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Home Exhibitions

Timeline Shift al Pastificio Cerere

La mostra, a cura di Daniela Cotimbo, dell'edizione 2025 del Re:humanism Art Prize

Arshake by Arshake
16/06/2025
in Exhibitions, Focus

Timeline Shift è il titolo della mostra collettiva della quarta edizione del Re:humanism Art Prize, premio internazionale di arte contemporanea che, dal 2018, esplora le connessioni tra pratiche artistiche e intelligenza artificiale. 

A cura di Daniela Cotimbo, l’edizione 2025 prenderà forma negli spazi della Fondazione Pastificio Cerere a Roma – luogo simbolico di sperimentazione e ricerca nel panorama artistico contemporaneo – e sarà visitabile dal 19 giugno al 30 luglio 2025.

In mostra, saranno presenti le opere dei dieci finalisti selezionati attraverso l’open call lanciata lo scorso inverno, che hanno affrontato con originalità e spirito critico il tema del tempo, oltre al vincitore del Premio APA, la cui opera sarà visibile anche sugli schermi pubblicitari digitali di APA distribuiti in vari punti della città di Roma, per l’intera durata della mostra. Attraverso una riflessione profonda sull’intelligenza artificiale, i progetti esposti mettono in discussione la visione occidentale del tempo – lineare, progressiva e funzionale alla produttività – per proporne una rilettura plurale, sincronica e rituale.

Timeline Shift – letteralmente “spostamento della sequenza temporale” – intende sfidare le logiche estrattive di dati e risorse che guidano oggi lo sviluppo dell’AI, aprendo la strada a modelli tecnologici più etici, sostenibili e inclusivi. Le opere presentano prospettive speculative, poetiche e politiche, capaci di decostruire i sistemi di valore dominanti e generare nuovi orizzonti di pensiero.

Il Re:humanism Art Prize si conferma così come un laboratorio di ricerca e visione critica, in cui il dialogo tra arte e intelligenza artificiale apre spazi di consapevolezza, trasformazione e immaginazione del futuro. Come dichiara la curatrice Daniela Cotimbo: con oltre cinquecento candidature da tutto il mondo, di cui molte di altissima qualità artistica, ci siamo focalizzati su progetti eterogenei per provenienza, formato e tematiche proposte, ma guidati sempre da un tentativo di offrire una visione alternativa ad un futuro che appare sempre più incerto e segnato da eventi conflittuali. La giuria ha fatto un lavoro incredibile. Attraverso la riscrittura delle narrazioni che hanno finora alimentato la retorica che ruota intorno al progresso tecnologico e recuperando idee di benessere, di ascolto, di cura e partecipazione, gli artisti di questa edizione dimostrano che è ancora possibile andare oltre questa timeline sbagliata.

Il primo premio della categoria MAIN PRIZE di questa edizione è stato assegnato al collettivo Lo-Def Film Factory del duo Francois Knoetze e Amy Louise Wilson, con Concept Drift, un ambiente immersivo e interattivo che intreccia videogioco, archivio visivo e narrazione postcoloniale. Attraverso modelli 3D generati da AI, collage materici, ambienti game-based e materiali d’archivio, il progetto costruisce un contro-archivio della cultura sudafricana, indagando come l’intelligenza artificiale riattivi e riformuli, in chiave tecno-capitalista, logiche storicamente radicate nel colonialismo.

Il secondo premio è andato invece a Isabel Merchante con One Day I Saw the Sunset Ten Thousand Times, una riflessione poetica sulla meccanizzazione della percezione e la riproducibilità digitale del naturale. L’artista riconfigura una macchina algoritmica, originariamente progettata per l’efficienza, in un’entità contemplativa che osserva esclusivamente tramonti. L’opera svela come l’AI generativa operi attraverso logiche di astrazione e standardizzazione, mettendo in crisi coordinate emotive e percettive.

Al terzo posto l’artista Minne Atairu con Da Braidr, una “start-up concettuale” che utilizza l’AI per valorizzare l’economia micro-imprenditoriale della produzione di trecce afro, mentre decostruisce le retoriche promozionali dell’AI all’interno del discorso tecno-capitalista. Attingendo a un’esperienza vissuta, il progetto interroga le possibilità dell’AI generativa nel sostenere l’autonomia economica e culturale delle donne nere, superando gli stereotipi che ancora le vedono relegate a certi canoni estetici.

Tra gli altri sette finalisti troviamo Federica Di Pietrantonio, già finalista nella precedente edizione, con Net Runner 01, un’installazione “indossabile” che sonda le modalità con cui gli ambienti virtuali – in particolare i videogiochi e i forum decentralizzati – plasmano le nostre percezioni in termini di identità, tempo e relazioni. Ispirata da un pioniere della fotografia del movimento come Eadweard Muybridge,  Me vs. You è, invece, un’installazione video multicanale di Adam Cole e Gregor Petrikovič che esplora le sfumature dell’intimità queer in un mondo sempre più mediato dalle tecnologie di intelligenza artificiale: partendo da sequenze di wrestling l’opera sfrutta l’incapacità della visione artificiale di distinguere corpi intrecciati, mettendo in discussione i modelli computazionali di classificazione e controllo; l’intelligenza artificiale diventa così strumento di ambiguità poetica.

Con Ever – che è sia un’installazione che un sito web – Amanda E. Metzger presenta un archivio generativo e decentralizzato di voci di diario create da un’AI addestrata sui suoi scritti personali collezionati tra il 2010 e 2023, proiettando esperienze autentiche del passato in futuri speculativi. I testi prodotti vengono trasformati in NFT e conservati su blockchain, dando forma a una memoria intima condivisibile e potenzialmente eterna. In mostra, l’archivio viene restituito sotto forma di un tappeto bianco con cuscini su cui i visitatori possono sdraiarsi per leggere le voci di diario, sia reali che generate dall’AI, proiettate sul soffitto, facendo esperienza dell’equilibrio tra segreto e pubblico, memoria e previsione; e della tensione tra l’essere autori della propria storia e il perderne il controllo.

Screen Tests di Esther Hunziker consiste in una serie di ritratti video AI generated (che richiamano sia la fotografia di casting cinematografico che gli omonimi screen tests di Andy Warhol), in cui figure umane si fondono con entità pelose. Glitch e deformazioni alterano la verosimiglianza, evocando identità ibride e instabili; mentre The Pits di Daniel Shanken è un’installazione immersiva che evoca l’erosione naturale e i paesaggi industriali dell’estrazione delle terre rare, alla base delle infrastrutture dell’intelligenza artificiale, per trascinare lo spettatore nella soglia instabile tra incanto tecnologico e fallimento sistemico. AI-Ludd è invece una video installazione del collettivo IOCOSE che mette in scena un’AI fittizia, addestrata a pensare e agire da luddista. Con taglio ironico e paradossale, l’opera sovverte le narrazioni ottimistiche sull’AI come strumento di efficienza, dando voce a un agente algoritmico che invita a sabotare le macchine, abbandonare il lavoro e reclamare il tempo per sé.

Infine, Cloud Scripts di Kian Peng Ong è un’installazione che interpreta i Cloud Seals taoisti come forma asemica di comunicazione con il mondo spirituale. Attraverso un modello di AI addestrato su un corpus di sigilli, l’opera genera talismani privi di significato pittografico specifico ma carichi di intenzione rituale, sottraendo la macchina dall’orizzonte produttivistico per proiettarla nella dimensione di connessione trascendentale.

Il Premio APA è stato invece assegnato a Franz Rosati per il suo progetto DATALAKE:CONTINGENCY, che presenta scenari generati dall’AI in costante mutamento, evocando il conflitto tra natura e tecnologia e il loro tentativo di coesistenza. Mescolando falsi documentari e notiziari iperrealistici, l’installazione travolge lo spettatore con un flusso di immagini segnato da linee temporali instabili, apertura di soglie e repentini cambi di stato che lo trasportano nel regno dell’incertezza.

In occasione dell’opening ufficiale, saranno presentate anche due installazioni realizzate dagli studenti del biennio di Multimedia Arts & Design di RUFA – Rome University of Fine Arts, ospitate all’interno del RUFA Space, situato accanto agli spazi della Fondazione Pastificio Cerere.

I progetti sono stati sviluppati a partire dalle stesse tematiche proposte dal bando dell’art prize, offrendo una riflessione originale e complementare ai lavori in mostra.

Infine, nella stessa serata è prevista anche una audio-visual performance dell’artista Franz Rosati all’interno del cortile della Fondazione.

Infine, il premio Digitalive di Romaeuropa è andato a Valerie Tameu con il progetto Metabolo II: Orynthia. La performance affronta la relazione tra intelligenza artificiale, ecosistemi naturali e tradizioni culturali attraverso una lente decoloniale e post-antropocentrica, utilizzando l’acqua come simbolo della diaspora africana e delle storie di dislocamento. Mami Wata, la divinità acquatica mutaforma, diventa il fulcro di una visione afrofuturista in cui l’AI e la realtà virtuale sono strumenti di resistenza culturale e creazione di miti. Come nella precedente edizione, una menzione speciale del premio Digitalive di Romaeuropa è stata assegnata anche a Jessica Tucker con il suo progetto Improbable Excess, una performance che include stampe, video e render digitali interattivi di corpi mutanti, rivelando come gli sguardi algoritmici ci inseguono, decodificano, riducono e ricostruiscono, manipolando il nostro desiderio di certezza e controllo. Questi due progetti verranno presentati a settembre al Mattatoio di Roma all’interno della rassegna del noto Festival romano.

La giuria che ha decretato i vincitori di questa quarta edizione del Re:humanism Art Prize era composta da: Alfredo Adamo, CEO di Frontiere; Lorenzo Balbi, direttore del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna; Alice Bucknell, artista, scrittrice ed educatrice; Claudia Cavalieri, direttrice della Fondazione Pastificio Cerere; Daniela Cotimbo, fondatrice e curatrice di Re:humanism; Niccolò Fano, fondatore e direttore di Matèria Gallery; Anika Meier, scrittrice e curatrice; Paolo Paglia, CEO di APA – Agenzia Pubblicità Affissioni; Federica Patti, curatrice a Romaeuropa Festival; Walter Quattrociocchi professore presso l’Università La Sapienza di Roma, a capo del Center of Data Science and Complexity for Society; Diva Tommei, direttrice per l’Italia di EIT Digital; Joanna Zylinska, professoressa al King’s College di Londra.

Timeline Shift, a cura di Daniela Cotimbo, Fondazione Pastificio Cerere, Roma,  19.06 – 30.07.2025

immagini: (cover 1) Adam Cole e Gregor Petrikovič, frame, video, «ME VS YOU», 2025, REHUMANISM 4 (2) Jessica Tucker, «IMPROBABLE EXCESS», 2025, REHUMANISM4 (3) Isabel Merchante, «ONE DAY I SAW THE SUNSET TEN THOUSAND TIMES», 2025, REHUMANISM4  (4) Kian Peng Ong, «CLOUD SCRIPT», 2025, REHUMANISM4  (5) Franz Rosati, «DATALAKE CONTINGENCY», 2025, REHUMANISM4  (6) Valerie Tameu, «ORYNTHIA», 2025, REHUMANISM4

 

 

Tags: arsarshakeartecollettivaintelligenza artificialemostrapratiche artistichepremio internazionalequarta edizioneRe:humanism Art PrizeTimeline Shift
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