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Marco Belfiore, Clown White, 2012, videoanimazione, 1′ 54”, Premio Terna 04 (Categoria Megawatt)
Marco Belfiore è nato nel 1971 a Rovereto. Oggi vive e lavora a Milano. Il suo percorso artistico è caratterizzato dall’attenzione costante per gli aspetti contradditori della vita, per quelle verità nascoste del quotidiano che – scegliendo un taglio tragicomico– egli ama rilevare con tagliente ironia. Ultimamente il suo lavoro si focalizza maggiormente sul tentativo di ridefinire fatti, personaggi e luoghi entrati prepotentemente nell’immaginario collettivo; per fare ciò rielabora in vario modo volti e storie di celebri icone culturali, restituendocene una versione inedita e spesso conturbante. «Lavorare con le icone e il loro immaginario mi consente di stimolare la soggettività di tutte le persone che in quell’icona si identificano: è come scatenare un gioco di specchi, è quasi una magia ma è anche una sfida perché le icone ti schiacciano; qualche volta però ho la sensazione che penetrando un’icona si possa riuscire a sfiorare l’inafferrabile». Il suo lavoro è stato esposto in gallerie e istituzioni in Italia e all’estero. Tra queste: PAC Padiglione Arte Contemporanea (Milano, 2014); Galleria Monica De Cardenas (Zuoz, 2014); Flacon Design Zavod (Mosca, 2013); Peep-Hole (Milano, 2012), Chelsea Project Space (Londra, 2010); Objectif Exhibitions (Anversa, 2010); CAC (Vilnius, 2010); Fondazione Bevilacqua La Masa (Venezia, 2008); Istituto Italiano de Cultura (Madrid, 2009); Accademia Albertina (Torino, 2008); Galleria Le Case D’Arte (Milano, 2007) e Gertrude Art Spaces (Melbourne, 2006). Nel 2010 ha partecipato al progetto «Cover project», promosso dalla Fondazione Nicola Trussardi di Milano. Nel 2013 Belfiore ha vinto la quarta edizione del Premio Terna.
Clown White, opera prima classificata del Premio Terna 04 (nella categoria Megawatt), è un montaggio video composto da una serie di interviste a personaggi famosi scaricate da Youtube. I fotogrammi sono stati rielaborati dall’artista, che ha «truccato» i personaggi da pagliacci ed ha abbinato al video un sonoro che si compone di un crescendo di musica da circo, risate, applausi e fischi. Tecnicamente il risultato è un ibrido tra animazione (stop motion) e filmati d’epoca dal gusto retrò. «Uscendo fuori dalle metafore e dai cliché circensi, ci si ritrova in un territorio con cui ogni artista deve relazionarsi: uno spazio affollato da personaggi ingombranti che hanno lasciato una traccia indelebile nella nostra cultura. In Clown White, tutto quello che conta è contenuto nel linguaggio segreto del suono, nelle vibrazioni dei colori e nel ritmo incalzante delle immagini. Le parole, i concetti, sono solo rumore bianco» (Belfiore).
Quale è lo stato dell’arte oggi in Italia? Quale è il ruolo dell’artista nel sistema attuale dell’arte e della società?
Credo non esista uno stato dell’arte in Italia soprattutto perché il nostro «panorama artistico» è troppo ricco di diversità e individualismi; il nostro è un ambiente culturale e geografico incredibilmente sfaccettato che potenzialmente ha risorse illimitate; il problema è che in un contesto simile è davvero complicato far quadrato a livello nazionale. Il ruolo dell’artista è sempre lo stesso: riciclare, reinventare, mettere in discussione, anticipare, provocare, far riflettere e via dicendo.
Premio Terna pubblicò, in una delle sue prime edizioni, una ricerca previsionale dello stato dell’arte dal 2010 al 2015. I risultati hanno aperto una finestra su quello che è agli effetti il panorama attuale. Tra questi, anche il fatto che la crisi avrebbe portato ad un superamento dell’assuefazione rispetto alle regole dominanti, oltre ad un maggiore impegno sociale dell’arte. E’ quello che sta accadendo davvero?
Oggi moltissimi italiani vivono e lavorano all’estero, oppure vivono in Italia ma viaggiano tanto e si confrontano attivamente con altre realtà. Mi auguro che la cosa abbia al più presto ricadute positive e concrete per il nostro Paese. Da qualche anno stanno nascendo diverse realtà artistiche «alternative» in tutta Italia. Trovo incoraggiante il fatto che molti artisti si organizzino autonomamente cercando di far gruppo «inventandosi» mostre/luoghi/eventi. Ogni crisi è anche un’occasione per cambiare, chi non riesce o non vuole cambiare neanche dopo una grossa difficilmente potrà evolversi.
Ricordi la tua partecipazione al Premio Terna? Stavi lavorando ad un progetto in particolare?
In quel periodo stavo lavorando alla serie Scherzi della natura, si tratta di un ciclo di opere realizzate ad acquarello e tempera su carta cotone. Lo stile pittorico che ho utilizzato per quella serie è molto illustrativo; essendo i soggetti degli uccelli esotici ibridati tra loro (tucano, fenicottero e pappagallo), ho pensato che l’illustrazione realistica potesse conferire a questi «mostri» colorati una certa allure scientifica. Grazie a questa serie ho capito che per molte persone i pappagalli, i tucani e i fenicotteri sono praticamente la stessa cosa; ma queste «sviste» non sono tanto dovute all’ignoranza secondo me, quanto all’idea stereotipata che ci facciamo sulle cose che provengono da altri luoghi: dall’animale esotico ci aspettiamo il colore e la bizzarria, questo è lo stereotipo, quindi possiamo tranquillamente trovarci di fronte ad un disegno di pappagallo con un becco lunghissimo e arancione e pensare invece che sia un tucano; è un po’ come quando vedi qualcosa con la coda dell’occhio, il cervello compensa a modo suo quello che l’occhio non vede così sei indotto a pensare di aver visto ciò che in realtà hai solo creduto di vedere.
In quale direzione si è evoluta la tua ricerca più recente? Ci puoi anticipare progetti e prospettive future?
Inizialmente alla base della mia ricerca c’era una piccola ossessione nei confronti degli aspetti del quotidiano connessi al tragicomico, alle banalità della vita, all’ironia della sorte: mi interessava – e mi interessa ancora – assecondare un certo gusto personale per la battuta, per le freddure al fine di smontare convinzioni, stereotipi e studiarne i meccanismi. Nei primi lavori il mio sguardo ironico e voyeuristico sul mondo era protagonista assoluto; spiavo e catturavo le più diverse situazioni restituendole in forma straniante e provocatoria. Di recente le mie opere sono più strutturate che in passato, sono meno ironiche ma formalmente più complesse: oggi preferisco allestire piccoli «teatrini» di finzione, raccontare storie utilizzando figure/situazioni iconiche che inserite in contesti particolari possano far emergere significati inaspettati. A volte realizzo animazioni partendo da miei disegni, altre volte utilizzo materiale preso dal web e lo mixo ad altro: utilizzo qualunque tecnica espressiva, non mi pongo limiti di forma e linguaggio e non mi spaventano gli errori; mi esaltano le opere ricche di particolari e spunti riflessivi che cercano di stabilire collegamenti tra fatti/personaggi ordinari e fatti/personaggi radicati nell’immaginario collettivo.
I tuoi lavori si esprimono attraverso le tecniche più varie, come video e animazione. Come ti relazioni con questioni legate alla conservazione?
Diciamo che oltre a tutte le tecniche artistiche più tradizionali anche la tecnologia mi interessa moltissimo, dunque per quanto riguarda i video e le animazioni mi tengo sempre aggiornato per capire come conservare/convertire/migliorare efficacemente i miei file senza perdere dati e informazioni.
Ci puoi raccontare della tua residenza a Mosca?
Esperienza di vita bellissima, unica, mi sono innamorato di Mosca all’istante. L’ho trovata una città ricchissima di energia e di spunti ma anche una città difficile e complessa. Credo che da quelle parti stiano scoprendo giorno dopo giorno ciò che noi diamo per scontato, dunque ho percepito grande energia nelle persone e nella città, un’energia che mi sembrava assumere dimensioni monumentali perché Mosca è monumentale in tutti i sensi. Appena arrivato lì mi sono sentito come su un altro pianeta. Il fatto che non ci fossero molte connessioni (anche a livello artistico) con altre realtà che conoscevo mi ha spiazzato; inizialmente mi sentivo solo, poi proprio questa sensazione di spaesamento mi ha stimolato moltissimo. Ho vissuto tre mesi in simbiosi con la mia telecamera. Andando in giro ho raccolto migliaia di immagini. In quel periodo ho dormito pochissimo e parlato con chiunque mi capitasse di incontrare. Non volevo perdermi nemmeno un secondo di quell’esperienza. In questo periodo, tra le varie cose, sto lavorando proprio ad una serie di opere che si ispirano alla mia esperienza moscovita, in realtà ci lavoro da più di un anno e non ho ancora concluso questo ciclo perché sto tracciando nuovi e curiosi parallelismi tra la vita a Mosca e alcune cose molto italiane. La serie si intitola Something Russian, ho anche un blog – cosmicbombero.tumblr.com – che raccoglie immagini e video di questo work in progress russo.
Cosa dovrebbe avere (che ancora non ha) l’Italia a sostegno della creatività per rendere il nostro paese sempre più competitivo a livello internazionale? E quale paese, su scala globale, ritieni sia il migliore da questo punto di vista?
L’Italia deve investire molto di più in cultura e ricerca. Ritengo miracoloso il fatto che ci sia in giro ancora così tanta gente che – nonostante tutto – lavora al meglio per migliorare la situazione. Mancano musei di arte contemporanea, mancano le collezioni che possano contribuire a diffondere e strutturare una scena artistica che possa attrarre l’attenzione su di noi e su quello che facciamo. Credo che occuparsi concretamente di cultura in Italia sia una vera e propria missione (a volte mi verrebbe da dire illusione), bisognerebbe sostenere e conoscere molto di più chi lo fa. Conosco tantissima gente che dall’Italia non scappa e prova a cambiare le cose senza aiuti, sono certo che moltissimi italiani lavorino duro e bene, ma se uno stato lascia queste persone sole a mio avviso significa che non vuole migliorare.
Cosa ha rappresentato, e cosa rappresenta oggi per un artista il Premio Terna nel panorama Italiano e in quello internazionale?
Premio Terna è senza dubbio un Premio importante in Italia. Per quanto riguarda il panorama internazionale credo che i premi italiani in non riescano ancora a essere percepiti come importanti: dietro ad un artista o ad un premio internazionale ci deve essere sempre un sistema solido, una rete di connessioni che funzioni. Detto questo, per me personalmente vincere il Premio Terna è stata una bella boccata di ossigeno.
Terna è un’azienda che si occupa di trasmettere energia al Paese. Il suo impegno con Premio Terna si focalizza sulla trasmissione di energia all’arte e alla cultura e nella creazione di una rete di sostegno e sviluppo del talento. Ritieni la formula del Premio Terna ancora attuale per la promozione dell’arte? Hai qualche suggerimento da dare per la prossima edizione?
Ogni azienda importante dovrebbe investire in cultura. Terna lo fa dunque onore al merito e speriamo che sempre più aziende seguano l’esempio. Mi piace che Premio Terna sia aperto a tutti e che sia gratuito e, come ho detto, per me la residenza a Mosca è stata un’esperienza indimenticabile; ma una residenza non dovrebbe essere mai fine a se stessa altrimenti il rischio è che si trasformi in una specie di bella vacanza. A mio avviso, la finalità unica di ogni residenza dovrebbe essere quella di offrire ad artisti meritevoli e motivati la possibilità concreta di incontrare curatori e galleristi professionisti di altri paesi, e anche per questo motivo ritengo che tre mesi di residenza siano comunque un periodo troppo limitato per riuscire ad intercettare e stabilire relazioni professionali.
immagini (1 cover -2 ) Marco Belfiore, Clown White, 2012. videoanimazione, 1’54’’. still da video HD. estratto del video: http://vimeo.com/53334534 (3) Marco Belfiore, The Trial, 2014, videoanimazione, 6.02 min, still da video full HD (4) Marco Belfiore, Antonio, 2009, dalla serie ‘Les poissons sur le visage 2009, 2012’. acquarello, stampa digitale su cartoncino, cm 24 x 18 (5) Marco Belfiore, Fenicano, 2012 – dalla serie ‘Scherzi della natura 2012 – 2013’. acquarello, tempera, pastello su carta cotone. cm 44 x 60 (6) Marco Belfiore, Something Russian, 2013 – 2014. videoanimazione, 7’ 12’’. still da video full HD (7) Marco Belfiore, Chimera, 2014 – dalla serie ‘Encyclopedia 2007 – 2014’. mixed media, digital print. cm 16 x 19 (8) Marco Belfiore, Life is a Beach, 2010 – dalla serie ‘Exotic Spleen 2010 – 2012’. stampa su carta fotografica matte. cm 70 x 50