Future Past è una mostra collettiva attualmente in corso alla Arebyte Gallery (Londra) che accompagna lo spettatore in un viaggio immersivo tra le rovine scavate del futuro, nell’ambito del programma Sci -Fi 2022/23 di Arebyte, che analizza la finzione e i futuri alternativi attraverso una serie di mostre, performance dal vivo, esperienze online e attività educative. Con un mix di opere digitali e scultoree, contenuti interattivi e statici, nonché narrazioni generate dall’intelligenza artificiale, la galleria diventa un sito per scoprire il concetto di futuro attraverso il passato.
A differenza della nozione occidentale di tempo, con la sua visione lineare della storia a sinistra e del futuro a destra, Futures Past ci chiede di riconsiderare questo concetto guardando il nostro presente dagli occhi del futuro – in sostanza, di camminare a ritroso nel futuro con gli occhi fissi sul passato. Esaminare il tempo e abbracciare la sua non linearità permette di avere una visione più spirituale e progressista su come abitare un tempo in cui futuro, presente e passato coesistono.
La galleria assume un nuovo scopo come sito di archiviazione e conservazione, diventando un mediatore di concetti di futuro attraverso l’esposizione di artefatti digitali e fisici del XXI secolo. Monitor, proiezioni, videowall e pannelli a LED giacciono sul pavimento a vista della galleria, cercando una nuova attenzione e permettendo ai visitatori di sviluppare una comprensione più profonda dell’aldilà.
Come un puzzle da ricomporre, le opere mescolano storie, culture e temporalità diverse, invitandoci a re-immaginare il modo in cui guardiamo gli artefatti, denunciando il passato coloniale e affrontando le molteplici crisi di oggi. Questa «de-invenzione» del futuro ci riporta a un presente che è un «luogo di lotta fragile e frammentario».
I cinque concetti chiave esaminati da Patricia Waugh e Marc Botha nel loro libro «Future Theory» – confini, organizzazione, rottura, novità e futurità – fungono da cornice per Futures Past. Le opere in mostra, infatti, ruotano attorno a queste cinque categorie e sono una dimostrazione di come la teoria possa essere applicata a un mondo in costante mutamento.
Le opere di Dominique Cro, Entangled Others (duo composto da Sofia Crespo e Feileacan McCormick), Shinji Toya e Matteo Zamagni esplorano la rottura e il futuro affrontando i cambiamenti climatici, l’estrattivismo e l’Antropocene. Le loro opere utilizzano la senzienza delle macchine e il remix dei dati per fornire approfondimenti sui processi evolutivi organici ed elettronici.
Morehshin Allahyari, Juan Covelli e Oliver Laric esplorano confini e organizzazione, affrontando le pratiche coloniali e la proprietà di reliquie e manufatti. Le loro opere stampate in 3D criticano la rappresentazione come tecnologia di dominio coloniale sulla natura. Ciò è esemplificato dal metodo open-source di creazione e diffusione delle loro opere, così come dalle culture di cui le opere parlano, esponendo le zone intermedie, dando potere a chi non ha potere e mettendo in discussione i presupposti.
Kumbirai Makumbe e Abi Shen, così come Ryan Vautier e Sarah Blome, trasmettono novità e futuro, affrontando allo stesso tempo tematiche post-umane e cibernetiche. Queste opere interrogano il corpo come luogo di emancipazione emotiva insieme all’idea di raggiungere una singolarità tecnologica.
Il lavoro di Lawrence Lek e Sandrine Deumier affronta il tema della novità e dei confini, concentrandosi sulla costruzione del mondo nell’ambito del pensiero futuro. Le loro opere giocano sugli stati alterati di presenza e memoria che esistono nello spazio digitale, mettendo in discussione la nostra capacità di percepire il mondo vivente come un’entità complessa.
Oltre ai numerosi pezzi «dissotterrati», che si trovano a terra, frammenti di opere di artisti selezionati sono presentati su pareti espositive come quelle che si trovano spesso nei musei. Ma a differenza delle vetrine tradizionali teche tradizionali, i beni (che includono modelli CGI non legati, oggetti stampati in 3D e gif) sono conservati all’interno del regno digitale e per lo più vincolati al mezzo dello schermo. Separando i singoli elementi delle opere degli artisti, la parete espositiva mette in discussione la raccolta, l’archiviazione e la conservazione dell’arte digitale, evidenziando l’importanza di trattarla allo stesso modo delle pratiche più tradizionali ed effimere: in modo olistico e con attenzione al lignaggio e alla provenienza.
Scavare questi reperti digitali, rianimarli e riprodurli serve a salvaguardarne la vitalità e l’integrità. Ciò si pone in diretta opposizione agli archivi e alle esposizioni museali standardizzate che standardizzati dei musei che feticizzano i frammenti, la fragilità e la decadenza. Qui, il materiale culturale e gli ephemera si accumulano e diventano cibo per la Terra con il passare dei decenni… Cosa scegliamo di conservare e cosa viene scartato per essere compresso da strati di tempo e vite vissute?
Future Past, Arebyte Gallery, Londra, 27.10 – 23.01.2023
Part of Arebyte 2022/23 programme Sci-Fi
Artists: Morehshin Allahyari, Juan Covelli, Dominique Cro, Sandrine Deumier, Matteo Zamagni, Lawrence Lek, Kumbirai Makumbe, Entangled Others, Abi Sheng, Shinji Toya, Ryan Vautier & Sarah Blome
images: (cover 1) Lawrence Lek, still from «Bonus Levels», 2014 (2) Entangled Others, Still from «Critically Extant», AI Generative video work, 2022 (3) Abi Sheng, «Stop the killer robot», image and body suit, 2022 (4) Lawrence Lek, still from «Bonus Levels», 2014 (5) Moreshin Allayhari, «Material Speculation: ISIS: South Ivan Human Heads: Medusa Head», 3D print, 2017 (6) Lawrence Lek, «The Lodge (part of Nepenthe Zone)», 2022 (7) Matteo Zamagni, still from «Thought Experiment», 2021