“Le persone sono schiave dell’ambiente in cui vivono? O possono dirsi libere?” Questo chiede Sasha Waltz con il suo spettacolo presentato al Teatro Argentina il 13 e 14 settembre nell’ambito del Romaeuropa Festival riportando in vita la domanda che Beethoven poneva nel 1812 con la sua Sinfonia n. 7. Lo spettacolo si ispira proprio a questa sinfonia, così come l’interpretazione del compositore contemporaneo Diego Noguera che scandisce la prima parte dello spettacolo e della coreografia, per lasciare poi il posto nella seconda parte all’originale di Beethoven.
In entrambe le parti che componevano lo spettacolo questa domanda ha continuato a manifestarsi nella mia testa. Sia quando il palco era popolato dalle creature aliene della prima parte che dai ballerini nella seconda, sia quando la musica era una composizione elettronica o le più tradizionali e conosciute sonorità di Beethoven. La sovrapposizione di diversi livelli relazionali modellano la percezione della scena.
Abbiamo la relazione del corpo con il palcoscenico, l’area neutra ma imprescindibile nella quale prendono posto i ballerini. All’interno di questo sono proprio i performer a costruire il secondo livello: è quello delle relazioni tra i corpi, che si stimolano l’un l’altro in forma di co-dipendenza. Attraendosi e respingendosi, unendosi in un’unica coreografia o dividendosi in piccoli gruppi autonomi; i corpi modellano l’identità dello spazio scenico tramite le relazioni che formano al suo interno. La foschia, che nella prima parte dello spettacolo cancella i riferimenti spaziali del palco, rafforza questo aspetto.
L’ultimo, il più ampio e importante, è costituito dalla musica, l’elemento che regola l’istanza dello spettacolo e che dà vita alle relazioni che lo costituiscono. Partendo da essa, tutto si organizza, si modella e si coordina. I corpi, sottomessi a questa legge, prendono il loro posto nel disegno dello spettacolo e si adeguano al loro ruolo. Chi non riesce a farne parte, come l’alieno nella fine della prima parte, è destinato a soccombere.
Ogni elemento dello spettacolo risuonava della domanda posta dalla Waltz e dalla composizione di Beethoven, che prendeva un tono sempre più cupo, facendo pensare che fosse inevitabile per i ballerini sottostare alle regole poste dagli elementi della rappresentazione.
Tuttavia, con mio stupore, alcuni di loro sono riusciti a fuggire per alcuni istanti da questo sistema. In alcuni brevi intermezzi, dominati dal silenzio, in un’atmosfera di intimità, due performer escono e danzano insieme. Si sente il fruscio dei piedi che scivolano sulle assi del palcoscenico che scricchiolano, i respiri affannati. Piccoli istanti di tregua dalla grande coreografia. Solo movimenti, solo corpi. Un breve sospiro prima di rientrare nel grande disegno della coreografia studiata su Beethoven.
Giovanni Bernocco, 13 settembre 2024
immagini (tutte): Sasha Waltz & Guests, Beethoven 7, Edivaldo Ernesto, Clementine Deluy, Sebastian Bolesch
Sasha Waltz & Guests, Beethoven 7, Romaeuropa Festival 2024, 13 – 14.09.2024
L’articolo di Giovanni Bernocco è parte del progetto editoriale Intraspaces, sesta edizione di Backstage /Onstage, nato da una partnership tra Accademia di Belle Arti di Roma, Romaeuropa Festival, e Arshake per portare, dal 2018, un gruppo di studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma dietro le quinte del Romaeuropa Festival. Ogni anno ne è nato un progetto editoriale diverso per confluire nella pagina dedicata che cresce come unico grande archivio. L’edizione 2024, Intraspaces, si avventura negli spazi intrastiziali, ovvero tutti quei luoghi di connessione che mettono in relazione tecnologie, artisti, spazio, spettatori, a volte estendendosi anche al territorio, dove le diverse istituzioni che questo evento riesce a coinvolgere sono collocate. All’edizione 2024, hanno partecipato Giovanni Bernocco, Daniele Bucceri, Stella Landi, Lidia De Nuzzo, Francesca Pascarelli, Anton Tkalenko. Visita qui la homepage del progetto e l’archivio delle edizioni passate.