuropa Festival, e Arshake per portare, dal 2018, un gruppo di studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma dietro le quinte del Romaeuropa Festival. Ogni anno ne è nato un progetto editoriale diverso per confluire nella pagina dedicata che cresce come unico grande archivio. L’edizione 2024, Intraspaces, si avventura negli spazi intrastiziali, ovvero tutti quei luoghi di connessione che mettono in relazione tecnologie, artisti, spazio, spettatori, a volte estendendosi anche al territorio, dove le diverse istituzioni che questo evento riesce a coinvolgere sono collocate. Hanno partecipato a questa edizione: Giovanni Bernocco, Daniele Bucceri, Stella Landi, Lidia De Nuzzo, Francesca Pascarelli, Anton Tkalenko. Visita qui la homepage del progetto e l’archivio delle edizioni passate.