Menti Parallele, libro della giovane neuro-scienziata Laura Tripaldi è un viaggio nell’intelligenza dei materiali. Un libro così specifico eppure così trasversale in grado di appassionare anche chi non è del settore, soprattutto di cambiare prospettiva. E da quel cambio di prospettiva possono cambiare a ruota molte altre cose. La scienza dei materiali, quanto di più concreto si possa immaginare, attraversa il mondo in tutte le sue scale, traccia l’ecosistema e il configurarsi nelle sue dinamiche dei sistemi complessi. Materiali, uomini e altre specie convivono, si contaminano, si compenetrano inarrestabilmente gli uni con gli altri.
Interfaccia è una parola sempre più in voga negli ultimi tempi. Il desktop, la visualizzazione dei dati sono solo alcune delle interfacce intese come porte che ci mettono in collegamento con un mondo ‘altro’. Abbiamo sempre interpretato l’interfaccia con un territorio di confine che divide spazi e dimensioni. In realtà è anche un luogo di scambio. Ed è proprio questo il luogo da dove si apre la visione di Laura Tripaldi che ci spiega la natura di questa zona partendo dalla chimica che la definisce una regione dove due sostanze dotate di proprietà diverse si incontrano: “L’interfaccia non è una linea immaginaria che divide i corpi gli uni dagli altri, ma è piuttosto una regione materiale, una zona di confine dotata di massa e spessore, caratterizzata da proprietà che la rendono radicalmente diversa dai corpi che l’hanno prodotta” (p.18).
E’ da questa regione e partendo dal mito, in primis quello di Aracne che tesse la tela che apre e chiude il libro, che Laura ci addentra nel mondo delle intelligenze orizzontali, quelle dei materiali così come quelle delle piante e dei funghi.
Il mito di Aracne esplicita una verità ‘implicita’ come fa notare l’autrice stessa, ovvero quella che la tela è inseparabile dalla sua tessitrice così come la tecnologia lo è per l’uomo. Ed è la struttura della tela così come la tecnologia dell’uomo dove parte dell’intelligenza si è decentralizzata, proprio come decentralizzata è l’intelligenza del ragno e di tante altre specie, come i polpi o le muffe mucillaginose che ragionano con la forma modificando il proprio corpo per costruire reti complesse.
E mentre immaginiamo questi studi così affascianti e lontani da noi, Laura Tripaldi ci spiega che su queste intelligenze si basano molti studi che si relazionano con la società, come per esempio il calcolo dei percorsi rispetto ai flussi di traffico nei centri urbani così come in altri ambiti che regolano le nostre vite. Anche alcuni materiali artificiali ragionano con la forma, i cosiddetti smart materials.
Ma l’organizzazione della materia è anche una questione di dinamica, di energia, e di un delicato gioco di equilibri e (s)quilibri tra interno ed esterno, tra organismi e ambiente. Questo ecosistema esteso comprende anche le tecnologie che abbiamo prodotto, le tele che abbiamo tessuto. Questo lo chiariva anche Paola Antonelli in una mostra al Moma nel 2008 che nel lavoro del designer includeva la responsabilità per ciò che veniva prodotto e che proiettava lo studio delle forme organiche nella nuova ecologia del futuro.
Alcune dinamiche applicate alla nano-scienza sembrano suggerire azioni in macro-scala, come la possibilità di facilitare dei processi in una direzione dal basso verso l’alto e non viceversa come potremmo intendere l’intenzione e l’applicazione della tecnologia da parte dell’uomo.
“Il modo migliore per sfruttare la capacità di auto-organizzazione di un sistema materiale è rinunciare al controllo diretto dell’altro, permettendo alla sua struttura relazionale di emergere in tutta la sua complessità” (p.119).
Il libro è un vero e proprio viaggio che entra ed esce dal mito per ritrovare la sua origine nella realtà, quella ridotta nella scala nanometrica, quella che salendo di misura arriva a dimensione d’uomo e del sistema che abita. L’uomo antropocentrico ha perso il suo centro. In realtà, è possibile che un centro non lo abbia mai occupato se non nella propria immaginazione. Ora deve prenderne atto e cambiare prospettiva.
Tutto questo emerge dallo stato di aggregazione più elementare della materia. Poi, si tratta solo di un gioco di scala. Ma la visione di questa giovane scienziata è tutt’altro che apocalittica.
“Ci risvegliamo dal sogno millenario del dominio umano sulla natura per immergerci in nuovi sogni in cui, lungi dall’essere soli, ci ritroviamo affiancati da una molteplicità di forme di vita inaspettate e amiche” (p. 184). Se anche la nostra mente, come quella del ragno, è intrecciata in modo inestricabile con le nostre tecnologie, costruire nuovi materiali significa soprattutto inventare nuovi modi di entrare in relazione con il mondo, nuovi modi di vedere e di sentire la materia che ci circonda, che si producono nell’incontro della nostra intelligenza con altre menti (p.202).
Laura Tripaldi, Menti Parallele. Scoprire l’intelligenza dei materiali, effequ, Firenze 2020