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Giulio Delvè, Brainstorm, fotografia tradizionale, 140 x 108 cm, Premio Terna 02 (Galleristi – Categoria Gigawatt)
Giulio Delvè è nato a Napoli nel 1984, dove si è diplomato all’Accademia delle Belle Arti nel 2009. Negli anni successivi ha completato la sua formazione grazie ad una borsa di studio alla Weißensee Kunsthochschule di Berlino. Oggi vive e lavora tra Napoli e Berlino, due città care all’artista come centro nevralgico di un lavoro che ruota attorno alla rilettura degli oggetti nelle realtà urbane, spesso prelevati e lasciati decantare in studio. «Se dovessi trovare un’espressione che possa spiegare la mia ricerca – afferma Delvè nel corso di un intervista per Inside Art del 2011 – direi ‘pensiero laterale’, perché le mie opere non sono altro se non un raccoglitore di significati apparentemente sconnessi». «La mia – continua Delvé – è una ricerca artistica che rielabora tutto quello che mi è vicino emotivamente e fisicamente. Mi piace lavorare molto sull’archeologia urbana, cioè su quegli elementi che rappresentano e compongono la nostra società, il nostro vivere quotidiano». Con questo in mente attraversa diversi linguaggi creativi, come fotografia, pittura, video e installazione. «Mi accompagna sempre il concetto del ‘fare scultoreo’ – afferma Delvé – cioè, anche quando scatto una foto ricerco sempre le caratteristiche proprie di un’opera a tre dimensioni, come la profondità o la sua collocazione nello spazio, o ancora la plasticità». Odio il manierismo e per questo mi annoio a lavorare sempre con la stessa tecnica». I suoi lavori sono stati esposti in diverse gallerie e istituzioni, tra cui il Museo Madre (Napoli, 2014); MART- Museo d’Arte Moderna e Contemporanea (Rovereto, TN); Reale Istituto Neerlandese (Roma, 2014); Pastificio Cerere (Roma 2013); Museo Apparente (Napoli, 2013), Maison de L’Amerique Latine (Parigi, 2012), Fondazione Bevilacqua La Masa (Venezia, 2012), Supportico Lopez (solo show, Berlino 2012); Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino, 2011); Ambasciata Italiana a Berlino (2011); KW Institute for Contemporary Art and AtelierhauMonbijoupark (Berlino, 2011), Shanghai Urban Planning Exhibition Center (Shanghai, 2010), Fondazione Merz(2009). Dopo il Premio Terna 02 (2009), ha vinto il Talent Prize (Roma, 2011).
Brainstorm, l’opera con cui Delvè ha ricevuto il premio speciale del comitato galleristi nel Premio Terna 02, è una serra artigianale, un’installazione costruita con materiali riciclati: ante di balcone, luci a risparmio energetico, timer e sistema di irrigazione analogico, cartone ed una coperta. Il titolo richiama al concetto di brainstorming una tecnica di creatività di gruppo per far emergere idee volte alla risoluzione di un problema. L’opera è un proseguimento della ricerca di Delvè dove «l’assemblaggio in sé contiene il processo narrativo, il concetto di trasversalità e intersezione, mescolanza di significati causata dalle interazioni di diverse informazioni, di segni che, relazionandosi, danno vita a un terzo significato; riorganizzati e ripresentati a creare nuove associazioni ed ulteriori possibilità».
Quale è il ruolo dell’artista nel sistema attuale dell’arte e della società?
L’arte olia le rotelle del nostro cervello, l’arte scalda i nostri cuori, è al contempo analisi scientifica, precisione matematica, razionale, e un fiume in piena che crea scompiglio, irruenta, di pancia, ci fa riflettere e incazzare, sorridere e sognare, un riso amaro, l’arte ci scuote, la verità te la sbatte nuda e cruda davanti agli occhi, tuttavia sa anche addolcire la pillola, ti fa pensare, dubita di tutto e tutti…e soprattutto di se stessa!…Beh! Questo dovrebbe fare un artista, e soprattutto realizzare delle bellissime opere da piazzare su suntuosi divani. Premio Terna pubblicò, in una delle sue prime edizioni, una ricerca previsionale dello stato dell’arte dal 2010 al 2015. I risultati hanno aperto una finestra su quello che è agli effetti il panorama attuale.
Tra questi, anche il fatto che la crisi avrebbe portato ad un superamento dell’assuefazione rispetto alle regole dominanti, oltre ad un maggiore impegno sociale dell’arte. E’ quello che sta accadendo davvero?
Io parlerei di inevitabilità sociale dell’arte. Il periodo storico in cui viviamo è purtroppo fragile, precario, ma anche intenso ed impegnativo. L’arte, per sua stessa natura, non ha altra scelta se non quella di essere il filtro della società. La pratica artistica è uno strumento utile a comprendere la realtà circostante che diviene oggetto, materia, argomento, indagine oggettiva della pratica sociale. Etimologicamente parlando, l’inflazionatissimo termine «crisi», potrebbe non assumere il senso negativo che siamo soliti attribuirgli. Paradossalmente, nessun periodo è più fertile e più costruttivo di una crisi; in quanto alla fine ne deriva sempre una trasformazione che può nascere dall’opportunità di costruire con le proprie idee con le proprie mani un rinnovato sistema in cui ci ritroveremo a vivere e ad operare.
Sotto il segno della crisi sono nate, ad esempio, una gran quantità di realtà indipendenti, autogestite da collettivi di artisti, che lavorando con budget irrisori, continuano a portare avanti proposte culturali estremamente interessanti. Attraversando tutto lo stivale, eccone un elenco: Anonima Nuotatori, BASE, BOCS, Brown Project Space, C.A.R.S., Codalunga, Carrozzeria Margot, , Cripta747, DNA, Flip Project Space, Fosca, Gasconade, Giuseppe Frau Gallery, GUM Studio, L’a projectspace, Lucie Fontaine, MARS, Motel Lucie, Museo Apparente, Progetto Diogene, Wilson project…Non sono per niente poche direi.
Cosa ha significato per la tua esperienza e per la tua ricerca la partecipazione al «Premio Terna»? Quali opportunità concrete, anche di mercato, ha generato?
Il Premio Terna, in occasione della doppia-personale insieme a Mauro Folci, artista che stimo moltissimo, mi ha concretamente prodotto tre opere molto significative ed identificative del mio percorso artistico: Utopistiche finestre d’ambra, Stadio d’adattamento ad un graduale venir meno dell’adattamento; Hotel Tritone. Quest’ultima, in particolare, è stata successivamente esposta in mostre istituzionali e sedi prestigiose quali il Palazzo Reale di Milano (in occasione del Premio Ariane de Rotchild, curato da Laura Barreca e Marcello Smarrelli); durante Based in Berlin, una delle più complete ricognizioni della giovane ricerca artistica a Berlino negli ultimi tempi; ed è stata infine ospitata dalMART di Trento e Rovereto in occasione della collettiva «Andata e Ricordo. Souvenir de voyage». Ora invece di farla giacere nel mio storage se fossi in Terna la riporterei a «casa»…
Cosa dovrebbe avere (che ancora non ha) l’Italia a sostegno della creatività per rendere il nostro paese sempre più competitivo a livello internazionale? E quale paese, su scala globale, ritieni sia il migliore da questo punto di vista?
In Italia assistiamo ad uno sforzo immane da parte di privati, artisti, curatori, critici, editori, galleristi, collezionisti, fondazioni, associazioni che danno una spinta propulsiva alla nostra cultura; la situazione politica e la contorta macchina burocratica non aiuta; non si riesce a fare rete. Il modello Scandinavo, i governi Francese, Tedesco, Inglese oltre a non essere esterofili come quello Italiano, riescono a proporre in modo significativo i propri artisti e a supportarli sin da giovani seguendoli durante tutto il percorso, attraverso un economia che fornisce loro gli spazi e strumenti necessari; la possibilità di sviluppare progetti, partecipare a programmi di studio internazionali e di ricerca all’estero. Le forme non mancano: partnership, comodati di spazi inutilizzati da destinare ad uso laboratoriale, borse di studio, programmi di mobilità, scambi culturali…Quello che manca è la Coscienza e Responsabilità!
Cosa significa per te «arte pubblica» e come questo concetto è mutato rispetto al suo significato legato alla funzione classica del monumento nelle piazze?
Mi sono formato in una città come Napoli, in cui c’è una specifica percezione della res publica, uno scambio continuo e imprescindibile tra l’esperienza intima, individuale ed il contesto.La nostra identità si forma soprattutto nel confronto con l’esterno, con le cose, le persone. La mia pratica artistica analizza proprio comportamenti, atteggiamenti, riti e rituali, interventi e dinamiche sociali, condivise nell’habitat cittadino e quindi nella sfera pubblica, collettiva.
In un articolo su Flash Art (Giulio Delvè.Cose Mute che parlano, Flash Art 304 –luglio agosto-settembre 2012) Vincenzo Latronico riprende un’affermazione dell’artista Luca Francesconi che accosta la tua pratica artistica all’antropologia malinowskiana. Latronico sostiene solo in parte questa affermazione in quanto il tuo lavoro è rivolto più alla sintesi che non all’analisi, fondamento degli studi antropologici. Quale è la tua posizione a riguardo?
Gran parte dei miei lavori proprio perché formalmente molto essenziali, necessitano di tempi di elaborazione in alcuni casi anche molto lunghi, la sintesi viene solo dopo un periodo di gestazione, di calma apparente, durante la quale effettuo studi e sopralluoghi. All’origine del mio metodo credo ci sia «l’osservazione», un processo che intraprendo per decodificare un linguaggio, un’attesa che serve a masticare, digerire, metabolizzare, elaborare elementi, e diventare successivamente azione.
Passo poi molto tempo in studio insieme agli oggetti prelevati: si instaura una sorta di dialogo muto; come quando conosci persone nuove, non avviene tutto subito -ci vuole del tempo per conoscersi, entrare in confidenza; ci vuole del tempo affinché essi parlino, si raccontino. Non cerco di descrivere storie ma di creare suggestioni che ne trasmettono al fruitore il senso incombente. Si tratta di suggerire e non svelare troppo, fornendo così tanti dati; rischiando in questo modo di incanalare la lettura dell’opera verso una sola direzione, si perderebbe altrimenti tutta la poesia del gesto artistico e si limiterebbero le infinite possibili letture.
In quale direzione si è evoluta la tua ricerca più recente? Ci puoi anticipare progetti e prospettive future?
Alla continua ricerca di forme di condivisione, incontro, intersezione e interazione… Un esempio di questa direzione, è la recente installazione Enigma, progetto site-specific concepito per la «sala della musica» del museo MADRE, indagando le molteplici affinità tra pratica scultorea e musicale.Un’installazione ambientale che è consistita nel ridisegnare l’intero ambiente anche in modo funzionale; una sorta di display, di work in progress in cui lo spazio istituzionale si ridefinisce a favore dello scambio, delle relazioni umane e del conversare.
Terna è un’azienda che si occupa di trasmettere energia al Paese. Il suo impegno con Premio Terna si focalizza sulla trasmissione di energia all’arte e alla cultura e nella creazione di una rete di sostegno e sviluppo del talento. Ritieni la formula del «Premio Terna» ancora attuale per la promozione dell’arte? Hai qualche suggerimento da dare per la prossima edizione?
Lo sforzo di Terna è apprezzatissimo, tra l’altro per un giovane artista un premio in denaro è fondamentale, soprattutto in un pase come il nostro, dove trovare fondi per la cultura, è come dare la caccia all’oro. La formula del premio tuttavia dovrebbe evolversi: un’azienda del calibro di Terna potrebbe sostenere gli artisti già dalla delicatissima fase progettuale, antecedente quella realizzativa e di formalizzazione, in questo modo, sarebbe di grande aiuto a tanti artisti che per mancanza di possibilità economiche sono costretti a rinviare o ad accantonare i propri progetti. Inoltre credo, che per un artista sia fondamentale viaggiare e formarsi. C’è bisogno di mobilità, quindi, rinforzare ed incentivare ciò che già Terna ha fatto in questi anni ad esempio con i programmi di residenze presso l’ISCP di New York.
immagini (1 cover – 2) Giulio Delvè, Brainstorm, fotografia tradizionale, Premio Terna 02 (3) Giulio Delvè, Crown Chakra, 2012, resina e gesso, 24,5 x 19 x 15 cm (4-5) Giulio Delvè, Utopistiche finestre d’ambra, 2010, Ambra, lino, olio di lino, neon, installation view (6) Giulio Delvè, Azione meccanica di una roccia effusiva su un solido amorfo, 2012, sanpietrino, vetro temperato, 14 x 14 x 13 cm (6) Giulio Delvè, Enigma, 2014, installation view presso MADRE museum, Photo © Amedeo Benestante, special thanks to Untitled Association.