Tra segno e sogno è il titolo della quarta mostra personale di Betty Danon negli spazi della Galleria Tiziana Di Caro a Napoli. L’esposizione si inserisce nel solco del lavoro di ricerca che da sette anni la galleria sta portando avanti, in collaborazione con l’Archivio Danon, nella presentazione del corpus di opere dell’artista. Seguendo un percorso cronologico, dopo le mostre sui collage e opere pittoriche degli anni 1969-73, sulle partiture astratte e asemantiche degli anni Settanta e sulla produzione artistica dei primi anni Ottanta, è ora presentata una selezione inedita di lavori su carta, dal 1980 al 1990, che spaziano dal disegno, al collage, al frottage, alla china bagnata.
La carriera artistica di Betty Danon è contraddistinta da una data spartiacque, il 1979, anno della sua ultima apparizione “pubblica” nel sistema dell’arte, avvenuta in occasione dell’esposizione della sua opera Io&gli altri alla Galleria Apollinaire di Guido Le Noci a Milano; in seguito l’artista si dedicherà alla sperimentazione più libera e pura, abbandonando il circuito convenzionale dell’arte contemporanea e continuando a lavorare per sé e per gli amici artisti attraverso la pratica della mail art. Il 1979 segna un passaggio anche dal punto di vista della produzione artistica che dall’uso del bianco e nero, si dirige ora verso l’impiego sempre più serrato e presente del colore, insieme a una costante tensione verso gli elementi che caratterizzano l’arte di Danon: la sperimentazione, il suono, il pentagramma, la scrittura.
Il percorso espositivo inizia con un omaggio ad Artur Rimbaud e alla sua poesia Le bateau ivre (1871), per la quale l’artista realizza sei piccole opere in formato cartolina, ognuna delle quali presenta un verso a matita inscritto sul fronte, a cui è associata un’immagine astratta ottenuta mediante la tecnica della china bagnata: alle immagini del battello ebbro del poeta francese che procede senza equipaggio come metafora della condizione umana, si sovrappone il tentativo di Danon di interpretare una situazione esistenziale che raccoglie per poi renderla propria. La seconda sala presenta tre cicli di opere, ancora nel solco della sperimentazione seppure con alcuni echi del passato: dieci Green Sounds in formato A4, ottenuti mediante la scrittura asemantica e l’uso dinamico del pentagramma, la cui linea continua è a volte spezzata dall’introduzione di elementi naturali – piantine, foglioline, pistilli – che si sostituiscono alle note, in una costante tensione al suono «come sostanza originaria di tutte le cose»; le dieci opere sono collocate lungo tutta la parete, a ricomporre idealmente una traccia sonora spezzata e frammentata.
Seguono due opere dal titolo As Prometheus said, in cui sulla scia del mito di Prometeo, che rubò il fuoco agli dèi per donarlo agli uomini, l’artista trova un punto di contatto tra divino e terrestre nella scelta di collocare la carta bruciata quale sfondo del pentagramma. Infine tre opere senza titolo di piccolo formato che rappresentano una fase di sperimentazione di Danon che, mediante l’uso della macchina da scrivere e della fotocopiatrice, copia, ricopia e assembla un testo di difficile lettura.
L’ultima sala presenta quattro lavori dopo la metà degli anni Ottanta: Suoni di Venezia (Sounds of Venice) (1986), in cui sulla falsariga della 39 Biennale d’arte del 1980 – a cui l’artista partecipa all’interno del progetto speciale Il tempo del Museo Venezia – Danon realizza due quadretti nei quali, sullo sfondo pentagrammato del portico di San Marco, il punto si dilata sulla linea a creare forme dinamiche e ondulate che si ricollegano all’idea dell’acqua. Sulla parete opposta si trovano quattro lavori dalla serie di collage Donna Prima Vera (1983-87), che rappresentano al meglio la tensione verso la sperimentazione dell’artista, che per quest’opera declina la figura della Primavera di Botticelli con tecniche diverse, quali il puntinismo, il frottage e la china bagnata, in un tripudio di colori mai eccessivo ma sempre delicato. Infine, quattro collage di piccole dimensioni della serie Seul le silence, in cui la carta dalle tinte oro, argento e pastello fa da sfondo a scritture diverse, fotocopiate o a china, che si affastellano sulla superficie creando spartiti quasi illeggibili in verticale e obliqui; tre opere di Paesaggio intransitivo (1987), in cui i fogli, su cui sono collocati il punto e la linea fotocopiati, sono colorati a pastello e mossi creando vibrazioni via via sempre differenti.
L’uscita di scena dal sistema dell’arte contemporanea ha permesso a Betty Danon di dare sfogo alla propria creatività e sperimentare attraverso linguaggi eterogenei, ma tenuti insieme dalla coerenza della sua poetica basata su «l’essere e il divenire, gli accadimenti del micro e macrocosmo, il mistero del caso, l’ambiguità della realtà».
Betty Danon. Tra segno e sogno, Galleria Tiziana Di Caro, Napoli, 25.09.17.11.2024
immagini (tutte) Betty Danon, Tra segno e sogno, courtesy Galleria Tiziana Di Caro