Nel 1956 muore Jackson Pollock, l’artista che ha cambiato radicalmente il significato di ‘fare pittura’. Con Pollock cambia la posizione del pittore rispetto alla tela: non più sul cavalletto, la tela è disposta a pavimento in modo che l’artista possa girarci intorno ed entrarci dentro, abolendo così le nozioni di ‘base’ e di ‘altezza’ del dipinto, così come di ‘lato destro’ e ‘lato sinistro’. Con Pollock cambiano anche gli strumenti e la tecnica per realizzare il dipinto: non più solo pennelli e spatole, bensì una varietà potenzialmente infinita di oggetti di ogni tipo diventano strumenti della pittura. (Dice Pollock: “Continuo ad allontanarmi dai tradizionali strumenti del pittore come cavalletto, tavolozza, pennelli ecc. Preferisco bastoncini, cazzuole, coltelli e lasciar colare il colore oppure un impasto fatto anche con sabbia, frammenti di vetro o altri materiali.”) Infine, e cosa più importante, con Pollock si può dire iniziata, per quanto non in modo esplicito e consapevole, una modalità artistica che poi si chiamerà Body Art e che consiste nel coinvolgimento di tutto il corpo nell’azione artistica. La pittura di Pollock si chiamerà infatti Action Painting, dove l’accento posto sulla parola ‘azione’ sottolinea il movimento, la vitalità, lo spazio quotidiano e concreto in cui avviene il gesto pittorico che, nel caso di Pollock, equivale a una danza.
Nello stesso anno, in omaggio al pittore appena scomparso, Allan Kaprow scrive un articolo dal titolo The Legacy of Jackson Pollock (L’eredità di JP). In questo testo Kaprow riflette sulla straordinaria importanza dell’insegnamento di Pollock, dopo il quale, secondo Kaprow, ci sono solo due strade possibili per l’arte: la prima strada è continuare a dipingere insistendo nel variare le modalità di realizzazione e gli strumenti della pittura, così come Pollock aveva fatto e così come avrebbe fatto, poco dopo, una intera generazione di artisti, dal gruppo Gutai in Giappone, a Yves Klein e Lucio Fontana ed Emilio Vedova in Europa, a Helen Frankenthaler e Robert Rauschenberg negli Stati Uniti, per fare solo alcuni nomi; la seconda strada è smettere totalmente di dipingere e iniziare a pensare che l’arte può essere fatta con materiali, forme e gesti che sono gli stessi dell’esistenza quotidiana, nel completo superamento delle distinzioni tra ‘poeta’, ‘pittore’, ‘scultore’, ‘artista’ o ‘danzatore’, e nell’idea che l’opera d’arte deve essere qualcosa che si avvicina il più possibile alla temporalità, fragilità, energia e concretezza della vita umana. Questa è la strada che Allan Kaprow seguirà, avviando dei nuovi lavori artistici che vanno sotto il nome di ‘happening’, destinati a innovare profondamente il significato e la pratica dell’arte tutta, non più solo della pittura.
Il sito thelegacyofallankaprow.org consiste nella parte finale del saggio di Kaprow su Pollock, dal quale sono state estratte più di 50 parole che, come un indice, hanno fatto da stimolo alla riflessione e alla fantasia di decine di collaboratori, non solo artisti, invitati a selezionare, e ad allegare ai singoli vocaboli, i materiali più diversi: foto, video, testi, link, opere che fanno ‘esplodere’ le frasi di Kaprow in diverse direzioni di contenuto, realizzando un ipertesto ancora in via di definizione, e che si scopre cliccando sulle parole selezionate. Si tratta di un sito che propone la stessa idea di google, ma senza offrire la possibilità di una visione contemporanea di più elementi; e inoltre, gli oggetti associati alle parole sono frutto di una scelta o elaborazione da parte di chi realizza il sito. Quindi è come se fosse un google intenzionale e totalmente soggettivo.
Infine, una serie di suoni appositamente composti da Michele Sganga per pianoforte preparato, animano le preposizioni presenti nello scritto di Kaprow, trasformando il testo in un vero e proprio strumento musicale in grado di generare infinite e casuali sequenze di suoni. Il risultato finale vuole essere come l’esplosione della frase per un eccesso di contenuti variabili.
Il progetto, avviato a gennaio 2017, ha visto finora la collaborazione di:
Elisa Allegretti, artisti§innocenti, Luigi Battisti, Valeriana Berchicci, Patrizia Bonanzinga, Silvia Bordini, Diletta Borromeo, Carlo Caloro, Primarosa Cesarini Sforza, Jiaxin Brina Chen, claudioadami, Mila Dau, Daniela De Berardinis, Iginio De Luca, Cuono De Prosperis, Mary Desmond, Asia Dib, Laura Di Manno, Gabriella Fasanino, Giovanna Fiacco, Mauro Folci, Francesca Gallo, Jan Bernard Gijsman, Marinella Grasso, Frank Hornung, Paola Iannarilli, Francesco Impellizzeri, Michele Imperio, Rita Mandolini, Stefan Nestoroski, Paola Passarani, Beatrice Peria, Fabio Pistillo, Pasquale Polidori, Mariagrazia Pontorno, Francesco Proia, Irene Ranzato, Valerio Ricci Montani, Rossella Russo, Marco Santarelli, Federica Santoro, Giuseppe Sarra, Michele Sganga, Naoya Takahara, Annamaria Tanzi, Chiara Trivelli, Alberto Vannetti, Daniele Villa, Giuseppe Vinella, Alberto Zanazzo, Rosaria Zirri. I nomi degli autori dei nuovi contributi di questa nuova fase saranno elencati man mano sul sito di Arshake.
L’adozione del progetto da parte di Arshake rappresenta un’occasione preziosa di arricchimento dell’ipertesto attraverso la collaborazione di altri soggetti che vorranno contribuire con riflessioni e opere scaturite dal confronto con le parole di Kaprow.
Pasquale Polidori