Il 4 maggio scorso, per la serie SPLEEN, la Fondazione Filiberto e Bianca Menna inaugurava il progetto installativo Hey there you, looking for a brighter season (moth), di Davide Sgambaro. Si tratta della prima di tre installazioni, parte del progetto di Gianpaolo Cacciottolo e Massimo Maiorino, rivolto a ripensare il ruolo di un’istituzione storica nel tessuto urbano della città, attraverso la realizzazione di opere site specific che escano fuori dai confini della Fondazione e si pongano in diretto dialogo con la comunità di riferimento.
Il secondo artista chiamato a questa sfida è stato Marco Strappato che realizza un intervento artistico dal titolo Qui mi sento a casa, inaugurato il 24 maggio. Si tratta di un’installazione luminosa al neon, di colore bianco, che riprende l’iconografia del bookmark, un segnalibro, utilizzato spesso su Internet o sulle app per salvare tra i preferiti un luogo o una pagina che si desidera ricordare e ritrovare in seguito. Un’operazione automatica, entrata nel linguaggio comune dell’era digitale, e che realizza anche Strappato stesso nel momento in cui cerca su Google Maps la Fondazione Filiberto e Bianca Menna e la “salva”, aggiungendo un segnaposto all’interno dell’applicazione. Partendo da quest’azione, la volontà dell’artista è stata di trasformare questo gesto dal digitale al reale, apponendo il segnalibro, realizzato con una struttura di ferro, sulla parte superiore della facciata della Fondazione attuando un fondamentale passaggio da bookmark a landmark che trasforma non solo l’istituzione in un punto di riferimento per la città, ma ne evidenzia anche il nucleo più importante e prezioso, la Biblioteca d’arte. Il titolo dell’opera, Qui mi sento a casa, assume ora una doppia valenza, legata innanzitutto a una sensazione personale dell’artista ma anche, stando alle parole di Strappato, alla possibilità che «accendere una luce sopra questo spazio credo possa aiutare tutti a sentirsi un po’ a casa propria».
A chiusura del progetto SPLEEN si è inserita l’opera, inaugurata il 14 giugno, del collettivo damp, “progetto non intenzionale” nato nel 2017 dall’incontro di Alessandro Armento, Luisa de Donato, Viviana Marchiò e Adriano Ponte. Anche in questo caso, come per le opere precedenti, si tratta di un’installazione ambientale collocata, questa volta, su due lati della Fondazione Menna, in facciata e sul lato nord. Dal titolo Hikikomori, l’opera è costituita da una struttura portante su cui sono collocati tre teli verniciati con il Musou Black, pigmento capace di assorbire il 99,6% della luce solare, posti a oscurare due finestre di una sala della Biblioteca della Fondazione. Partendo da una riflessione intorno alla figura del combattente, che campeggia imponente sulla facciata dell’istituzione salernitana, oggi priva di senso nella precarietà contemporanea, il collettivo ha proposto un atto di «dichiarata volontà di dis-integrazione», attraverso la sottrazione di una parte dell’edificio alla sovraesposizione luminosa urbana. Lo “stare in disparte” dichiarato dal significato del titolo dell’opera è ciò che succede allo spazio della Fondazione, che si ritrae silenzioso senza nessun tipo di pretesa di governo sul mondo.
Attraverso operazioni dai significati differenti le tre installazioni hanno dimostrato la stessa presa di coscienza che Baudelaire aveva espresso nei suoi Petits poèmes en prose – Le spleen de Paris, legato al mutamento dell’esistenza quotidiana, data ora dalla città e non più dalla natura, davanti al quale era necessario reagire con forza. Vivere la realtà significa comprenderne tutte le sfaccettature, dialogare con essa, metterla in discussione anche e soprattutto grazie all’arte che, uscita ora fuori dagli spazi istituzionali e “sacrali” del museo, giunge in aiuto della comunità per metterla dinanzi alla nuova realtà quotidiana. Grazie alle opere di Davide Sgambaro, Marco Strappato e del collettivo damp la Fondazione Filiberto e Bianca Menna è riuscita a ottenere nuova linfa vitale, diventando un effettivo punto di riferimento culturale per la città di Salerno e uscendo definitivamente dall’oblio cui era stata relegata.
SPLEEN. Tre opere per la Fondazione Filiberto e Bianca Menna, a cura di Gianpaolo Cacciottolo e Massimo Maiorino
Fondazione Filiberto e Bianca Menna, Salerno, 04.05-30.06.2024
immagini: (cover 1) Marco Strappato, «Qui mi sento a casa», 2024, scultura di luce al neon bianco, 85 x 88 cm. Courtesy l’artista e Fondazione Filiberto e Bianca Menna, Salerno. Foto Elio di Pace (2) Collettivo damp, «Hikikomori», 2024, installazione ambientale, courtesy Fondazione Filiberto e Bianca Menna