Ultimo libro scritto da Mark Fisher prima di lasciare questo mondo, The weird and the eerie è l’inaugurazione di un focus nuovo, seppur se ne sono percepiti gli echi nei suoi libri precedenti, che chissà dove avrebbe portato l’intellettuale inglese, se non si fosse suicidato.
Il sottotitolo del libro: lo strano e l’inquietante nel mondo contemporaneo, non rende giustizia (ma non potrebbe essere altrimenti) a due parole inglesi, weird e eerie, estremamente sfaccettate e complesse, intraducibili perfettamente nelle altre lingue, che trovano in strano e inquietante una traduzione sommaria per nulla puntale.
Si potrebbe anche dire che questo libro non parli tanto di quello che ci presenta il sottotitolo, di strano e di inquietante nel mondo contemporaneo, con le sue numerose analisi, lo troviamo praticamente ovunque, quanto sia un libro sull’essenza contemporanea dell’unheimlich, un’altra parola difficilmente traducibile in italiano e che daremo per buona come “perturbante”.
E proprio dalla premessa dell’unheimlich il libro prende due direzioni differenti, quella del weird e quella dell’eerie, sfaccettando queste due “sensazioni umane” attraverso libri, film, ma anche cd musicali, in sostanza attraverso tutto ciò che possa creare una narrazione. Nella parte dedicata al weird, il suo sommo re Lovecraft, H.G Wells, i Fall, Tim Powers, Rainer Werner Fassbinder, Philip K. Dick e David Lynch ci dimostrano la sensazione straniante di percepire qualcosa fuori posto, di accorgersi che qualcosa non torna in un ambiente familiare, d’altronde, come ci dice Fisher, il Surrealismo ha una predilezione assoluta per esso. Nella parte dedicata all’eerie, invece, Christopher Priest, Brian Eno, Alan Garner, Margaret Atwood, Jonathan Glazer, Stanley Kubrick, Andrej Tarkovskij, Christopher Noland e tanti altri ci dimostrano la sensazione inquietante di trovarsi di fronte a qualcosa quando non ci si aspetta niente, oppure al contrario, di non trovare niente quando ci si aspetta qualcosa, la fantascienza è intrisa di eerie, d’altronde l’alieno è per sua natura “qualcosa che non dovrebbe esserci”, l’altro per eccellenza.
Ci accorgeremo, senza che Fisher ce ne parli apertamente, che queste due sensazioni, man mano che sfogliamo il libro e che maneggiamo più facilmente questi due termini, non sono solo presenti in numerosissime narrazioni: trame di qualunque genere, dal giallo al fantasy; non solo, facendo un passo avanti, in tutta la storia dell’arte, continuamente, dagli affreschi di Masaccio alle performance di Stelarc, alle operazioni puramente comunicative di Cattelan; ma anche, e qui risiede la portata reale di questo libro, in quei concetti che Jacques Lacan prima e Slavoj Žižek poi, definiscono come “Grande Altro”. Pensiamo alla religione così come al capitalismo e ci accorgiamo subito della loro enorme portata eerie, pensiamo al plusvalore: è alla base di qualunque società capitalista (tanto che si potrebbe dire che il capitalismo sia effettivamente la produzione di plusvalore più che la produzione di merci), è comparso dal nulla, è qualcosa che troviamo dove non dovrebbe esserci nulla, e proprio esso esercita un’influenza concreta immensa sulla vita delle società.
Viviamo immersi nel weird e nell’eerie, dunque, ma non ce ne accorgiamo facilmente, grazie proprio alla natura chiaroscura e perturbante di queste sensazioni. Con il passare dei secoli la loro influenza si è fatta sempre più pervasiva e oggi esistiamo anche in un universo sdoppiato weird (i social network) ma anche eerie (Internet in generale). Conoscere queste sensazioni e da cosa esse nascono significa conoscersi e Fisher con questo libro, così come con quelli che ha scritto in precedenza, ci da un’ulteriore mano in quest’impresa titanica.
Mark Fisher, The weird and the eerie, (trad.: Vincenzo Perna), Minimum Fax, 2018 (Prima edizione: The Weird and the Eerie, Repeater Books, 2017)