Tra le questioni aperte dal contemporaneo c’è la problematica del riconoscimento. L’Arte Occidentale, si è da sempre occupata della questione. Il problema della rappresentazione viene qui affrontato dal punto di vista etimologico e poi informatico. Dopo una breve introduzione alla Pattern Recognition verranno presentati i risultati di un esperimento iniziato nel 2013, che ha visto, e vede, l’utilizzo del motore di traduzione automatico di Youtube.
Téchne
A partire dai Miti fondativi della cultura Occidentale la questione della copia è stata trattata come tabù in Amore e Psiche[1], come immagine/copia, nel Mito della Caverna[2] di Platone, in termini di Simulacro con il Pigmalione[3] nelle Metamorphosi di Ovidio. L’arte, si è occupata del problema da sempre.
Il termine Arte stesso viene dalla parola latina ars, che a sua volta traduce la parola greca téchne, che per i Greci aveva una molteplicità di significati, molto più ampia di quella attualmente conferitagli. Disegnava infatti una capacità tanto mentale quanto manuale e poteva dirsi della scienza, della navigazione, della medicina, della tradizione militare e così via. In effetti la parola téchne potrebbe tradursi con il termine abilità che implica l’acquisizione pratica di conoscenze. Per Aristotele era una fusione di pensiero e produzione. Quando affermava che l’Arte imita la Natura non parlava dell’Arte intesa come imitazione ma di téchne, ossia delle abilità umane in genere. In quanto essere poietico e quindi producente, l’uomo era imitazione della Natura creatrice. E’ per questo che oltre alla pittura o alla scultura, rientrano in questa categoria anche teatro e poesia. Poeta e pittore sono infatti ritenuti eguali, in quanto poietici, creatori di immagini.
Dal simbolo all’immagine
Se nel periodo arcaico la lettura del mondo veniva affidata al simbolo, con il periodo classico si passò dalla sacralità della cifra alla razionalità della parola scritta, che sciogliendo l’uso teorico da quello pratico/funzionale, emancipò il segno dal suo contenuto, e quindi l’immagine dal suo supporto[4].
L’idea di immagine all’inizio, non era legata alla produzione effettiva, concreta della stessa. Ciò che i greci intendevano per immagine, era tutto ciò che riproducesse la natura, non come imitazione naturalistica della realtà, bensì in quanto copia di quel processo creativo che era proprio di ogni essere vivente. L’immagine è quindi sì reale, ma assente nella sua materialità. L’ìdolon (immagine) era dunque legato alla manifestazione, alla rappresentazione dell’invisibile, pertanto il suo significato era legato all’idea di evocazione. C’era un’efficacia simbolica, dettata dalla cultura stessa, che faceva della verità, alétheia[5], dis-velamento.
Con Platone però il concetto di immagine, tramutò dall’originario “apparizione”, investita di connotati religiosi, “all’apparenza” del puro visibile, si passò cioè dalla cifra al concetto, dal simbolo alla ragione, da una verità intesa come disvelamento, ad una verità finita, precisa, razionalizzata, corrispondenza esatta tra ciò che è e ciò che si vede. Parlando dell’immagine Platone parlava di “parere e sembrare, ma non essere”. L’arte, la téchne, imita la natura che “non è”, poiché, banale copia del mondo delle Idee[6].
L’alfabetizzazione del mondo greco porterà alla nascita delle poleis, dell’Iperuranio, alla retorica alla storia alla filosofia, il dominio della parola. Il linguaggio, smette di essere un regalo, un’epifania, un dono degli dei per convertirsi in una téchne, in una destrezza o abilità che si poteva imparare.
Dall’epifania alla copia
Con la scrittura, la parola, il linguaggio, da orale che era, diventa dunque “visibile”. Vedere e utilizzare, divennero i presupposti dell’astrazione, dell’autonomia della forma rispetto al contenuto, l’arte diventa ora, nell’epoca classica, astrazione del valore della forma in quanto tale, separata dalle funzioni sacre che aveva in passato. La téchne mimetike si fece autonoma, sciolta da ogni altro ambito, diventò pura cura della forma. Questa emancipazione della forma, della figura plastica rispetto al suo contenuto, stette all’origine della nascita dell’immagine, la formula dal mito al logos[7], può così leggersi anche come “dal rituale alla forma astratta”, e quindi autonoma dell’immagine. La rappresentazione sensibile venne valorizzata in quanto tale, l’oggetto, l’ente, l’immagine, si assolutizzò, dell’essere, sarà ormai, nulla. L’immagine da dispositivo di evocazione dell’assente, diventò apprezzabile solo in quanto espressione del pres-ente, e quindi apparenza, simulacro della realtà, si passò dal contenuto/cifra, alla forma/copia.
Il termine téchne, acquistò così connotati prettamente umani, la ragione si sostituì al sacro, e l’immagine, da epifanica si fece copia. La téchne si mise a servizio del simulacro, dell’apparenza, per l’ottenimento della copia.
Apice di questa linea evolutiva del concetto di arte come copia biunivoca della realtà, è oggi rappresentata dalla scienza informatica.
… to be continued…
[1] Amore e Psiche. Storyboard di un mito. Miriam Mirolla Electa editore 2008
[2] Libro Platone collana Rossa
[3] L’ effetto Pigmalione. Breve storia dei simulacri da Ovidio a Hitchcock, Victor I. Stoichita, Il Saggiatore 2006
[4] Pag. 34-36 Il significato dell’Arte nell’Età Arcaica in: Il volo dell’albatro. Progettando la società di domani. Tesi realizzata per il Corso di Pittura Accademia Belle Arti di Roma 2011
[5] Pag. 59-62 Memoria verità e poesia Teoria dell’Arte Jimenez, citato nella Tesi 2011
[6] Pag. 67 Dal mito al logos, dal rituale all’immagine Teoria dell’Arte Jiemenez.
[7] Pag. 62-70 Dal mito al logos, dal rituale all’immagine Teoria dell’Arte Jiemenez. “In questo senso la ben nota formula “dal mito al logos”, abitualmente utilizzata per spiegare la comparsa della filosofia in Grecia, deve essere ampliata: dal rituale e dal mito, alla forma astratta autonoma dell’immagine. (…) E’ questa la tappa culturale che ci permette di parlare propriamente di arte.” Citato nella Tesi 2013
immagini: (cover 1) sasso d-artista (2) nella caverna (3) visionario