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Alberto Garutti, Temporali, computer generated graphic, stampa digitale, 243 x 189, Premio Terna 02 (Categoria Terawatt)
Alberto Garutti nasce a Galbiate (LC) nel 1948. Vive e lavora a Milano. Si laurea in Architettura al Politecnico di Milano e presto diventa prima titolare della cattedra di pittura all’Accademia di Brera e, in seguito, docente presso la Facoltà di Architettura di Venezia (IUAV). La sua ricerca punta ad aprire un dialogo tra l’opera, lo spazio e il pubblico, un’arte dell’incontro dove convogliano si intrecciano riflessioni sulla pratica artistica, sul ruolo dell’artista e su quello dello visitatore spettatore inteso come elemento indispensabile per la produzione di senso. I suoi lavori sono sistemi complessi, che indagano il rapporto tra naturale e artificiale, tra arte e natura, che, a suo parere, rappresentano un binomio inscindibile, poiché «l’arte contiene il senso mistico della natura».
Ha realizzato opere lavori per musei e città in di tutto il mondo: a Bergamo, a Bolzano, a Ghent in Belgio per il Museo S.M.A.K., a Istanbul sul ponte del Bosforo in occasione della Biennale, nel 2002 a Kanazawa, in Giappone, in collaborazione con il 21st Century Museum of Contemporary Art. Numerose le mostre personali e collettive di cui è stato protagonista, tra cui quelle presso la Galleria Paul Maenz a Colonia, la Galleria Locus Solus a Genova, la Galleria Ugo Ferranti a Roma, la Galleria Minini a Brescia, lo Studio Guenzani e la Galleria Marconi a Milano, il Magazzino d’Arte Moderna a Roma, Arte all’Arte 2000 e 2005, l’Associazione culturale Zerynthia, Certosa di Padula, Villa Manin a Codroipo. E’ stato invitato a grandi manifestazioni internazionali, come la Biennale di Venezia o il M.A.R.T.A, Museum di Herford e il suo lavoro è presente in spazi di rilievo nazionale ed internazionale, a Palazzo Grassi a Venezia, a Chicago, al Museum of Contemporary Art; al MAXXI -Museo nazionale delle arti del XXI secolo e alla Fondazione Zegna ed è vincitore del Premio Cultura della città di Ghent. Nel 2012 in occasione della mostra personale al PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano curata da Paola Nicolin e Hans Ulrich Obrist è stato pubblicato il libro «Alberto Garutti didascalia/caption» edito da Walther König e Mousse Publishing.
Temporali, opera vincitrice del Premio Terna 02 per la Categoria Terawatt, consiste in una stampa digitale del progetto per l’istallazione Temporali: un grande oggetto luminoso costituito da 900 lampade che si illuminano simultaneamente ogniqualvolta un fulmine cade sul territorio italiano Il lavoro è il dispositivo attraverso cui entrano in relazione la realtà contingente, il pubblico e l’ambiente, «uno strumento ‘sensibile’ ai mutamenti esterni, testimone del mutuo rapporto tra arte e natura». Inizialmente presentata presso la Fondazione Remotti di Camogli, l’opera Temporali è stata successivamente esposta al Museo Maxxi di Roma, alla Fondazione Sandretto Re-Rebaudengo a Torino, al Pac di Milano e al Vitra Design Museum a Weil am Rhein (Germania).
Quale è lo stato dell’arte oggi in Italia? Quale è il ruolo dell’artista nel sistema attuale dell’arte e della società?
Parliamo innanzitutto dell’arte: ha sempre un ruolo positivo, è sempre un grande e straordinario progetto… è ovvio ricordarcelo… Piuttosto è il sistema dell’arte ad essere diventato infinitamente complicato, condizionato com’è da meccanismi arrugginiti e logiche ormai obsolete, mi riferisco ovviamente soprattutto all’Italia. Gli artisti hanno il compito di confrontarsi con l’attualità e questo li costringe a dimostrare un’attitudine propositiva rispetto al lavoro. La nostra epoca è caratterizzata dall’idea di rete… Questa è stata una rivoluzione epocale, antropologica che mi portò a guardare la vita, l’arte e i suoi meccanismi e naturalmente alle mie opere in maniera diversa.
Eravamo nel 1994 quando la curatrice Antonella Soldaini mi chiamò a Peccioli, un piccolo paese vicino a Pisa, più precisamente in una frazione che si chiamava Fabbrica per realizzare un’opera pubblica. In quella specifica occasione stavo riflettendo sulla dimensione etica del ruolo dell’artista: mi ricordo di aver intrapreso un percorso laterale rispetto alla centralità del sistema dell’arte, anche solo per il fatto stesso di realizzare un’opera in un piccolo paese. Perciò ho voluto incontrare i cittadini nei luoghi di ritrovo, nei bar. Mi interessava conoscere il territorio, le sue storie, le sue narrazioni. Decisi di mettere a disposizione tutto il budget, la mia professionalità, il mio impegno, il mio ruolo di artista per ristrutturare un edificio fatiscente che in passato aveva avuto un ruolo cruciale per la ristretta società di quella frazione. Ho voluto restituire alla cittadina un luogo che era stato molto caro ai suoi abitanti. Volevo affermare l’idea che l’artista deve essere capace di scendere dal piedistallo sul quale viene messo dal sistema dell’arte e operare al servizio della città, badando bene, attraverso un linguaggio artistico contemporaneo molto sofisticato, senza scivolare in una forma di populismo, di demagogia. Quest’opera, fondata sulla responsabilità del ruolo dell’artista, ha costituito per me la spina dorsale di quelle che sarebbero state poi le mie opere successive. E’ una specie di «opera manifesto». Di lì in poi decisi di lavorare in maniera più molto autonoma, come penso si debba fare oggi in tutti gli ambiti…Mi sembra che l’autogestione sia la prerogativa del mondo contemporaneo. Le nuove generazioni, ma non solo loro, sono legate più di ogni altra cosa a queste dinamiche.
Premio Terna pubblicò, in una delle sue prime edizioni, una ricerca previsionale dello stato dell’arte dal 2010 al 2015. I risultati hanno aperto una finestra su quello che è agli effetti il panorama attuale. Tra questi, anche il fatto che la crisi avrebbe portato ad un superamento dell’assuefazione rispetto alle regole dominanti, oltre ad un maggiore impegno sociale dell’arte. E’ quello che sta accadendo davvero?
Non saprei rispondere a questa domanda. Quello che so per certo è che l’arte ha bisogno di difficoltà, si nutre di difficoltà. Si confronta con la realtà che ci circonda, che ha dei limiti. Vive della continua impellenza di superare una soglia.
In Italia per secoli abbiamo avuto un’arte di altissima qualità. Questo è stato possibile proprio grazie alle limitazioni che ci sono state: prìncipi, signori, papi, la Chiesa in particolare hanno condizionato l’arte attraverso delle regole, e gli artisti sono stati costretti ad escogitare soluzioni. D’altra parte, in pittura la prospettiva nasce dove ci sono muri, e nasce in Italia proprio perché le città si svilupparono in una concezione urbanistica difensiva. Il superamento di queste difficoltà ha generato uno splendido matrimonio tra pittura e architettura, al punto tale che credo l’architettura sia la grande madre delle arti visive. Anche gli uomini primitivi potevano raccontare e disegnare le loro storie grazie ai limiti di un’architettura primordiale che era la caverna.
Ricorda la Sua partecipazione al Premio Terna?
Si certo. Stavo lavorando a Temporali, il progetto poi premiato da Terna. Quest’opera consiste in un grande lampadario le cui luci sono collegate a un sistema che, attraverso dei sensori, rileva la caduta di fulmini nel territorio italiano, ed è gestito dal CESI (Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano) di Milano. Ogni volta che cade un fulmine in Italia, un segnale trasmesso via internet dal CESI fa vibrare le luci dell’opera, che all’epoca era installata al Museo MAXXI a Roma. L’opera ruota attorno a questo strano enigma, che ha a che fare con l’universo, un po’ come l’arte. Ricordo che mi piaceva molto pensare di poter portare, attraverso il fulmine, questa idea di universo, l’idea del mito greco, di Zeus, di Dio per i credenti. A me piace molto dire che «l’arte contiene il senso mistico della natura»; la natura nella storia dell’uomo è stata sempre una straordinaria occasione ispirata di confronto nella storia dell’uomo! E poi in quest’opera, i Temporali, è contenuto il concetto di «sublime», l’idea di una natura bellissima ma al tempo stesso temibile…
In quale direzione si è evoluta la Sua ricerca più recente?
Il mio lavoro è sempre guidato dal mio rapporto con la realtà perché mi obbliga a relazionarmi con il «presente». Le opere così nascono di volta in volta su queste logiche che cercano di contenere il mondo che esperisco e guardo, a cui voglio aderire. E’ quindi sempre diversa.
Cosa significa «arte pubblica» oggi?
Come sappiamo, un’opera d’arte per essere tale, deve essere resa pubblica, ma l’«arte pubblica» è un’altra storia. Questa denominazione, per come la si intende oggi, è stata deformata da una serie di modi e interventi che non m’interessano, un po’ troppo facile, un po’ troppo di relazione… i problemi sono molto più complessi. L’artista che affronta il tema dello spazio pubblico deve essere capace di mettersi a servizio delle persone, per realizzare un’opera che ricada nella realtà nella vita della città.
L’opera deve essere per la gente, per gli altri. Ma sappiamo che la gente siamo noi, gli altri siamo noi, siamo allo stesso tempo i destinatari e, inconsapevolmente, anche i committenti dell’opera. Quando lavoro ad un nuovo progetto la relazione coi cittadini ha un ruolo cruciale, perché questo incontro, che io definisco «machiavellico», da una parte mi permette di conoscere il territorio, le sue storie e toccare la sensibilità delle persone e al tempo stesso fa sì che l’opera si radichi nella città e venga riconosciuta ed accettata.
In un’intervista con Hans-Ulrich Obrist (2012) lei poneva l’attenzione sull’importanza di «ascoltare il mondo» prima di produrre un’opera. Quali sono i suoi «canali» di ascolto?
Mi rapporto molto con la gente e naturalmente con i sistemi d’informazione mediatica. Il «canale» a cui presto maggior attenzione sono i giovani e le loro culture. C’è poi una dimensione enigmatica, che è quella del mondo poetico, delle belle opere d’arte, della grande letteratura, del cinema… è un «canale» d’ascolto molto privilegiato, molto privato, tarato sull’emotività.
Cosa dovrebbe avere (che ancora non ha) l’Italia a sostegno della creatività per rendere il nostro paese sempre più competitivo a livello internazionale? E quale paese, su scala globale, ritiene sia il migliore da questo punto di vista?
Sappiamo che gli stati vengono valutati in termini di ricchezza prodotta. Se noi vogliamo essere un paese economicamente competitivo e industrialmente evoluto, dobbiamo investire sulle intelligenze, sulla formazione dei giovani e sulla loro sensibilità. Dato che l’intelligenza si sviluppa al meglio in un ambiente ricco di stimoli, l’investimento sulla cultura in generale e in particolare sull’arte, consente nel tempo di mettere i giovani nelle migliori condizioni per poter produrre idee, immaginari, esperienze, emozioni e naturalmente quindi anche economia.
Cosa ha rappresentato, e cosa rappresenta oggi, per un artista il Premio Terna nel panorama Italiano e in quello internazionale?
L’esperienza di Terna per me è stata occasione di dialogo con un contesto che non conoscevo. Mi fa sempre piacere conoscere aziende che hanno attenzione verso la cultura in generale e che, come in questo caso, attivano delle strategie culturali, che si pongono in maniera dialettica rispetto alla realtà imprenditoriale e di produzione industriale. In buona sostanza il problema è quello della grande responsabilità sulla evoluzione del mondo.
Terna è un’azienda che si occupa di trasmettere energia al Paese. Il suo impegno con Premio Terna si focalizza sulla trasmissione di energia all’arte e alla cultura e nella creazione di una rete di sostegno e sviluppo del talento. Ritieni la formula del Premio Terna ancora attuale per la promozione dell’arte? Hai qualche suggerimento da dare per la prossima edizione?
Non ho consigli particolari da dare.
immagini (1 cover – 2) (3) Quest’opera è dedicata alle ragazze e ai ragazzi che in questo piccolo teatro si innamorarono. Teatro di Fabbrica, Peccioli (PI) 1994-1997 © Archivio studio Alberto Garutti (5) Temporali – mostra itinerante Lightopia, Design Museum, Gent, Belgio, 2014-2015 © Phile Deprez (6) Piccolo Museion – quartiere Don Bosco, Bolzano, 2001 – internet, sito del Museion (7) Didascalia/Caption – PAC, Milano, 2012 © Delfino Sisto Legnani (8) Tutti i passi che ho fatto nella mia vita mi hanno portato qui, ora – Stazione di Cadorna, Milano, 2011 © Archivio studio Alberto Garutti.