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Francesco Arena, Pannello spaccato con testa di Nietzsche, Premio Terna 01
Francesco Arena nasce nel 1978 a Torre Santa Susanna, Brindisi. Ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce ed ora vive e lavora tra Cassano delle Murge (Bari) e New York. La sua ricerca parte dalla storia recente, da vicende politiche e sociali che hanno segnato il presente. Episodi troppe volte nascosti o messi a tacere riacquistano voce attraverso sculture essenziali e allegoriche. «Mi definisco uno scultore perché il mio lavoro ha al centro una forma chiusa, un nocciolo, nel quale ciò che vedo e percepisco precipita collassando con altre fonti e suggestioni». Una forza centripeta quella dei suoi lavori che attrae e coinvolge il pubblico nelle pieghe del tempo, in un’esperienza tangibile e totalizzante. Arena ha presentato i suoi lavori in diversi spazi pubblici e privati tra cui si ricordano: 55 Biennale di Venezia, Art Basel, Monitor 215 Bowery, New York, Monitor Roma, Nogueras Blanchard a Barcelona, alla Columbia University presso The Italian Academy for Advanced Studies di New York, Frac Champagne-Ardenne di Reims, Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo, Fondazione Ermanno Casoli a Fabriano, Museion Project Room di Bolzano, De Vleeshal a Middelburg, Nomas Foundation di Roma, G.A.M. Galleria d’arte Moderna Bologna, Castello di Rivoli di Torino, Fundação Iberê Camargo, Porto Alegre,in Brasile, SongEun Artspace di Seoul in Korea, Galerie Kadel Willborn di Karlsruhe, Teatro Valle Occupato di Roma, Casa Encendida a Madrid e Palazzo Belmonte Riso di Palermo. E’ vincitore del Premio New York dell’ Italian Academy for Advanced Studies della Columbia University e del Premio per l’Arte Contemporanea Ermanno Casoli di Fabriano, è stato selezionato per il Premio LUM , il Premio Internazionale Giovane Scultura della Fondazione Francesco Messina di Casalbeltrame ed il Premio Furla 2011.
Pannello spaccato con testa di Nietzsche è l’opera vincitrice del Premio Terna 01 nella categoria Gigawatt.L’installazione è composta da un pannello di legno industriale multistrato squarciato, all’interno del quale viene custodito il ritratto in creta del filosofo tedesco, quasi un monito ad accogliere e conservare la storia dell’umanità nonostante le distanze culturali e spazio-temporali per cui « il filosofo crea il vuoto e lo occupa e le idee viaggiano sino a luoghi inaccessibili.
Quale è lo stato dell’arte oggi in Italia? Quale è il ruolo dell’artista nel sistema attuale dell’arte e della società?
L’arte contemporanea in Italia è presente grazie a un sistema totalmente privato di gallerie e collezionisti. Per quanto riguarda invece un impegno del settore pubblico, siamo di fronte a un momento di impegno scarsissimo. Basta vedere le situazioni in cui versano i principali musei di arte contemporanea in Italia, spesso senza un direttore e senza fondi per poter lavorare a progetti a lungo termine. Siamo a metà ottobre e non si sa ancora chi sarà il curatore del Padiglione Italiano alla prossima Biennale di Venezia, quando i curatori degli altri paesi vengono decisi con largo anticipo, giustamente, visto l’impegno e il lavoro che il Padiglione richiede. Quello del Padiglione penso sia un esempio rappresentativo dello stato dell’arte oggi in Italia. Non so se il ruolo dell’artista nella società sia cambiato rispetto a prima. Credo che, nonostante le molte difficoltà di tipo istituzionale, oggi sia più facile entrare a contatto con il lavoro degli artisti. Ormai viviamo in un Paese in cui la mobilità è estremamente rapida, dove guardando su internet possiamo vedere il lavoro di tanti artisti. Di conseguenza l’artista è completamente integrato nella società in cui vive. L’opera dell’artista è lo specchio, distorto probabilmente, della società.
Premio Terna pubblicò, in una delle sue prime edizioni, una ricerca previsionale dello stato dell’arte dal 2010 al 2015. I risultati hanno aperto una finestra su quello che è agli effetti il panorama attuale. Tra questi, anche il fatto che la crisi avrebbe portato ad un superamento dell’assuefazione rispetto alle regole dominanti, oltre ad un maggiore impegno sociale dell’arte. È quello che sta accadendo davvero?
L’anno che stiamo vivendo è particolarmente difficoltoso, anche a livello di mercato. Ma parliamo soprattutto della situazione italiana perché, per esempio, negli Stati Uniti il mercato dell’arte è già in ripresa. Non so se la crisi abbia realmente portato a un maggior impegno sociale dell’arte. Sinceramente penso di no. Credo, al contrario, che abbia portato a un ripiegamento, un ritorno all’ordine. Nelle gallerie private vediamo molta più pittura, più opere facilmente commercializzabili. In questo momento credo che le gallerie non possano affrontare produzioni costose di opere difficilmente vendibili. L’impegno sociale onestamente non lo vedo. Non vedo il formarsi di altri canali: un artista ha bisogno di una galleria per poter vendere, sopravvivere e continuare a lavorare.
Ricordi la tua partecipazione al Premio Terna? Stavi lavorando ad un progetto in particolare?
Ho partecipato alla prima edizione del Premio quindi non era ben definita come situazione. In quel periodo stavo lavorando a una serie di opere, tentativi di creazione di spazio in strutture chiuse che spazio non avevano. Il lavoro presentato al Premio Terna era appunto un pannello di legno industriale multistrato che avevo aperto in modo tale da farlo diventare una sorta di nicchia per una testa di Nietzsche in creta. L’idea era quella di prendere qualcosa di già esistente, qualcosa che veniva da una lavorazione industriale, appunto il pannello di multistrato, di lavorarlo, romperlo, in un certo senso violarlo, per creare uno spazio precedentemente inesistente.
In quale direzione si è evoluta la tua ricerca più recente? Ci puoi anticipare progetti e prospettive future?
Penso che con il tempo cambiano i materiali, si decide di sperimentare, ma il lavoro dell’artista resta sempre lo stesso. Da due anni a questa parte sto lavorando di più con un materiale classico, il bronzo. Per me la scelta del materiale è importante. Oltre ad avere sue caratteristiche fisiche definite che si prestano a determinate lavorazioni, la materia ha una sua qualità etica, un suo significato. Il bronzo è il materiale del monumento, della statuaria antica e, di conseguenza, porta con sé i concetti di tempo, di difficoltà, di sforzo, perché comunque è un materiale che richiede diversi tipi e tempi lunghi di lavorazione. Per quanto riguarda invece le tematiche, sto cercando di analizzare quello che mi sta intorno, quello che è accaduto prima di me attraverso il mio sguardo: cerco di riportare quello che vedo e conosco proiettandolo, deformato dalla mia concezione del mondo.
Come è cambiato, a tuo avviso, il significato del termine e la funzione di arte pubblica oggi?
Dal momento che l’arte pubblica deve parlare ad un numero di persone ampio, composto da tante situazioni sociali e livelli culturali, dovrebbe utilizzare un linguaggio semplice. Naturalmente, dal monumento all’arte che noi oggi intendiamo come pubblica, cambia il linguaggio, cambia la forma con cui viene espresso, ma le informazioni sono le medesime. Probabilmente oggi siamo più abituati a percepire come arte pubblica anche un’arte che è anti-monumentale, che non resiste al tempo. Di conseguenza, è più facile dialogare con un pubblico ampio attraverso un’azione, una performance o un evento di una durata limitata. Viviamo in un tempo molto più veloce e con distanze minori. Non ci aspettiamo più di fruire il monumento come era fruito cento anni fa. Oggi esistono anche i temporary store che assolvono a questo tipo di necessità, ovvero offrire un servizio per un tempo circoscritto: tu sai quale è il tempo a disposizione in quella durata cerchi di capire cosa ti può dare quella cosa. L’arte è sempre simile all’epoca in cui viene prodotta.
La tua è un’arte marcatamente politica, o meglio, dove politica e storia vestono un ruolo di primo piano, per essere poi tradotti in forme e formule creative esperienziali. Quali sono i tuoi riferimenti letterari alla base di questa tua ricerca trasversale?
Solitamente vengo a conoscenza di una storia o la conosco da sempre e ad un certo punto decido di approfondirla. Da quell’attimo nasce un momento di studio e di approfondimento attraverso le fonti. Cerco sempre di rendere questa mia fase di studio ben delimitata perché penso che la suggestione che innesca un processo creativo non debba diventare una specie di storiografia e che si debba lasciare spazio all’interpretazione dell’artista. Le fonti sono tante e diverse, film, libri, canzoni a volte semplicemente la vista di un luogo. Sono culturalmente cattolico, legato all’idea del pellegrinaggio, di andare a vedere i luoghi dove sono accaduti gli eventi. Per me è importante fruire con il mio corpo di una determinata situazione o spazio, non per niente, i miei lavori sono la traccia di un confronto del mio corpo con lo spazio e con la traccia lasciata dalla storia.
Cosa dovrebbe avere (che ancora non ha) l’Italia a sostegno della creatività per rendere il nostro paese sempre più competitivo a livello internazionale? E quale paese, su scala globale, ritieni sia il migliore da questo punto di vista?
Credo che le Accademie d’arte, così come sono strutturate, siano ormai obsolete. Alcune continuano ad essere delle scuole importanti grazie alle persone che ci insegnano, degli ottimi storici dell’arte, degli ottimi artisti. Ma essere un buon artista non vuol dire essere automaticamente un buon professore. Penso che il primo problema sia la questione dell’insegnamento. Non abbiamo accademie paragonabili a quelle tedesche o ai college statunitensi. Questo ci rende poco competitivi a livello internazionale. Nessun gallerista straniero verrebbe a vedere le mostre di fine anno delle Accademie italiane come invece si fa in Inghilterra, in Germania o in America. Penso che al lavoro dell’artista le difficoltà facciano bene. Non credo in una forma di assistenzialismo creativo. Credo, piuttosto, che ognuno debba trovare il modo per lavorare e per difendere il proprio lavoro. Certo è che se un museo straniero decide di fare una mostra ad un artista italiano è molto difficile essere sostenuti dagli Istituti Italiani di Cultura all’estero o dalle ambasciate. Se invece un museo italiano, ma anche una galleria, fa una mostra di un artista olandese, quasi sicuramente riesce ad ottenere dei fondi per sopperire ai trasporti e alle assicurazioni. Sono piccole cose che penso facciano la differenza. Io ad esempio, ho realizzato un libro che raccoglie dieci anni di lavoro grazie a due istituzioni straniere, il FRAC Champagne-Ardenne di Reims e il De Vleeshal di Middelburg, in Olanda. Non sono riuscito a trovare un’istituzione italiana che volesse partecipare alla realizzazione.
Cosa ha rappresentato, e cosa rappresenta oggi per un artista il Premio Terna nel panorama Italiano e in quello internazionale?
Il Premio Terna è un’ottima occasione per mostrare il proprio lavoro e vederlo anche riconosciuto. Per un artista questo è molto importante, perché è la cosa che ti spinge a produrre e a far vedere il lavoro agli altri. È giusto creare le varie categorie perché non sarebbe corretto mettere a confronto il lavoro di un artista quarantenne con quello di un artista ventenne. Io ho vinto la sezione giovani confrontandomi con artisti con esperienze lavorative simili. Il Premio deve servire a sostenere il lavoro di un artista. Questo significa creare qualcosa che vada oltre la retribuzione in denaro e l’acquisizione dell’opera. Può essere un’idea, soprattutto per gli artisti molto giovani, dare l’occasione di poter partecipare a qualche residenza all’estero, per permettergli di ampliare i propri orizzonti. Due anni fa ho vinto il Premio New York e sono stato quattro mesi all’ISCP. Era un premio ottimo perché ti permetteva di stare quattro mesi a New York con un buono stipendio. Stare all’ISCP o da un’altra parte è relativo: quando ti trovi in una città calderone con così tante cose da vedere, l’importante è starci. Per un giovane artista, poter stare mesi a New York senza l’assillo di doversi pagare l’affitto è un’ottima occasione.
immagini(1 cover – 2) Francesco Arena, Pannello spaccato con testa di Nietzsche, Premio Terna 01 (3) Francesco Arena, In My Beginning is My End, 2013 (4) Francesco Arena, Piastra 14 metri e 57, 2014 – Bronzo; cm 25x25x1 (5) Francesco Arena, 278 km (as a letter of Nietszche), 2014, performance; dimensioni ambientali (6) Francesco Arena, 92 centimetri su oggetti (la ringhiera di Pinelli), 2009, scopa, porta in legno, pantalone, sedia, armadio; dimensioni ambientali (7) Francesco Arena, Cratere, 2010 – Terra, metallo, legno; 600 x 400 x 600. (8) Francesco Arena, Superficie-con-linea, 2013.