A seguire la recensione della mostra di Pier Alfeo negli spazi di Doppelgaenger a Bari, pubblicata su Arshake il 17 aprile 2019, il compositore e artista Roberto Pugliese intervista l’autore che rivela le radici della sua ricerca, in particolare in questa fase del suo percorso dove il suono si estende a possibili combinazioni audio-visive, di cui le opere in mostra sono il frutto. Diventiamo partecipi di una conversazione tra Maestro e allievo che si trasforma nel dialogo tra due artisti che, con esperienza e maturità diversa, radicano entrambi il loro lavoro nella ricerca e nella sperimentazione.
Roberto Pugliese: Ho avuto modo di seguire lo sviluppo della tua ricerca in questi anni, ma è sempre affascinante e misterioso comprendere, soprattuto nella tipologia di opere che realizziamo, come nasce il rapporto tra suono ed immagine, ovvero da dove nasce il modus operandi soggettivo dell’artista. Mi parli delle tue associazioni visive-sonore? Che peso attribuisci ai suoni rispetto alla parte visiva, in che modo credi debbano dialogare?
Pier Alfeo: Il mio interesse primario deriva dall’origine astratta del suono stesso, e dalla fascinazione legata alla sua trasformazione in qualcosa di tangibile visivamente e viceversa, quindi nello scambio bidirezionale che può avere un segno, un evento, rispetto alla sua rappresentazione sonora. Pur essendo un amante delle pratiche Acusmatiche, li dove viene valorizzata la pura percezione sonora occultandone la vista, e quindi la causalità delle sorgenti sonore, riconosco una impellente potenza evocativa nell’ osservare un evento digitale tradotto in evento fisico; quasi una necessità di valorizzare il processo inverso rispetto all’attitudine odierna, non per conservazione ma per sensibilizzazione.
Il mio percorso è stato necessariamente legato all’utilizzo di nozioni matematiche e fisiche, giacché il suono è un evento fisico-acustico, ed il suo trattamento soggetto alle teorie dei segnali. Per me quindi, il suono è fondamentale, un punto di inizio, intermedio, possibile o di arrivo: insomma, protagonista attivo del mio processo artistico che vuole dialogare in modo armonico con l’aspetto visivo, così da amplificarlo e valorizzarlo.
La tua ricerca sul suono è ovviamente cambiata in questi ultimi anni, ma ha mantenuto un’origine riconoscibile: da dove prende forma la “riconoscibilità” delle tue opere? Ovvero, quali sono le caratteristiche sonore che senti più vicine alla ricerca che hai intrapreso, e da dove nascono?
Gli ultimi anni sono stati di grande crescita e consapevolezza, sopratutto nell’ampliamento del linguaggio: ho sempre cercato di acquisire una maggiore padronanza di espressione così da poter conquistare una buon libertà nel raccontare, in svariate forme possibili. E’ come il voler arrivare ad un proprio personale linguaggio, un singolare timbro di voce, è come voler scoprire la propria vera essenza per preservarne le visioni.
Probabilmente il filo conduttore dei miei lavori proviene dall’attrazione che ho sempre avuto per le sonorità verso organiche, quelle sonorità determinate da comportamenti riconducibili ad attività viventi, e sicuramente anche dal forte legame che mi unisce alla natura, dalla propensione all’ascolto dei paesaggi sonori legata alla pratica dei field recordings di questi ultimi anni, i quali mi hanno insegnato a riconoscerne i movimenti interni e globali. Insomma, mi piace pensare alle mie composizioni come dialoghi tra organismi alieni lontani, non realmente esistent,i o addirittura mai scoperti.
L’aspetto che mi intriga maggiormente è l’azione ipnotica, terapeutica, meditativa, liberatrice che può assumere l’organizzazione dei suoni, riuscire a raggiungere un non-tempo, ricreare spazi immensi estranei alla conoscenza e percezione umana, quindi esplorare nuove possibilità, nuovi spazi, nuovi mondi terreni ed extra-terreni.
L’apporto tecnologico nella tua produzione artistica è ovviamente indispensabile. Che ruolo deleghi alla tecnologia?
Delego alla tecnologia il ruolo di “mezzo” e non di “fine”. Viviamo un momento proficuo per questa tecnica, e giacché la stessa è estremamente accattivante cerco di utilizzarla con distacco consapevole dei danni che potrebbe provocare a livello mentale e fisico, e confido in un’evoluzione rispettosa di coloro che la utilizzano.
A parer mio, è fondamentale interrogarsi su come essa possa ricoprire un ruolo di giovamento e non di sudditanza o dipendenza, per l’essere umano. Il problema principale è che la tecnologia è in un momento di crescita esponenziale e inarrestabile, ed è quindi il momento di limitarne “i danni” ricercando una sua nuova funzione nel rapporto con l’uomo. Per questo cerco di avvalermene comunicando un messaggio terapeutico e di sensibilizzazione, consapevole di ciò che potrebbe potenzialmente arricchire la nostra esistenza attraverso un equilibrato utilizzo.
Parallelamente, un campo che mi appassiona in modo particolare è quello dello studio dell’ampliamento del timbro a livello acustico: ritengo che ci sarebbe tanto ancora da sperimentare nella ricerca di nuove sonorità, e che il processo si sia in qualche modo fermato, o rallentato, a causa dell’avvento delle “macchine”.Credo che lo studio dei materiali, della loro risonanza e possibile costruzione, sia ancora molto aperto e le possibilità potrebbero essere maggiori se sia prendesse in esame la loro ibridazione con sistemi elettronici.
L’utilizzo di alcuni software hanno mediato il tuo approccio metodico e strutturale nella produzione: in che modo credi questo sia avvenuto?
Sicuramente al momento ci sono due pilastri fondamentali nel mio approccio metodico, che ho avuto possibilità di studiare e approfondire in ambito accademico, ovvero in conservatorio: strumenti che danno l’opportunità di arrivare alla concretizzazione delle mie idee ed attuali risultati artistici; si tratta di un bilanciamento tra intenzione e resa, due pilastri che permettono di operare nel mio ambito in modo “chirurgico”, sopratutto per un determinato tipo di opere, ma in particolare in modo versatile e personalizzato, consentendo di costruire sistemi idonei agli obbiettivi attraverso linguaggi di programmazione.
Sto parlando del Wolfram Language, linguaggio multi-paradigmatico generale di comunicazione computazionale del programma matematico di calcolo simbolico “Mathematica”, sviluppato da Stephen Wolfram, quindi l’utilizzo del software per il lavoro in tempo differito, che permette la computazione di una grandissima mole di dati attraverso algoritmi semplici, o complessi, generando tabelle di dati che vengono opportunamente elaborati per la generazione del suono mediante il software CSound, sistema di elaborazione audio e musicale ai fini creativi e compositivi.
Poter fondere la statistica, la matematica e la sonologia mi ha sempre attirato particolarmente: attraverso questi strumenti sono riuscito a coltivare l’interesse verso i sistemi complessi, verso la costruzione di nuovi timbri, verso la “data visualization” e le partiture grafiche, tutto questo ha poi portato all’attuale estetica dei miei lavori grafici relativi allo studio del suono attraverso la loro visualizzazione.
Dall’altra parte c’è Max, ambiente di sviluppo grafico per la musica e la multimedialità ideato da Miller Puckette e aggiornato dall’azienda Cycling ’74, che permette di gestire in tempo reale la generazione del suono, la sua manipolazione, la gestione di automatismi per pilotare componenti elettronici ed elettromeccanici ed anche sensori per l’interazione esterna. La possibilità di creare processi “in background” che rimangano indipendenti permette di creare macchine autonome e intelligenti programmate secondo il fine artistico.
Cosa ha attirato la tua attenzione negli ultimi tempi e su cosa prevedi di lavorare nel prossimo futuro?
Ciò che mi seduce ultimamente in ambito installativo è la possibilità di creare grandi sistemi elettromeccanici per la generazione del suono, con elementi acustici o con interazione esterna, quindi interattivi, oppure strutture modulari acustiche reattive agli agenti atmosferici, partiture grafiche dinamiche e interattive. Fondamentalmente mi piacerebbe continuare a portare avanti tematiche come l’inquinamento acustico, lo sviluppo di nuove forme di linguaggio per la generazione sonora, sempre con un grande occhio di riguardo ai processi naturali e le attività antropiche.
Il mio percorso lo visualizzo a tutto tondo, fulcro insormontabile è il suono. Per il futuro lavorerò a nuove composizioni, a nuovi dischi e nella produzione di audio/video: insomma, c’è tanto da poter fare e sono eccitato all’idea di lavorare ad opere nuove.
Pier Alfeo. Incisione sul Silenzio, Galleria Doppelgaenger, Bari, 22 febbraio – 22 maggio, 2019 (vedi qui la recensione di Roberto Pugliese alla mostra, pubblicata su Arshake il 17 aprile, 2019)
Bio: Il compositore elettronico e artista sonoro italiano Pier Alfeo (Classe 1985) si avvicina agli studi sul suono inizialmente da autodidatta, per poi frequentare corsi di musica elettronica presso il Conservatorio “N. Piccinni ” di Bari, dove attualmente studia Composizione Elettroacustica. L’obiettivo della sua ricerca è quello di comprendere la complessa morfologia dei cambiamenti di stato relativi al linguaggio degli eventi sonori e come questi si comportino sia a livello micro-strutturale che macro-strutturale, attraverso la percezione pura o mediata dall’uso di nozioni matematico-scientifiche.Come sperimentatore e ricercatore del suono, indaga le condizioni psicofisiche degli individui legati alle attività antropiche che, direttamente o indirettamente, alterano l’ambiente e la coscienza umana: l’intento è proprio quello di scoprire in che modo i linguaggi artistici potrebbero guarire e bilanciare le suddette alterazioni. I suoi lavori di composizione spaziano dalla musica elettronica alle automazioni meccaniche, agli audio / video e all’elettronica dal vivo per scopi immersivi.Crea sculture sonore e opere visive legate al comportamento del suono, prestando particolare attenzione alle conseguenze dei sistemi di automazione, all’introduzione di macchine nell’esistenza umana e al processo tecnologico, facendo uso di sistemi informatici e sonorità concrete al fine di creare un dialogo tra comportamenti organici e linguaggi di programmazione. Ha tenuto spettacoli audio/video e live electronics per diverse manifestazioni in tutta Europa come NODE15 Festival di Francoforte, TheRestIsNoise al “Muziekgebouw aan ‘t IJ” di Amsterdam, FLUSSI Festival di Avellino (IT), LiveCinema Festival di Roma. Ha condiviso il palco con artisti come Robert Henke, Murcof, Dadub, Clock DVA, Demdike Stare, Fennesz, Lillevan, Roly Porter, Rashad Becker, 1024 Architecture, Mike Cooper e molti altri ancora. Nel 2018 ha ricevuto la menzione d’onore per Sound Art Installations, con l’opera “Interferences Quartet”, al MA / IN Matera Intermedia Festival, Progetto CoMatera2019, classificandosi per il secondo premio, al fianco dei vincitori Cod.Act, con una giuria internazionale costituita da Yan Maresz , Justè Janulytè, Manuela Blackburn, Jogoda Szmytka, Candas Sisman, Alexander Khubeev, Matteo Franceschini, Stefan Prins e Cathy Van Eck.
immagini: (cover 1-2-3) PIER ALFEO, «The never spoken words» (4- 5) PIER ALFEO, «Organism» (6)-7) PIER ALFEO, Plexibook – study_es1, pag 19 (8) PIER ALFEO, «Audiodata»