Abbiamo intervistato l’artista Matteo Cremonesi ( parte del collectivo italiano IOCOSE), qui nella veste di curatore e direttore del Linkcabinet, progetto del Link Art Center for the Arts. Link Cabinet è una pagina bianca concepita come interfaccia da trasformare con i lavori pensati come site-specific. Il Link Center for the Arts of the Information Age (Link Art Center) è un’organizzazione non – profit per la ricerca artistica con l’impiego di nuove tecnologie e la riflessione critica sull’era dell’informazione, attraverso conferenze, workshops, mostre, pubblicazioni e quant’altro.
Ci puoi raccontare come e quando è nata l’idea di estendere il Link Art Center allo spazio progettuale del Link Cabinet?
L’idea di aprire uno spazio espositivo online nasce circa tre anni fa, mentre la mostra inaugurale è stata nella primavera del 2014 con una personale di Jonas Lund. Personalmente ritengo che Link Cabinet sia una delle estensioni naturali di Link Art Center, una delle varie manifestazioni concrete e visibili all’esterno dei vari progetti sui quali lavoriamo. Link Cabinet nasce anche per rispondere ad una doppia esigenza: una strettamente pratica che riguarda il fatto che Link non abbia una propria sede espositiva fissa, scelta che ci permette e impone di essere molto più dinamici e flessibili ma che rischiava di toglierci il piacere della collaborazione regolare con gli artisti, della scadenza bimestrale tipica della programmazione di uno spazio espositivo. La seconda esigenza è quella di creare un luogo che possa ospitare al meglio quelle opere nate e pensate per essere fruite online. La problematica della presentazione delle opere web-based negli spazi espositivi di una galleria o di un museo ha da sempre generato un dibattito forse ancora irrisolto, la nostra proposta e risposta è estremamente semplice: il luogo migliore in cui vedere queste opere è nel loro contesto naturale, ovvero online. Il che poi fondamentalmente significa potersele vedere dal computer di casa, sul tablet comodi in poltrona, o dallo smartphone alla fermata dell’autobus.
Con la presentazione di progetti realizzati da artisti pionieri nelle sperimentazioni per e con il web, avete affrontato importanti e interessanti tematiche legate all’era informatica, comprese: la generazione di contenuti, il loro accesso, i risvolti politici, sociali ed estetici, come è anche il caso [e non solo] del progetto di Jan Robert Leegte, New World, in corso sul banner fino al 7 febbraio. C’è una linea di lettura del digitale che vuoi costruire con la selezione e la successione di artisti invitati?
Per creare l’identità della galleria sono partito dando una connotazione specifica allo spazio espositivo, ed è questa che in qualche modo influisce sul genere di opere presentate. Come detto, l’interesse principale è quello di supportare l’arte web-based e di offrire uno spazio che sia in grado di ospitarla e valorizzarla. Il mio invito agli artisti è però quello di reinventare ogni volta la galleria stessa, plasmarla attraverso il proprio lavoro. Da questo punto di partenza e dal dialogo con gli artisti e la loro ricerca si sviluppano i temi e i progetti che presentiamo. In questo momento Link Cabinet ospita New World un lavoro inedito dell’artista olandese Jan Robert Leegte. New World è un vero e proprio mondo da percorrere e esplorare, basato su una composizione geometrica astratta che reinterpreta in chiave digitale il paesaggio terrestre. Un labirinto digitale che si genera all’infinito e che prosegue la pluriennale ricerca di Leegte sull’interfaccia e gli elementi visivi del web, inteso come luogo da vivere, esplorare e ridisegnare.
Che tipo di supporto dai agli artisti per la realizzazione dei progetti?
Con gli artisti c’è sempre innanzitutto un dialogo aperto per definire quale possa essere il lavoro ideale da presentare per la loro mostra, cercando di riuscire a valorizzare sia l’unicità della ricerca di ogni artista che le peculiarità dello spazio espositivo. E questa è sicuramente la componente più affascinante e piacevole del lavoro. Per quanto riguarda gli aspetti tecnici invece, come in ogni altro contesto molto spesso l’artista ha ben presente non solo ciò che vuole raccontare o mostrare col suo lavoro, ma anche in che modo realizzare l’opera perchè questo processo è parte del progetto stesso.
Una delle caratteristiche di Link Cabinet però è quella di non volersi focalizzare troppo su questioni tecniche, quanto invece ospitare artisti che possano trovare interessante e stimolante confrontarsi con lo spazio espositivo che mettiamo loro a disposizione. Discutiamo innanzitutto di idee, visioni e narrazioni.
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Come ti relazioni di fronte a questioni legate a conservazione e documentazione dei lavori?
Una delle scelte caratterizzanti fatte fin da subito è stata quella di intendere le mostre come temporanee, terminate le quali l’opera torna nelle mani dell’artista che deciderà dove collocarla e se mantenerla pubblica e accessibile. In questo senso si è adottata la logica di un qualsiasi spazio espositivo, proponiamo mostre temporanee e le opere sono di proprietà dell’artista che al termine dell’esposizione ne può disporre come preferisce. Noi ci limitiamo a fornire una documentazione di immagini e o video.
La questione della conservazione dell’arte digitale è però tutt’altra cosa ed è sicuramente un tema importante e sempre più urgente. Un lavoro fondamentale in questo senso lo sta svolgendo da anni Rhizome con i programmi ArtBase e Digital Preservation.
Quanto e come questo tuo lavoro curatoriale ha condizionato la tua ricerca artistica (e viceversa)?
Difficile dire, mi capita sempre più spesso di sentirmi dire di essere una figura ibrida per via della mia attività artistica alla quale affianco il ruolo curatoriale per Link Cabinet e l’attività di insegnamento in accademia. Dal mio punto di vista le cose sono legate l’una all’altra in un rapporto fluido di contaminazione che ritengo inevitabile ma anche inestricabile. Ogni elemento e ogni esperienza porta un arricchimento che influisce sulla mia attività nella sua interezza. Diciamo che mi piace muovermi in un contesto lavorativo e creativo in cui gli stimoli possono venire in egual misura dal dialogo con gli artisti che invito ad esporre al Link Cabinet, così come dal lavoro giornaliero con gli altri membri di IOCOSE, ma anche dagli studenti che seguono i miei corsi.
Del resto Link Cabinet nasce esattamente in questo contesto ibrido: non ho fatto altro che creare uno spazio espositivo online nel quale mi sarebbe piaciuto lavorare per presentare un lavoro di IOCOSE, uno spazio che avesse delle caratteristiche interessanti e stimolanti, ma anche sufficientemente malleabile da poter essere trasformato completamente da ogni artista che ci avrebbe lavorato. Detto questo, credo che l’esperienza personale come artista mi permetta di avere una posizione privilegiata nel dialogo con gli artisti, una più facile comprensione e condivisione nella modalità di approccio alla progettazione di una mostra.
Nella mission del Link Cabinet si invitano i collezionisti a contattarvi per la realizzazione delle opere sul banner come site-specific nello spazio fisico. Se avete avuto modo di realizzare qualcuno dei lavori come site specific, ci puoi raccontare in che modo è stato traslato nello spazio e se ci sono accordi contrattuali che sono stati presi tra artista e collezionista (copyright, conservazione, etc.)?
La caratteristica di Link Cabinet è quella di chiedere agli artisti con cui collaboriamo di realizzare dei lavori che siano concepiti per essere presentati nel contesto peculiare del nostro spazio espositivo. I lavori presentati sono stati tutti realizzati appositamente per l’occasione, oppure sono stati trasformati per adattarsi al contesto della galleria. Il concetto di site-spefic viene quindi inteso in questo senso. Nel caso del progetto COVER ME di Julian Oliver il lavoro è stato presentato successivamente anche in uno spazio fisico e in quel caso l’artista ha ragionato nuovamente in ottica site-specific adattando un lavoro web-based ad uno spazio espositivo differente. Il rapporto con i collezionista si sviluppa nella stessa ottica.
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Sappiamo che il digitale, in particolare, ha affrontato diversi ostacoli nell’ambito del mercato dovuti alla sua materia effimera, ma soprattutto alla sua natura vitale che coincide con il suo costante fluire. Quale è la tua visione a questo proposito? E nel caso specifico del banner, la progettazione per lo spazio online si inquadra anche nella sperimentazione di un’operazione di mercato?
Negli ultimi anni molto è stato fatto in questo senso e la situazione si è fortemente modificata e evoluta. Oggi c’è sicuramente un’attenzione e una sensibilità maggiore nei confronti di artisti e opere che trattano tematiche ormai sempre più preponderanti e centrali nella vita quotidiana di tutti noi. Questo è sicuramente uno dei temi sui quali Link Art Center sta lavorando. Nell’aprile del 2014 abbiamo organizzato Born Digital un’asta di beneficenza e una mostra online, organizzata sulla piattaforma per aste online Paddle8. L’evento è stato il prima di questa scala e tenore organizzato in Europa e proponeva 50 lavori messi a disposizione da 33 artisti, dai pionieri dell’arte digitale all’ultima generazione di artisti. Nello stesso mese presentavamo Return of Investment di Jonas Lund, la mostra inaugurale di Link Cabinet. Per l’intera durata della mostra la galleria è stata trasformata in uno spazio acquistabile da chiunque e il cui valore aumentava ad ogni transazione in base all’indice di ritorno di investimento complessivo annuo nel mercato dell’arte contemporanea del 2012. Un chiaro commento sullo stato del mercato dell’arte contemporanea, tra investimento, mecenatismo e speculazione.
Ciascun artista invitato ha lavorato in relazione con lo spazio messo a disposizione, ovvero la pagina web che struttura il Link Cabinet. Dopo aver realizzato una serie di progetti, c’è qualcosa che ti ha stupito rispetto alla tua idea iniziale di spazio e di intervento artistico?
La cosa che ritengo più affascinante è la malleabilità di questo spazio che presentandosi come una pagina bianca vuota si presta non solo ad ospitare qualsiasi lavoro ma ad essere letteralmente modellato da ogni artista. Lo stupore è quindi costante, ogni volta che Link Cabinet è passato dall’ospitare opere video ad essere trasformato in un controverso archivio di performance art, dal trasmettere uno streaming delle attività di condivisione di file torrent ad essere una piattaforma attraverso cui commissionare opere d’arte tramite crowsdsourcing. Per questo Link Cabinet è sempre attuale, sempre nuovo e sempre diverso da se stesso.
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Oggi è molto acceso il dibattito su post-digitale e post-internet, termini spesso pronunciati con prudenza se è vero che internet è ormai una condizione esistenziale. Quale è la tua posizione a riguardo?
I discorsi su post-internet e post-digitale tendono spesso a trascurare la connotazione politica, culturale ed economica ad essi intrinseca. Ciò che diamo per scontato ed acquisito è frutto di una visione particolare e parziale, derivata dall’esperienza personale e condizionata dal contesto nel quale siamo immersi. Recentemente con IOCOSE abbiamo pubblicato un testo intitolato Art After Failure che è al tempo stesso un saggio sull’argomento e una sorta di manifesto. Nel testo teorizziamo il Post Fail: un modo di pensare e fare arte che nasce dalla consapevolezza che le narrative sul futuro della tecnologia, sia quelle apocalittiche che quelle entusiaste, stiano già in qualche modo fallendo o finiranno comunque per deluderci, lasciando spazio a una realtà più contraddittoria e spesso banale. Quello su cui ci interessa focalizzarci è il momento presente in cui queste narrazioni vengono create. Nel testo usiamo una metafora che mi sembra calzante: il nostro ruolo come artisti contemporanei è simile alla condizione di un DJ che deve mettere musica in un party di cui sente già l’hangover. Questo DJ con il mal di testa ha il dovere di suonare musica fino alla fine della festa, pur sapendo che prima o poi tutti si lasceranno per andare ognuno per la sua strada. Fare arte Post Fail significa chiedersi quale possa essere la musica adeguata in un contesto di questo genere, rispettando il mal di testa degli ascoltatori ma cercando comunque di offrire loro un’esperienza interessante e possibilmente piacevole.
Attualmente sul Link Cabinet: Jan Robert Leegte, New World, 07.01 – 07.02.2016, Linkcabinet at Link Center for the Arts of the Information Age
Clicca qui per vedere il lavoro online
Immagini e video (cover 1) DUOX, Boy’dega: Installment 3, Bond’s Salon, 2014 (2) Julian Oliver, COVER ME, 2015 (3) Addie Wagenknecht, This Connection Is Untrusted, 2014 (4) Nicolas Maigret at Link Cabinet, The Pirate Cinema, video documentation on youtube (5) The Importance Of Being Context, Valeria Mancinelli e Roberto Fassone, 2014 (6) Work Less Work All, Guido Segni, 2015 (7) Marco Cadioli @ Link Cabinet, Algorithmic Memories, video documentation on youtube (8) Jonas Lund, Return of Investment, 2014 (9) Jodi @ Link Cabinet, L.V.Y., video documentation on you tube