All’interno del vasto universo dell’arte contemporanea esiste un dislivello enorme tra la manifestazione esterna di un’opera d’arte (la forma) e i contenuti informativi e divulgativi che la corredano (l’informazione). Su questo argomento, molto ci chiarisce il del critico Stefano Pirovano, Forma e Informazione. Nuove vie per l’astratto nell’arte del terzo millennio.
L’autore esordisce con l’emblematica asta monografica di Damien Hirst presso Sotheby’s Londra nel 2008. Televisioni, giornali, riviste e web, dedicarono ampio spazio all’opera-operazione dell’artista, il quale, assimilato dal Time ad una rockstar, non aveva avuto bisogno di passare per i mercanti d’arte prima di approdare all’asta. Un processo possibile grazie all’autonomia dell’artista stesso rispetto ai teorici e realizzato per mezzo della grande notorietà acquisita.
Prima ancora che l’opera d’arte sia vagliata dai teorici, quindi, riferisce Pirovano, incaricati da sempre di indicarne la chiave interpretativa, la macchina comunicativa di giornalisti e curatori si mette in moto; viene prodotto un apparato documentario da quel momento indissolubilmente legato all’opera, che rimane spesso poco visibile. L’audience è raggiunto più velocemente dall’informazione, che l’autore assimila ad un software (corredo dell’opera) piuttosto che dall’hardware (la sua parte materiale, sensibile).
La facilità con cui è possibile reperire queste informazioni, condivise attraverso tutti i canali di comunicazione, costituisce un «gradiente non neutro che separa emittente e ricettore» e che filtra quindi il nostro rapporto con l’opera stessa; anzi, è più spesso attraverso questo che la conosciamo. Per spiegare questo meccanismo l’autore ricorre non solo ad interviste ad artisti contemporanei, ma anche al concetto di astrazione, evidenziando come nell’arte all’immediatezza del realismo si sia man mano sovrapposto il contenuto metafisico. Un processo culminato negli anni Sessanta con l’intuizione della Pop Art, nella quale più importante dell’opera in sé divenne il clamore informativo intorno ad essa, il caos mediatico da cui emersero simboli e icone della nuova società di massa.
A questo, bisogna necessariamente aggiungere l’apporto dei nuovi media tecnologici entrati a pieno titolo nell’arte (fotografia, film, stampa etc.), i quali, come afferma Germano Celant, testimoniano bene una diversa comunicazione che «diminuisce l’egemonia e l’importanza dei sensi, ma esalta l’aspetto uniforme e freddo, scientifico e filosofico, del medium psico-fisico o tecnologico usato (Celant, Artmix, 2008)».
In quest’ottica si comprende quindi come l’atavico rapporto tra soggetto e rappresentazione sia stato modificato in funzione di quello che sfrutta l’apparato informativo per mostrare l’opera. Da ciò deriva anche la necessità odierna di conservare, insieme alla materia, la sua rappresentazione e documentazione.
Il grande merito dell’autore è quello di aver messo in luce ciò che oggigiorno può passare inosservato, ovvero il nostro rapporto con la cultura e la cultura artistica, ormai sempre veicolato – è bene ricordarlo – dai mass media. La sopravvivenza di un’opera d’arte nel tempo, però, oggi deve basarsi non solo sulla potenza del riverbero mediatico che la riguarda, ma soprattutto sulla sua autentica conoscenza. Il sapere, dice Pirovano, è «un fertilizzante che a parità di condizioni, è molto più efficace e persistente del denaro.»
Stefano Pirovano, Forma e informazione. Nuove vie per l’astratto nell’arte del terzo millennio, Johan e Levi, Milano 2009
Immagini
(1 cover) Damien Hirst poses beside his work of art ‘The Incredible Journey‘ at Sotheby’s in London on Monday, September 8 via Art Daily (2) Stefano Pirovano, Forma e informazione. Nuove vie per l’astratto nell’arte del terzo millennio (collage of the cover)