Nove giorni prima di morire Immanuel Kant ricevette una visita del suo medico. Benché vecchio, malato e quasi cieco, si levò e se ne stette in piedi, tremante di debolezza, mormorando parole incomprensibili. Alla fine il medico comprese che egli non si sarebbe seduto finché lui stesso non si fosse accomodato, cosa che egli fece mentre Kant osservò: «Il senso dell’umanità non mi è ancora venuto meno».1
Per Kant Humanität significava la consapevolezza di princìpi liberamente accettati e imposti a se stesso. Storicamente, il termine Humanitas aveva una duplice concezione: la prima indicava valore, data dalla relazione tra l’uomo e ciò che è inferiore all’uomo (il barbaro), la seconda il limite, basata sulla relazione tra l’uomo e ciò che è superiore all’uomo (il divino).
Il concetto di umanità come valore distingue l’ «Homo Humanus» (l’uomo umano) dall’uomo barbaro, cui mancano pietas e paideia, ovvero il rispetto per i valori morali e la cultura. Quando durante l’Umanesimo Marsilio Ficino definisce l’uomo come «l’anima razionale che partecipa dell’intelletto divino ma opera in un corpo», afferma che egli è l’unico essere indipendente e completo. E Pico della Mirandola nel suo noto discorso sulla dignità umana afferma che l’uomo è posto al centro dell’universo affinché possa aver coscienza del luogo dove si trova e liberamente decidere dove volgersi. La dignità umana è proporzionale alla sua libertà. Perciò l’Umanesimo più che un movimento culturale fu un atteggiamento di consapevolezza dei valori umani (razionalità, dignità, libertà) e di accettazione dei limiti dell’uomo (fallacia, debolezza e finitezza), da cui conseguono i postulati di responsabilità e tolleranza.
Something Else è l’intenzione di pensare ad un nuovo tipo di Umanesimo, a partire dall’osservazione della reale vita delle città, come in un processo scientifico, e di ipotizzare una «nuova solidarietà».
«Cosa significa Solidarietà? Da cosa è rappresentato lo stare insieme?» Dalla Società.
«Di quale spiritualità questa nostra società ha bisogno?» Dell’umanità.
«E in che modo possiamo ri-pensare l’idea di Società nell’era dei social media dove i concetti di essere soli ed essere insieme sono sovvertiti? E possiamo rendere di nuovo attuale il concetto di umanità in una società incentrata su ciò che le persone rappresentano nel contesto sociale?».
Credo che sia necessario parlare di Societing (< Society+Making), partendo dal Contratto Sociale di Jean Jacques Rousseau (1762) che include la logica della realtà aumentata. Il trattato filosofico di Rousseau delineava l’idea di uno stato democratico che non a caso trenta anni più tardi divenne il manifesto della Rivoluzione Francese. Rousseau resta attuale a causa della sua denuncia delle disuguaglianze tra gli uomini e le difficoltà di diventare uomo. La realtà aumentata si basa sull’idea di espandere la realtà, le prospettive da cui osserviamo il mondo. Possiamo vedere come le piattaforme multimediali ci aiutano a condividere pensieri, informazioni, punti di vista e a sviluppare progetti. In quanto cittadini di questo mondo dobbiamo anche essere cittadini del Web, non solo degli utenti, e quindi conoscere regole e diritti, tempi e spazi. Nell’era dei Social Network, in cui ogni cosa deve essere condivisa e digitalizzata, la sfida è restare umani. La mostra intende riflettere sul paradosso dei nostri tempi, il duplice aspetto del progresso tecnologico: da un lato la facilità di spostamento e lo scambio culturale, dall’altro la paura che blocca e sigilla: un’eterna inesorabile Hiroshima. Mentre Internet fornisce informazioni e offre mezzi di comunicazione, la sorveglianza congela gli utenti: siamo in una vertigine digitale, come in un film horror di Hitchcock, dominati da sorveglianza e voyeurismo. Quale nuove forme di contratto sociale, quale compromesso sociale siamo quindi intenzionati a seguire? In che modo possiamo riuscire a costruire una «volontà generale», in grado di essere espressione di desideri e dei diritti dei cittadini, un patto dei cittadini con se stessi?
Something else potrebbe rappresentare anche l’occasione di riscrivere un Contratto Sociale che si interfacci con questo nuovo contesto 2.0. e con i suoi bisogni, esplorando gli elementi fondamentali su cui si basa la società egiziana: il territorio, la lingua, i rapporti, l’ordine pubblico e la legge, l’identità, l’economia e l’uguaglianza tra i sessi …
Note
1 E.A.C. Wasianski, Immanuel Kant in seinen letzen Lebensjahren, ripubblicato in Immanuel Kant, Sein Leben in Darstellungen von Zeitgenossen, Deutsche Bibliothek, Berlin, 1912, p. 298
A New Social Contract is curated by Elena Giulia Abbiatici in collaboration with SECONDO STILE (un artist run space onceived as a nomadic canvas by Paolo Chiasera in 2013), THE WRONG – New Digital Art Biennale, Pavilion [in]Exactitude in Science, curated by Filippo Lorenzin and Kamilia Kard), and NATION25 (artists’ platform founded by E.G.Abbiatici, Sara Alberani and Caterina Pecchioli). The New Social Contract is an exhibition conceived within the main project «Something Else, Off Biennale Cairo», curated by Simon Njami, Cairo, 28.11 – 30.12.2015
Artisti: Miguel Andrés, Emilie Brout and Maxime Marion, Marco Cadioli, Robert Cahen, Alka Cappellazzo, Michelangelo Consani, Alessandro De Francesco, Ra di Martino, The Emilie La Reine Foundation, Shady Elnoshokaty, Matias Guerra, Khaled Hafez, Amanda Kerdahimatt, Marco Mendeni, Yara Mekawei & Lamis Haggag, Chiara Passa, Jacques Perconte, Mariagrazia Pontorno, Calixto Ramirez Correa, Antoine Schmitt, Guido Segni, Voidcollective, Zimmerfrei, Fabien Zocco.
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