Un museo che appartiene a tutti, sempre accessibile, un luogo di condivisione. Per un cambio di prospettiva. Questo è «No Man’s Land», museo a cielo aperto in contrada Rotacesta a Loreto Aprutino (PE).
Nato nel 2016 dall’idea dell’architetto ungherese Yona Friedman- teorico dell’Architettura mobile e ideatore della Ville Spatiale negli anni ’50- e dall’energia di Mario Pieroni e Dora Stiefelmeier, «No Man’s Land» si è appena arricchito di due nuove installazioni: My Private Moon di Leonid Tishkov e La Cité des Réfugiés di Yona Friedmann e Jean-Baptiste Decavèle.
Entrambe installate in occasione di quello che sarebbe stato il novantanovesimo compleanno dell’utopico architetto ungherese, entrambe pensate e realizzate secondo idee e principi di condivisione e partecipazione.
My Private Moon, adagiata tra gli alberi del bosco di noci, rischiara il cammino a quanti vogliano esperire «No Man’s Land» di sera. Installazione luminosa itinerante, una luna che, come quella reale, acquista valore nell’osservazione condivisa.
La Cité des Réfugiés, invece, segue i principi dell’architettura mobile di Yona Friedman, secondo il quale chiunque può costruirsi il suo riparo, fatto di materiali poco costosi. Moduli cubici realizzati con cerchi metallici: un’architettura esile, fatta di quasi nulla, che vuole rispondere alle necessità di flessibilità di chi l’abiterà e realizzata seguendo un processo di costruzione partecipata.
Un processo costruttivo che ha attirato a «No Man’s Land», tra il 23 maggio e il 5 giugno, energie e idee di tanti. Un processo di costruzione partecipata seguito dall’artista Jean-Baptiste Decavèle e portato avanti dagli studenti del Dipartimento di Architettura dell’Università di Chieti-Pescara, con le studentesse di Terapeutica Artistica dell’Accademia di Brera che hanno guidato le mani laboriose degli studenti delle scuole di Loreto Aprutino.
Un processo descrivibile bene con alcuni numeri: 6 giorni di lavoro; una superficie di 2 ettari da condividere e abitare; 250 cerchi metallici da montare in 39 unità cuboidali; 10 tra artisti, curatori, architetti fotografi e collaboratori; 13 studenti del Dipartimento di Architettura di Pescara, 4 studentesse dell’Accademia di Belle Arti di Brera; 237 ragazzi dalle scuole di Loreto Aprutino, bimbi dai 4 ai 12 anni con i loro docenti.
Occhi curiosi, orecchie attente, braccia operose. Un’energia vitale che il pensiero visionario di Yona Friedman è stata in grado di mettere in azione. Un’energia di tanti e appartenenti a campi diversi del sapere: dall’arte, all’architettura, alla didattica.
Un’energia data dal lavoro di gruppo che ha trasformato «No Man’s Land» in un luogo in cui educare alla bellezza, nel senso latino del termine: accompagnare bimbi, ragazzi e studenti universitari in un percorso di consapevolezza all’arte, in un percorso di educazione al bello.
Allora è la processualità a conferire a tale lavoro un valore aggiunto. La processualità della costruzione, prima, dell’abitazione poi: per fare della città dei rifugiati un luogo da vivere, un riparo comune, un laboratorio di idee, per una visione più democratica del mondo.
No Man’s Land Foundation, Loreto Aprutino (Pescara)
immagini: (cover 1-3-4)Momenti del workshop «Architettura mobile» con i docenti e gli studenti del Dipartimento di Architettura dell’Università degli studi «G. d’Annunzio» di Chieti-Pescara, 23-26 maggio 2022, presso No Man’s Land Foundation, per la realizzazione dell’installazione «La Cité des Réfugiés di Yona Friedmann», Foto Gino Di Paolo, maggio 2022 (2) Leonid Tishkov, «My Private Moon», Gardening with John 1.1 di Alvin Curran, No Man’s Land Foundation