«Il tempo è la sostanza di cui sono fatto. Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume; è una tigre che mi distrugge, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco».
Questa citazione, ripresa da Una nuova confutazione del tempo (1944-1946) di Jorge Luis Borges è il punto di partenza della nuova performance site specific di María José Arjona, consentendole di creare un collegamento intricante: il tempo è una questione centrale nella poetica di Borges così come nel lavoro di Arjona, focalizzato principalmente sulla performance, forma di espressione artistica, per eccellenza, incentrata sul tempo.
Tempo, coscienza ed esistenza sono al centro dell’opera di Maria José Arjona, artista, negli ultimi anni, riconosciuta tra le più interessanti nel magmatico panorama latino americano. Nel suo lavoro il corpo è centrale, per il suo essere potente strumento di comunicazione visiva, di scambio energetico e generatore di significati molteplici.
Nella ricerca di Arjona, il corpo interagisce con lo spazio per creare un’esperienza che va oltre la fisicità attraverso la risposta a stimoli cognitivi. L’osservatore diventa catalizzatore di uno scambio sensoriale per varcare i confini fluidi che separano l’identità dalla rappresentazione. Il suo atto performativo si basa su un approccio di lunga durata, attraverso cui il corpo diventa tramite per capire le coordinate spazio-temporali, e per indirizzare tematiche relative al processo, alla memoria e al potere.
L’artista, profondamente impegnata nella sua pratica performativa, adotta strategie di resistenza, per indagare il controllo di sé e degli altri, il rapportarsi dell’individuo con il gruppo e le norme che regolano le relazioni tra la fisicità e il corpo sociale. Arjona concepisce l’arte come strumento di trasformazione; offre una risposta urgente ai discorsi politici imposti creando una struttura basata sull’energia, così come questa è ancorata nel corpo nella sua capacità di instaurare una comunicazione empatica con l’altro.
María José Arjona rapresenterà … But I am the Tiger ogni giorno per un mese. Il pezzo, concepito come progetto di lunga durata diventa oggetto per investigare il tempo calandolo in una dimensione tangibile, una questione di presenza, nell’attualità temporale e in un determinato luogo. L’artista colombiana, attraverso una serie di atti ripetitivi e minimali, giocherà con l’idea di abitare il tempo e lo spazio. Creerà una situazione di estensione della durata, per sollecitare la relazione tra l’artista, lo spettatore e lo spazio architettonico.
…But I am the Tiger ruota attorno alla presenza, alla dimensione performativa e all’esperienza percettiva dello spettatore in un rapporto concreto e di comunione con lo spazio. Qui, il corpo dell’artista diventa un parametro di autodeterminazione fisica nel suo relazionarsi con ciò che la circonda. Un corpo che diventa archi-tettonico di significato (J-L. Nancy) in un determinato momento e luogo.
Negli ultimi anni il lavoro di Maria José Arjona è diventato molto più complesso nella sua declinazione visiva e nel suo rapportarsi con lo spazio: seppure Arjona è un’artista performativa «pura», il suo lavoro attraversa le specificità di diversi generi artistici per combinare assieme media differenti: scultura, installazione, performance, danza e suono. In …But I am the Tiger, Arjona gioca con la fluidità del tempo, e offre un universo di possibilità per il suo corpo consentendo, simultaneamente, al pubblico di attraversare luoghi e tempi multipli[1].
María José Arjona, … But I am the Tiger, Calle 16 #14-31, Bogota, Colombia, 27 ottobre – 22 novembre 2013, Contact person: Diana Barbosa diana@mor-charpentier.com
Immagini Maria José Arjona, «…But I am the tiger», Bogotà, 2013, Courtesy mor.charpentier Gallery, Paris/Bogotà, photo credit: Lisa Palomino[1] Il testo qui proposto di Eugenio Viola è stato scritto in occasione della performance di lunga durata di María José Arjona «…But I am the tiger» presentata a Bogotà il 27 ottobre e in corso fino al 22 novembre 2013. È la terza volta che Eugenio Viola lavora con Maria José Arjona, dopo il ciclo di performance «Vires. Exercises on Power» rappresentate al Museo Madre di Napoli in occasione della rassegna «Corpus. Arte in Azione», e «All the others in Me», performance realizzata al Riad Dar Chérifa come evento collaterale della IV Biennale di Marrakech (2012), il cui video è stato acquisito, lo stesso anno, dal Castello di Rivoli.