L’esplorazione delle dimensioni dello spazio e del tempo caratterizza il lavoro di Sarah Sze, artista nata a Boston e attiva a New York. Nella mostra alla Gagosian di Roma – prima personale in Italia dopo le partecipazioni alla Biennale di Venezia del 2013 e 2015 – emerge con evidenza il rapporto di studio e ricerca tra materialità e immagine digitale. Il passaggio tra bidimensionalità del quadro e tridimensionalità dell’installazione e della scultura, nell’uso distinto dei medium classici e digitali, è un’operazione che Sarah Sze elabora in maniera imprescindibile. Nello spazio espositivo romano, le pareti circolari della sala ovale amplificano il lavoro che l’artista americana fa abitualmente nelle video-installazioni: l’incubazione di immagini in successione e in movimento trova la sua centralità nel rimando a un luogo fecondo, chiuso ma elastico e in espansione.
I materiali possono e devono essere diversi, perché nel lavoro paziente di raccolta, ricerca e organizzazione delle immagini, si costruisce un database di informazioni visive prese dalla vita reale e dal web, valorizzandone potenzialità di visione e rapporto tra il movimento e il tempo. Rispettando per ogni oggetto e immagine la propria natura e versatilità, ne imprime modifiche semplici o anche elaborate.
La ripresa è in funzione di un sistema complesso, costruito in bi e tridimensionalità, adattandone le caratteristiche per amplificare e sostenere le tracce di un racconto. Come se ogni cosa potesse diventare strumento di cambiamento e parte di un corpo unico narrativo, il frammento è utile per realizzare un lavoro costruito spontaneamente, non programmato nella sua definitiva forma. Numerose applicazioni multimediali sono usate e inglobate in strutture espanse in installazioni polimorfe, che liberano la cristallizzazione di immagini e oggetti.
Dall’ingresso in galleria agli spazi superiori, i dipinti – realizzati di recente con diverse materie: collages, pittura (olio e acrilico), carta d’archivio in strati sovrapposti, scotch e gommalacca, stralci di carta fotografica – ricoprono anche un ruolo anticipatorio attraverso il vocabolario visivo, fino alla traccia sul pavimento delineata da filamenti di vernice bianca, per guidare verso la sala ovale, cuore pulsante, vivo della mostra.
Qui avviene l’apertura totale delle dimensioni, con ogni mezzo tecnico, dal videoproiettore al computer, a piccole ricostruzioni di ambienti come maquette di angoli della mente e spazi per dipingere.
La video-installazione Flash Point (Timekeeper),(2018) è un susseguirsi ininterrotto di immagini (che Sze ha registrato personalmente o che ha preso da internet) rimandate attraverso un assemblaggio complesso di proiettori. Immagini e brevi video ricoprono le pareti della sala, in un movimento continuo e chiuso, dove il buio fa emergere ogni piccola variazione di movimento e colore. Come in uno studio di ricerca, che progredisce in funzione dei cambiamenti temporali e strutturali dell’insieme composto, l’installazione site specific (realizzata nello studio di New York) sembra una progressione di spunti visivi e sonori, inseriti in un circuito in successione di un gran numero di spunti iconici. Mare, vulcano, immagini registrate dal satellite, animali, aeroplani, metropoli, praterie, pixel, solarizzazioni, si muovono accompagnati da brevi e dilatati suoni.
In occasione della personale romana è stata presentata la scultura Split Stone (7:34) (2018) all’interno della Crypta Baldi, negli spazi sotterranei di una delle sedi del Museo Nazionale Romano. Qui un masso di granito è aperto in due blocchi esponendo le facce interne di un nucleo che rimandano, come superfici specchianti, parte di un tramonto.
L’immagine (catturata da Sarah Sze con il suo iPhone) è trasferita sul granito attraverso una complessa tecnica manuale che traduce la pratica litografica e di stampa con la risoluzione di un’immagine video sgranata in pixel. Un grande frammento visivo, concentrato nella pietra e inserito in un contesto storico archeologico, esprime la complessità del rapporto col tempo e la sua sedimentazione, tra la dimensione temporale e il rapporto tra il luogo fisico e lo spazio visivo.
Sara Sze, Gagosian, Roma, 13.10.2018 – 12.01.2019
La recensione di Ilaria Piccioni ci guida nel lavoro di Sara Sze, viaggio nelle dimensioni multiple dello spazio e del tempo, dentro l’immagine, e tra la materia fisica e digitale.
immagini: (cover 1) SARAH SZE, «Timekeeper», 2016. Tecnica mista, specchi, legno, acciaio inossidabile, stampe a pigmento d’archivio, proiettori, lampade, scrivanie, sgabelli, pietra. Dimensioni variabili. Veduta d’installazione del lavoro di Sarah Sze: Timekeeper, Rose Museum of Art, Boston, 2016 © Sarah Sze (2) SARAH SZE, «Ritratto dell’artista nel suo studio», 2015. Courtesy of the Artist © Sarah Sze (3) SARAH SZE, «First Time (Half-life)», 2018 (Dettaglio). Olio, acrilico, carta d’archivio, adesivo, scotch, inchiostro e polimeri acrilici, gommalacca, vernice ad acqua su legno 84 x 105 x 4 inches / 213.4 x 266.7 x 10.2 cm (unframed) © Sarah Sze. Courtesy Sarah Sze e Gagosian (4) SARAH SZE, «Centrifuge», 2017 (Dettaglio). Tecnica mista, specchi, legno, bambù, acciaio inossidabile, stampe a pigmento d’archivio, videoproiettori, ceramica, pittura acrilica, sale. Veduta d’installazione al Haus der Kunst, Munaco di Baviera 2017. Courtesy of the Artist © Sarah Sze (5) SARAH SZE, «Ghost Print (Half-life)», 2018. Olio, acrilico, carta d’archivio, adesivo, scotch, inchiostro e polimeri acrilici, gommalacca, vernice ad acqua su legno. 84 x 105 x 4 inches / 213.4 x 266.7 x 10.2 cm (unframed) © Sarah Sze. Courtesy Sarah Sze e Gagosian (6) SARAH SZE, Veduta d’installazione, Gagosian Roma, 2018. Matteo D’Eletto, M3 Studio. Courtesy Gagosian and the artist (7-8) Sarah Sze, «Split Stone (7:34)», 2018. granito, acciaio inossidabile, resina, e pigmenti in 2 parti, 36 1/4 × 44 1/4 × 31 3/8 inches (92.1 × 112.4 × 79.7 cm), 37 3/4 × 49 1/4 × 27 3/8 inches (95.9 × 125.1 × 69.5 cm).Installata presso Museo Nazionale Romano, Crypta Balbi, Roma. Courtesy the artist and Gagosian. Photo by Matteo D’Eletto M3 Studio. Crypta Balbi, pilastro con semicolonna in laterizio appartenente al portico settentrionale. ©Archivio Museo Nazionale Romano.