< Interviews
Simone Bergantini, Work n.77, 2009, fotografia tradizionale. Premio Terna 02 (categoria Gigawatt)
Simone Bergantini nasce a Velletri nel 1977. Nel 2004 si la laurea in storia dell’arte presso l’Università «La Sapienza» di Roma. Si trasferisce poi a Milano dove apprende la tecnica fotografica come assistente di fotografi di moda e pubblicità. Da qui parte la sua ricerca personale sul linguaggio delle immagini, sui meccanismi formali che le generano e gli stimoli recettivi che la fotografia propone a chi guarda. Si trasferisce poi a Torino, dove attualmente vive e lavora. Nella sua ricerca la fotografia è adottata a strumento di indagine e filtro sulla realtà, quella della società ma anche quella più strettamente legata alla visione e ai sistemi percezione così come questi sono incanalati nei nuovi meccanismi formali. La sua è una sperimentazione costante che non lascia nulla al caso, ma che persiste nella ricerca di elementi di rottura, come ha affermato in una recente intervista (Tre domande per due: Simone Bergantini, Massimiliano Tommaso Rezza (2014), considerando la cultura dellʼ «errore» come il «terreno più fertile per l’emergere di nuove intuizioni e germinazioni» (S.B.). Vince diversi premi, oltre al Premio Terna, anche il Talent Calling della rivista FOAM (2010) e il premio Fondazione FRANCESCO FABBRI nel 2012. Nel 2010 è artista residente presso l’ISCP di New York. Le sue opere sono state esposte in gallerie private e spazi pubblici in Europa, Cina e Stati Uniti. Nel 2011 è stato pubblicato «V2011», il libro d’artista commissionato dalla Fondazione Rocco Guglielmo di Catanzaro, in collaborazione con la CO2 Gallery, con cui esprime il tema secentesco della vanitas, dall’artista stesso dichiarato come presenza costante nel proprio pensiero.
Work n.77, lavoro con cui vince il Premio Terna 02 (categoria Giagawatt) nel 2009 è una fotografia tradizionale di grandi dimensioni. L’opera ritrae alcune lampadine, i simboli tradizionali delle idee, immerse nel buio: l’immissione di nuova energia per accenderle è la promessa sottesa grazie alla quale l’ambiente circostante verrà svelato. L’intervista con Simone Bergantini si è svolta via e-mail in agosto 2014.
Quale è il ruolo dell’artista nel sistema attuale dell’arte e della società?
Il ruolo dell’artista è, e rimane, quello di sempre. La gran parte degli uomini che si relazionano con l’arte rimangono invisibili alla società. Alcuni, vengono scelti di epoca in epoca per dare una veste estetica al potere di turno. Altri, pochissimi, rendono visibile l’invisibile.
Premio Terna pubblicò, in una delle sue prime edizioni, una ricerca previsionale dello stato dell’arte dal 2010 al 2015. I risultati hanno aperto una finestra su quello che è agli effetti il panorama attuale. Tra questi, anche il fatto che la crisi avrebbe portato ad un superamento dell’assuefazione rispetto alle regole dominanti, oltre ad un maggiore impegno sociale dell’arte. E’ quello che sta accadendo davvero?
Il concetto di «davvero» per una statistica ha un peso evidentemente diverso dal «davvero» percepibile da un singolo individuo, ma fatta questa piccola precisazione, sicuramente qualcosa sta cambiando sia a livello locale che globale. Le regole dominanti cambiano in continuazione ma non cambia mai il fatto che siano dominanti il che in un certo senso le rende sempre uguali a sé stesse. Quindi, in senso assoluto, per me non ha molta importanza che cambino. La cosa più interessante che forse posso osservare oggi sta nel fatto che alcune regole cambiano, non in relazione ad una crescita potenziale ma per l’inverso.
Cosa ha significato per la tua esperienza e per la tua ricerca la partecipazione al «Premio Terna»? Quali opportunità concrete, anche di mercato, ha generato?
Sicuramente vincere mi ha dato un periodo di grande visibilità e mi ha spinto a realizzare progetti in sospeso oltre ad aprire nuovi canali di dialogo, sia con galleristi che con curatori.
Cosa dovrebbe avere (che ancora non ha) l’Italia a sostegno della creatività per rendere il nostro paese sempre più competitivo a livello internazionale?
All’Italia manca in questo momento qualcuno in grado di avere una visione d’insieme e forse, peggio ancora, se anche ci fosse questo seme mancherebbe il terreno su cui far crescere questa visione. Non credo ci siano soluzioni che possano funzionare per uno o per un altro settore. Una possibilità sarebbe quella di ripartire dai fondamentali, forse dalla scuola e dalla formazione. Nel nostro paese manca l’anello di collegamento tra il senso della famiglia e il senso civico allargato. Per nostra grande fortuna (o sfortuna forse) siamo un popolo capace di colpi di genio individuali. Sono quasi sicuro che, in futuro, non mancheranno menti brillanti. Non ho altrettanta tranquillità nell’affermare che questo sia sufficiente a “competere” con il nuovo panorama globalizzato.
Quale paese, su scala globale, ritieni sia il migliore da questo punto di vista?
Non ritengo ci siano paese migliori di altri ma solo geografie territoriali ed umane che in un momento di così grande imprevedibile cambiamento avranno per natura le caratteristiche di adattabilità necessarie.
In quale direzione si è evoluta la tua ricerca più recente? Ci puoi anticipare progetti e prospettive future?
La mia ricerca continua ad indagare i movimenti entropici nel flusso delle immagini. In altre parole quello che cerco di analizzare e riformulare è la differenza di peso nel significato delle immagini ieri e oggi. Questo tipo di ragionamento muove ogni mia nuova ricerca che poi ovviamente evolve e si ramifica in direzioni relativamente prevedibili. Attualmente sto promuovendo un ciclo del 2013 “Addiction” sull’assuefazione visiva e la perdita di significato delle immagini nel web inoltre sto lavorando al mio prossimo progetto ma per ora è un segreto!
I tuoi lavori sono prevalentemente fotografici. Quale è il tuo rapporto con la pittura e con il disegno?
I miei lavori sono finalizzati dal mezzo fotografico in quanto è quello che trovo più vicino alla mia sensibilità e al mio gusto pratico. La fotografia è solo la traduzione finale di un concetto nel linguaggio che conosco meglio e che quindi mi aiuta a disperdere il meno possibile il significato di quello che cerco di mostrare. Ma quando si tratta di studiare capire e ricercare pittura e scultura sono l’alfabeto essenziale di riferimento.
Ci puoi raccontare di come ha influito sulla tua ricerca la tua esperienza newyorkese quando hai vinto la residenza ISCP – International studio & curatorial program?
Quello trascorso all’ISCP è stato un periodo incredibile di studio, lavoro e scambio, credo di dovere molto a quei mesi a New York, al viaggio a Shangai (per la mostra), agli incontri e al rapporto con alcuni degli artisti che in quell’anno hanno vinto il premio. Per me è stata una sorta di grand tour e non posso negare che il mio lavoro e il mio percorso mentale abbiano ricevuto un’ accelerazione importante in quei mesi.
Terna è un’azienda che si occupa di trasmettere energia al Paese. Il suo impegno con Premio Terna si focalizza sulla trasmissione di energia all’arte e alla cultura e nella creazione di una rete di sostegno e sviluppo del talento. Ritieni la formula del «Premio Terna» ancora attuale per la promozione dell’arte? Hai qualche suggerimento da dare per la prossima edizione?
Le formule possono cambiare, ma non smettete di trasmettere fiducia agli artisti. La continuità nella trasmissione di energia è essenziale per progettare il futuro.