Nel febbraio 2025 lo Spazio Iris, a Spoltore (provincia di Pescara), ha ospitato Evo oblïato, la mostra delle artiste Francesca Romana Cicia ed Eirene, con il testo critico e la curatela di Laura Catini, e dedicata a Lucia Spadano.
L’esposizione Evo oblïato si inserisce all’interno di un ciclo di sei progetti curatoriali che sposano l’aggettivo “Naturale”, seppur differenziandosi tra loro secondo le scelte di ogni singolo curatore.
Prossima è, infatti, l’apertura del terzo capitolo che vede la curatela di Beatrice Ciotoli e di Irene Iodice e la partecipazione dell’artista Giulia Cauti. L’opening del prossimo 5 aprile prevede il coinvolgimento di donne di tutte le età che desiderano partecipare alla performance collettiva sulla fertilità, aderendo all’open call attiva attualmente nel territorio di Pescara e provincia.
Evo oblïato, insieme agli altri progetti, lascerà traccia nel catalogo di Naturale che verrà editato in conclusione dell’intero ciclo espositivo.
Il secondo capitolo del progetto Naturale, curato e con testo critico di Laura Catini, si propone come una riflessione concettuale e visiva sulla natura del tempo e del ricordo, ponendo in discussione le certezze consolidate della percezione e il rapporto tra memoria, oblio e identità.
Il titolo della mostra introduce il concetto di un tempo perduto, liquido, dissolto nell’oblio, e allo stesso tempo in continua trasformazione. La riflessione curatoriale prende le mosse dall’ontologia heideggeriana, secondo cui il tempo è intimamente connesso all’essere e alla sua finitudine, e, da questa prospettiva, guarda alla natura non come una semplice misurazione cronologica, bensì come un’esperienza fluida e soggettiva, che si situa tra il coevo e l’eterno, tra la persistenza della memoria e la sua inevitabile cancellazione.
Le ricerche artistiche di Francesca Romana Cicia ed Eirene si inscrivono in questa cornice teorica, interrogandosi sulla temporalità e sul rapporto con il passato: l’arte diviene così il luogo di un’indagine che mette in discussione il concetto di rappresentazione e il significato stesso del ricordo, aprendo la strada a una dimensione estetica che oscilla tra concretezza e astrazione. Le opere in mostra si muovono tra differenti medium, costruendo un dialogo materico e concettuale sulla fragilità della memoria e sulla sua stratificazione. Francesca Romana Cicia esplora i meccanismi di accoglienza e resistenza del vissuto attraverso immagini sospese e atmosfere blu, metafore del silenzio e della profondità interiore. L’opera Come una conchiglia nel bosco diviene un simbolo di questa ricerca: una forma non identificabile, collocata in un habitat indefinito, che si fa emblema della rielaborazione e distorsione del ricordo. Eirene, dal canto suo, indaga il tempo attraverso una poetica che intreccia identità, spazio e percezione. Outer Spaces si concentra sulla cavità interna dell’uovo, simbolo generativo mai elevato a soggetto autonomo, che diventa qui luogo di un’indagine sulla creazione e sulla trasformazione della materia. La sua ricerca si articola in una serie di lavori che evocano una dimensione liminale, tra il visibile e l’invisibile, il reale e l’immaginato, ponendo al centro l’incertezza e la frammentazione.
La mostra, attraverso il confronto tra le due artiste, costruisce una narrazione sull’istante che si muove tra parossismo estetico e dissoluzione della reminiscenza. L’oblio assume qui una doppia valenza, positiva e negativa: da un lato, come strumento difensivo della mente umana – concetto esplorato da Freud –, dall’altro, come una condizione che mette in crisi la memoria e la sua capacità di preservare il passato. L’idea di un tempo cosmico e indefinito, che sfida le concezioni lineari della storia e dello sviluppo culturale, si riflette nella scelta dei materiali e nella loro manipolazione. Le opere presentano una dimensione tattile e sensoriale, capace di evocare l’erroneità della rimembranza e la fragilità del ricordo, mentre il concetto di cronotopo, ovvero la relazione tra tempo e spazio, si fa qui materia viva, esplorando la tensione tra l’eterno e il mutevole, tra la sedimentazione e l’evanescenza.
In Evo oblïato, il tempo viene destrutturato e ridefinito, assumendo una forma liquida e frammentaria, mentre i lavori esposti invitano il pubblico a riconsiderare la propria relazione con la memoria e con la percezione del presente. L’idea di uno spazio-tempo universale viene messa in discussione, lasciando emergere un universo estetico dove l’incertezza e l’ambiguità diventano strumenti di indagine. Attraverso una ricerca che si nutre di filosofia, psicanalisi e linguaggi artistici differenti, la mostra offre così uno spunto di riflessione sulla condizione umana e sulla nostra percezione, e materializza un universo in cui la memoria non è mai fissa, ma sempre in trasformazione, sospesa tra il visibile e l’invisibile, tra il ricordo e l’oblio, nel fragile equilibrio di preservare ciò che, inevitabilmente, tende a dissolversi.
immagini: “Evo obliato”, Spazio Iris, exhibition view, ph. Francesca Pascarelli