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Anna Franceschini, You must believe it to see it (Le Tempestaire), 16mm film, color, mute, still from video, 2012. Premio Terna 04 (categoria Gigawatt)
Anna Franceschini nasce a Pavia nel 1979. Attualmente vive e lavora tra Roma, Bruxelles e Milano, città dove si è formata conseguendo un Master in Televisione, Cinema e Produzione Multimediale (Università IULM) e, successivamente, una borsa di ricerca post laurea in Storia e Critica del Cinema Italiano. La produzione artistica di Anna Franceschini si basa sull’esplorazione della realtà, osservata attraverso le relazioni che si instaurano tra le persone, i luoghi, e gli oggetti che li animano. Utilizza una varietà di strumenti con una predilezione per video e film in grado di rendere percepibili i passaggi emozionali e il loro conseguente impatto sulle cose. La figura umana non è quasi mai presente se non attraverso la vita degli oggetti. Dal 2010 lavora prevalentemente in Super8 e 16mm, «Mi piace il rapporto che si ha con la pellicola quando si gira – afferma Franceschini – si crea una tensione, perché ogni spreco (di denaro, di tempo, di occasioni) è fatale, quindi c’è un livello di attenzione più alto. C’è effettivamente una trasformazione chimico-fisica della materia, e questo è interessante».
Numerosi lavori dell’artista sono stati selezionati e premiati in prestigiosi Festival di cinema tra i quali il 60° Locarno Film Festival (CH), il TFF/Torino Film Festival (2008), il MFF/Milano Film Festival (2012) e il Rotterdam Film Festival (2015). Il suo lavoro è stato presentato da numerose gallerie e istituzioni, in Italia e all’estero. Tra queste: MARCO (Vigo, Spagna, 2014); Museo MAXXI (Roma, 2014); MNAC (Lisbona, 2014); MACRO (Roma, 2014); Elisa Platteau Gallery (Bruxelles, 2014); Jeanine Hofland Contemporary Art (Amsterdam, 2013); Istituto Italiano di Cultura (Parigi, 2013); Fondazione Bevilaqua La Masa (Venezia, 2013); Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino, 2013); Museo Villa Croce (Genova, 2012) e Palazzo Reale (Milano, 2011).Nel 2011 ha ottenuto la menzione speciale del premio Ariane de Rothschild (Milano). Oltre che del Premio Terna, nel 2012 è stata vincitrice del Premio Fondazione Casoli (Fabriano), del Premio New York – Ministero degli Affari Esteri (IT) e del MACRO Amici Prize (Roma). Ha ottenuto diverse residenze: Rijksakademie van Beeldende Kunsten (Amsterdam 2009-10); Castello Malaspina / Residence for Visual Artists (Fosdinovo, 2011), Kunsthuis Syb, (Beetsterzwaag, 2011); Via Farini (Milano 2011); ISCP (New York, 2012-2013) e Museo MACRO (Roma, 2014). Le sue produzioni sono state sostenute da diversi riconoscimenti: Nicoletta Fiorucci Art Trust Fellowship – Italy (2011); KPN Fellowship (2010); Associazione GAI/ Ministero per i Beni e le Attività Culturali/ Movin’up (2008).
You must believe it to see it (Le Tempestaire), opera tra le vincitrici del Premio Terna 04 nella categoria Gigawatt, è un film in 16mm montato su un proiettore Eiki. Il film riprende ciò che accade all’interno di una teca dove è stato collocato un carillon sormontato da un automatismo che rappresenta un veliero nel mezzo di una tempesta. «La mia azione – dice l’artista – è stata soltanto quella di creare differenti situazioni climatiche e luministiche all’interno della teca di vetro dove si trova una piccola imbarcazione. A sua volta, la teca è stata collocata nel salone della villa cui originariamente apparteneva. A questo punto mi chiedo: quale è il luogo dove si svolge l’azione filmata? Qual è il territorio di appartenenza dell’opera? La villa? L’alto mare in tempesta? Una teca di vetro? La mia immaginazione?».
Quale è il ruolo dell’artista nel sistema attuale dell’arte e della società?
Siamo in diversi a credere che la funzione sociale dell’artista sia venuta meno. Nel Rinascimento, per esempio, l’artista veniva interpellato come intellettuale rispetto a questioni d’interesse più o meno pubblico: la collocazione di una piazza nel piano urbanistico, la decorazione di un palazzo del governo, eccetera. Ovviamente, il concetto di «pubblico» nel Rinascimento era molto diverso rispetto a quello di oggi. C’è stato un ripiegamento, sicuramente conseguenza del contesto del Novecento e della volontà stessa degli artisti di tirarsi fuori da un ruolo socialmente attivo. Io credo che l’arte politica oggi non abbia un impatto reale. Penso che ormai la «società dello spettacolo», profetizzata da Guy Debord, sia diventata talmente reale e potente da inglobare l’azione sociale e il suo possibile impatto nello stesso momento in cui è prodotta. Come fai a produrre qualcosa che abbia un impatto sociale se lo produci nella cornice istituzionale che vai a criticare, in un gioco intellettuale e ironico di specchiature? Non si tratta di un’intelligenza al servizio del popolo o del piano politico-sociale, ma, piuttosto, al servizio del proprio ego, dell’autocompiacimento, del consenso rispetto alla propria casta. Io non sono un’artista politica, e di questo prendo atto. Posso essere un soggetto politico di un altro tipo. Posso avere la tessera di un partito o essere un attivista, ma non ritengo di doverlo rendere pubblico nell’ambito artistico, almeno non per ora. Secondo me oggi è importante capire se davvero un’arte politica ha un impatto sulla società oppure no. Io credo di no, a meno che la critica politica non arrivi ad un pubblico sufficientemente vasto, e per pubblico intendo il ‘vero’ pubblico, non la ristretta cerchia di addetti ai lavori già a conoscenza del dibattito.
Premio Terna pubblicò, in una delle sue prime edizioni, una ricerca previsionale dello stato dell’arte dal 2010 al 2015. I risultati hanno aperto una finestra su quello che è agli effetti il panorama attuale. Tra questi, anche il fatto che la crisi avrebbe portato ad un superamento dell’assuefazione rispetto alle regole dominanti, oltre ad un maggiore impegno sociale dell’arte. E’ quello che sta accadendo davvero?
Mi sembra che con la crisi il sistema dell’arte si sia chiuso ancora più su se stesso, che sia diventato molto autoreferenziale e che, invece di incentivare la ricerca libera, sia ripiegato su forme standardizzate, di facile consumo e comprensione.
Cosa dovrebbe avere (che ancora non ha) l’Italia a sostegno della creatività per rendere il nostro paese sempre più competitivo a livello internazionale? E quale paese, su scala globale, ritieni sia il migliore da questo punto di vista?
Rispetto allo sforzo che il nostro Paese potrebbe fare per diventare più competitivo credo che il supporto istituzionale sarebbe molto importante. Un paese che non investe nella cultura è un paese che arretra invece di andare avanti. Questo io lo credo onestamente, non penso sia retorica. Credo ci debba essere una ricerca libera, mai applicata. Naturalmente la commissione di un lavoro da parte di un ente pubblico o privato e un’ottima cosa. Ci deve, però, essere un margine di ricerca libera basata su un rapporto di fiducia tra l’artista e l’istituzione.
Non so se esiste un paese che si possa indicare come il migliore. Il concetto di «migliore» è sempre pericoloso, rimanda all’idea astratta di perfezione che trovo controproducente. Ho vissuto in tanti paesi, soprattutto nel Nord Europa. L’Olanda è stata per tanti anni – ora purtroppo non lo è più – un esempio virtuoso di appoggio istituzionale all’artista, come lo è la Scandinavia. Per alcuni questa situazione di agio non genera eccellenza, piuttosto stasi. Personalmente non credo sia salutare crescere come professionista in una sorta di ‘esperimento sociale’ di darwinismo feroce dove la difficoltà crea il migliore: lo trovo veramente disumano. L’essere messi alla prova costantemente tira fuori il migliore e gli altri soccombono: migliore rispetto a cosa? Alla sensibilità artistica? Non mi sembra che la storia sia costellata di questi esempi e non mi sembra sia una spinta progressista.
In quale direzione si è evoluta la tua ricerca più recente? Ci puoi anticipare progetti e prospettive future?
Da qualche anno a questa parte, la mia ricerca si è indirizzata verso la tradizione del cinema sperimentale – che comunque è già una tradizione perché esiste da almeno sessant’anni. La mia è un’indagine sulla realtà che ripone una grande attenzione per l’oggetto, per la ricerca sul rapporto tra realtà e finzione, sulla sospensione dell’incredulità e sul patto di veridizione con lo spettatore. Allo spettatore è richiesto di calarsi in una sorta di gioco, di accettare le regole del gioco cinematografiche per poter godere appieno di questa esperienza. È la soglia che mi interessa di più. Accettare di credere in qualcosa che è palesemente finto per potervisi immergere e trarre dei significati. Quello che mi interessa è questo artificio estremo in cui devi «credere». Se poi si vuole, quella è la chiave per fare discorsi sull’umano o di altro genere. In quanto artista, mi approprio di qualcosa e lo faccio mio, lo imito, lo interpreto, me ne faccio beffe, lo rendo più umoristico, più terrificante, lo utilizzo per fini che non sono propri. Ho abbandonato una struttura di montaggio serrata e classica, ma ho in mente di riprenderla in futuro. Non penso di dedicarmi al cinema di finzione classico, almeno non nel breve termine. Vorrei però riprendere qualche struttura narrativa, se pure sempre basata su elementi oggettuali e non umani.
Nel tuo lavoro prediligi il linguaggio cinematografico e performativo. Come ti poni di fronte al tema della conservazione?
Credo che il problema della conservazione sia molto importante e molto delicato. Intanto, per quanto riguarda il video, c’è un problema di obsolescenza abbastanza evidente. Le tecnologie continuano a mutare, si presuppone per il meglio o per un progresso e non semplicemente per ragioni commerciali, come, invece, spesso accade. Ciò crea problemi nella conservazione di questi media, nella lettura di video di epoche precedenti, nel loro trasferimento. Contrariamente a quanto si pensi, alcuni supporti, come ad esempio il DVD e il CD, sono fragilissimi, si rovinano in pochissimo tempo. Per i file stoccati su memorie esterne forse c’è un po’ più di sicurezza, sempre ammesso che le porte e i driver con cui connettere le memorie esterne al computer rimangano gli stessi e che non ci siano problemi di compatibilità, di mezzi e di formati. Mi pongo in maniera problematica rispetto all’archiviazione e alla conservazione. Penso che una buona cosa sia diversificare la tipologia di supporti e di operare, soprattutto per quello che riguarda film e video, una sorta di backup, anche analogico. Un’opzione è quella di combinare un’archiviazione ‘locale’ con una ‘remota’, attraverso l’acquisto di spazio su memorie esterne condivise cui accedere in ogni momento tramite internet. Per quanto riguarda il mantenimento dei supporti di proiezione, se l’opera in archivio richiede un display particolare, ci si può mettere d’accordo sulla base della descrizione contenuta nella documentazione per arrivare quanto più vicino al display originale.
Per quanto riguarda il film, il discorso è un po’ più complesso, è un formato nato obsoleto, ancora di più la pellicola 16 millimetri. Il supporto su cui dovrebbe essere stampato il film inizia a non essere più prodotto. Si lavora a stock e questi stanno finendo. Alcuni support Super8 non vengono più prodotti e così succederà anche per il 16 mm. Si taglia sempre di meno il 16mm, così come si taglia sempre di meno il 35mm. Ormai si lavora con formati digitali di altissima qualità, i mercati che utilizzano ancora la pellicola sono quello asiatici e Bollywood. Tutta la filiera del cinema mainstream è stata trasferita in digitale. Secondo me il cinema in pellicola rimarrà come curiosità tecnica, almeno spero, in modo che ci siano i proiettori e le pellicole si possano conservare e ristampare, in modo da averle sempre. A livello di tempi è molto più soggetto a obsolescenza il video piuttosto che il film, che è rimasto sempre uguale a se stesso e fondamentalmente è una macchina semplice che garantisce un buon funzionamento.
Ci sono tecniche e tecnologie, ancora da te inesplorate, che attirano la tua attenzione e curiosità creativa?
Vorrei approfondire la ricerca e la conoscenza della tecnica di stampa olografica o lenticolare, che in realtà ho già sperimentato. Ho prodotto in passato un ologramma tratto da alcuni fotogrammi di miei film. La stampa lenticolare essenzialmente si avvale di stampe multiple, sovrapposte, di soggetti molto simili ma con alcune minime variazioni, che si sviluppano nei loro intervalli di movimento. M’interessa poter creare degli oggetti che mantengono in sé le qualità di movimento specifiche del cinema e la stampa lenticolare permette di fare questo. Grazie alla sua progressiva sofisticazione, permetterà di farlo sempre di più. Si possono già ottenere dei lenticolari da stampe multiple di più di 5000 fotogrammi. È come se fossero dei film in un foglio di cartoncino plastificato; questo per me è molto affascinante.
Terna è un’azienda che si occupa di trasmettere energia al Paese. Il suo impegno con Premio Terna si focalizza sulla trasmissione di energia all’arte e alla cultura e nella creazione di una rete di sostegno e sviluppo del talento. Ritieni la formula del «Premio Terna» ancora attuale per la promozione dell’arte? Hai qualche suggerimento da dare per la prossima edizione?
Forse potrebbe diventare un premio produttivo: senza togliere un fee per l’artista, potrebbe diventare un sostegno per una nuova produzione piuttosto che premio per una già realizzata. Questa potrebbe essere una prospettiva interessante di miglioramento.
immagini (cover -1) Anna Franceschini, You must believe it to see it (Le Tempestaire), 2012. Premio Terna 04 (2 – 3) Anna Franceschini, SPLENDID IS THE LIGHT IN THE CITY OF NIGHT, super8 film transferred to digital, color – mute, 4’16”, 2013. Produced with the support of the Italian Institute of Culture, Paris, video still (4) Anna Franceschini, AND NOW YOU PROMISE YOU’LL NEVER SET AGAIN. Super8 film transferred to digital, b&w, mute, loop, 2013, video still (5) Anna Franceschini, Super8 film transferred on dvd, colour, mute, 49”, looped (shot at 18 and 24 FPS), 2010. Produced with the support of the Rijksakademie van Beeldende Kunsten, Amsterdam (NL), video still (6- 7) Anna Franceschini, A SIBERIAN GIRL – 16 mm film, colour – mute, 1’, 2012. Produced with the support of Ex – Elettrofonica, Roma, video still (8) Anna Franceschini, LET’S FUUUUCK! I’LL FUCK ANYTHING THAT MOOOVES! Super8 film transferred to digital, multiple channel video installation, color- sound, 2011 – video still.