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Rocco Dubbini, Termosifone acceso, 120 x 90cm, fotografia tradizionale, stampa lambda su light box, Premio Terna 01
Rocco Dubbini è nato ad Ancona nel 1969 e si è formato all’Accademia di Belle Arti di Urbino. Attualmente vive e lavora a Roma. La sua ricerca estetica è difficilmente incastonabile in correnti, stili o linguaggi: si muove sperimentando la realtà (intesa in senso antropologico, sociale, individuale) e il mistero in essa celato, attraverso l’utilizzo di differenti media in una assidua sperimentazione, nel continuo superamento dei limiti. Comunica scegliendo il mezzo dell’installazione in cui fa convivere video, fotografia digitale, scultura, performance per realizzare progetti lucidamente studiati e dotati di un’elevata rigorosità, presentati attraverso un lessico minimale e scrupoloso. Alla «lucidità» e coerenza formale corrisponde una concettualità trasversale, fatta di continui ribaltamenti della visione e del senso, di testi polisemantici e straniamento sensoriale, di letture ed interpretazioni stratificate, non concilianti, volte ad aprire continue domande cui non vogliono seguire altrettante risposte. Se un file rouge, a livello di tematiche affrontate lungo il percorso artistico di Rocco Dubbini è individuabile, questo si potrebbe rintracciare nella sua «insistenza» a confrontarsi con la diversità, suggerita come un quid carico di enigmi e fascinazione per ciò che, essendo altro da noi, simultaneamente, attrae e respinge, generando sentimenti contrastanti che muovono alla riflessione emotiva ed intellettiva e alla conoscenza di sé e dell’altro da sé.
Il suo lavoro è stato esposto in numerose gallerie e sedi istituzionali. Tra queste: Certosa di San Giacomo (Capri 2014); Fabrica del Vapore (Milano 2013); Centro Culturale Italiano in Belgio (Bruxelles 2013); Palazzo Incontri (Roma 2012); CIAC- Castello Colonna di Genazzano (Genazzano, Roma 2010); Museo del Vittoriano (Roma 2009); Palazzo delle Esposizioni (Roma 2008); Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Bologna (solo show, 2006 e 2003); Galleria Estro (Padova 2005); Galleria Futura (Praga 2004); Galleria il Ponte Contemporanea (Roma 2003).
Termosifone acceso, opera tra le vincitrici della prima edizione del Premio Terna (categoria Megawatt), è una fotografia che ritrae un termosifone acceso realizzato in cera mentre sprigionando luce, e quindi energia, lentamente si consuma. «Il termosifone coniuga in sé il valore archetipico e interculturale della candela con quello della modernità nel quotidiano. In questa opera l’energia è generata dalla cristallizzazione di calore, luce, natura, sacralità e forma. Termosifone acceso è la stratificazione di epifanie di energia che generano un cortocircuito percettivo che attiva un pensiero complesso, ovvero energia» (Rocco Dubbini).
Quale è lo stato dell’arte oggi in Italia? Quale è il ruolo dell’artista nel sistema attuale dell’arte e della società?
L’arte contemporanea in Italia in questi anni, si sarebbe detto un tempo, non è classificabile perché non esiste uno Stato. Esistono delle realtà indipendenti mosse dallo spirito di alcuni resistenti che tentano di organizzare una cultura dell’arte che possa diventare patrimonio e stimolo collettivo. Ci sono musei sparsi nel territorio italiano molto spesso spinti dalla capacità dei singoli direttori che da anni tentano di far quadrare i bilanci, con stipendi da fame e che producono l’unica intersezione visibile tra realtà del territorio, cultura locale e nazionale…..poi tutto il resto è dissipazione di energia, gestita volutamente in modo dilettantesco.
Veneziani, anni fa, sosteneva che tutto questo fermento avrebbe alla fine solo alimentato l’acquisto di pennelli, tele e colori. Mentre per ciò che concerne il ruolo dell’artista, come sempre, è in via di definizione. Ogni epoca ha prodotto il proprio genere di artista: questa epoca sta sovra-producendo artisti, artieri, artificieri e artefici. Quando penso al ruolo dell’artista io ritorno in modo leale ad un confronto con Yves Klein, Piero Manzoni e Joseph Beyus. Come soggetto in causa non ho ben chiaro il mio ruolo, posso però affermare che io penso sempre un pò prima quello che altri non vedono e non sentono. Forse questo potrebbe tornare utile alla società se non altro come stimolo alla riflessione. Rispetto a quello che mi prospettavo, e considerando le avanguardie storiche fino agli anni Settanta, credo che alla fine il panorama contemporaneo sia un pò deludente. Ritengo che un esempio importante per capire il ruolo dell’artista e dell’Arte in questo momento venga proprio dall’interessantissima interpretazione della Biennale di Venezia di Massimiliano Gioni.
Premio Terna pubblicò, in una delle sue prime edizioni, una ricerca previsionale dello stato dell’arte dal 2010 al 2015. I risultati hanno aperto una finestra su quello che è agli effetti il panorama attuale. Tra questi, anche il fatto che la crisi avrebbe portato ad un superamento dell’assuefazione rispetto alle regole dominanti, oltre ad un maggiore impegno sociale dell’arte. E’ quello che sta accadendo davvero?
È difficile rispondere a questa domanda: le regole dominanti sono quelle di chi dice che le fiere dell’arte rappresentano il momento di maggior contatto tra artista, galleria, sistema e economia? E’ quello dei dati positivi relativi alle vendite degli artisti consolidati del Novecento e di tutto ciò che ha poco a che fare con la ricerca contemporanea? E’ quello dei cinque curatori nazionali che sono sempre gli stessi ad avere possibilità di sviluppare progetti finanziati? E’ quello del manipolo di artisti che vince sempre residenze o concorsi?….etc……etc….a me sembra questo il sistema dominante sempre presente, ma noi dobbiamo fare il nostro lavoro distanti da queste definizioni. Partendo dall’assunto che il sistema dominante non è un punto fermo riconoscibile, non ritengo in nessun modo che gli artisti abbiano spostato il loro ambito di ricerca verso problematiche e temi vicini al sociale, anche se alla fine l’arte è inevitabilmente sociale. In realtà negli ultimi anni ho notato un percorso diffuso di estetica che attinge dal sociale: questo discorso lo si può accostare ad una estetica della comunicazione che fa leva intorno a certi contenuti che poi hanno influenzato gli artisti nelle produzioni e il pubblico nel saperle recepire con leggerezza, ma questo non è impegno. Bisognerebbe conoscere un pò di più la comunicazione e aver letto Perniola per capire ciò che sottende il linguaggio, lo stesso vale per il design e le letture di Branzi.
Ricordi la tua partecipazione al Premio Terna? Stavi lavorando ad un progetto in particolare?
Si. Con grande piacere! Esattamente in quel periodo stavo lavorando al progetto presentato al concorso Terna: si trattava di un’installazione composta di termosifoni in paraffina che, una volta accesi, avrebbero dissipato, illuminando, la loro energia in modo irreversibile. Una performance inorganica che attinge dalla memoria evocativa della luce della candela e l’immagine domestica del termosifone che ha permesso all’uomo di erogare calore civile all’interno dei luoghi abitativi, case, scuole, uffici……e l’inesorabile conclusione della materia del termosifone che si scioglie lasciando spazio al nulla: entropia.
In quale direzione si è evoluta la tua ricerca più recente? Ci puoi anticipare progetti e prospettive future?
Ho dedicato molto del tempo della mia recente ricerca allo studio di Pasolini e di alcune figure del Novecento come Enrico Mattei o l’avvocato Davanzali… tutte figure legate alla regione da cui provengo, le Marche, e summa di un contesto economico, sociale e culturale dell’Italia degli anni della ricostruzione. Queste figure possono essere utilizzate come cartine di tornasole della parabola discendente del nostro paese degli ultimi anni.
Quanto spazio dedichi alla ricerca pura? E ancora, quanto conta per te il dialogo con professionisti di altre discipline?
Io dedico solo spazio alla ricerca pura.Fa parte del mio essere uomo e artista la capacità di interazione e osmosi tra discipline, tecniche, professioni differenti. Utilizzo questo scambio per depurare la mia ricerca, per evitare di cadere in facili estetismi e contaminazioni inconsapevoli. Questo mi dà la possibilità di analizzare l’arte che produco e che mi circonda con occhio analitico, capirne i meccanismi, derive e derivazioni.
Quanto è presente nel tuo lavoro la tua esperienza nel mondo del teatro?
Il teatro è stata una delle mie prime esperienze importanti nel mondo dell’arte ed è avvenuta attraverso la collaborazione speciale con Andrea Pazienza con cui ho lavorato per la realizzazione di una scenografia per una compagnia storica italiana oggi sciolta, i Sosta Palmizi. Ancora oggi tengo stretti i contatti con questo mondo attraverso gli scambi, gli stimoli e le incursioni che ho, lavorando con un amico fraterno, il coreografo Simone Sandroni della compagnia Deja donne.
Cosa dovrebbe avere (che ancora non ha) l’Italia a sostegno della creatività per rendere il nostro paese sempre più competitivo a livello internazionale? E quale paese, su scala globale, ritieni sia il migliore da questo punto di vista?
In Italia manca del tutto un CHIARO sostegno alla creatività, manca un sistema economico dell’arte che permetta la ricerca in questo ambito. Voglio però ribaltare il punto di vista: quanti artisti esistono fiscalmente pur essendo famosi? Quanti dichiarano ciò che guadagnano? Esiste una categoria specifica, data la delicata situazione e le particolarissime condizioni in cui vive un artista? Manca una reale pianificazione di sviluppo del progetto artistico nazionale. L’ARTE si scrive a lettere maiuscole ed è un valore spendibile o da far fruttare come merce pregiata. Sgarbi, con la sua biennale diffusa, ribadisco, ha forse meglio degli altri mostrato lo stato dell’arte in Italia: un meccanismo senza un fine, un protagonismo costruito sulle conoscenze e sull’improvvisazione e le risorse individuali. Allora chiunque inviti chi vuole. Sgarbi ha provocatoriamente portato allo scoperto un meccanismo fuori dalle regole……….anarchico? Ma io sono artista irregolare, bakuniano, che ama le folli gesta del matematico Caccioppoli e che vive questa situazione con lucida serenità…. «…nulla è semplice, nulla avviene senza complicazioni e sofferenze: … quello che conta soprattutto è la lucidità critica che distrugge le parole e le convenzioni, e va a fondo nelle cose, dentro la loro segreta e inalienabile verità» P.P.P.
Cosa ha rappresentato, e cosa rappresenta oggi per un artista il Premio Terna nel panorama Italiano e in quello internazionale?
Rappresenta un premio importante e un’opportunità per mettere in luce il proprio lavoro, forse il concorso per l’arte contemporanea più civile che abbiamo in questo momento in Italia. Ricordo la giuria serissima di quella edizione, composta da autorevoli e appassionati giudici che, durante la serata di premiazione alla Galleria Nazionale, spesero parole significative in privato con noi artisti, costoro avevano davvero scrutinato e analizzato le opere, ne uscii lusingato. E poi la settimana a New York passata con la carovana dei vincitori e dei giornalisti, la mostra al Chelsea Art Museum, poi la capillarità del lavoro della stampa che ha monitorato tutto il nostro percorso…..
immagini
(1 cover – 2) Rocco Dubbini – Termosifone acceso – Premio Terna 01. (3) Rocco Dubbini, Gloria, 2014 (4) Rocco Dubbini, Simulacri di burro plasmati dalla necessità della storia che si ripete, dopo il carosello tutti a nanna, etc. 2010, installation view, Ente comunale di consumo, Galleria Comunale Palazzo Arnone, Cosenza, 2011 (5-6) Rocco Dubbini, Mantra, 2013