Il NTU Centre for Contemporary Art a Singapore dedica una mostra a The Posthuman City. Proseguimento della più ampia ricerca indirizzata a Climates Habitats, parte dalla città e da modalità propositive di sostenibilità per proiettarsi nelle future coesistenze che iniziano a delineare il mondo post-antropogenico. Arte, architettura e design rendono visibili aspetti della vita urbana, dove ormai vive più della metà della popolazione mondiale, come condizione per un habitat di forme di vita ibride.
Con OrtaWater, Lucy + Orta si concentrano sull’acqua e su sistemi economici per poter raccogliere e purificare acqua da sorgenti locali e poterla poi distribuire. Soya C(o)u(l)ture mostra come estrarre acqua da piante di tofu e poterle poi convertire in biomateriali utilizzabili, come fertilizzanti, o tessuti simili alla pelle.
L’attaccamento alla terra per come questo si configura in modelli di vista sostenibile di popolazioni indigene (Earth Drawings di Marjetica Potrc ), la capacità di costruire dinamiche decentralizzate riscontrate nella vita di animali, come le termiti (Nicholas Mangan), sono alcune tra le risorse a cui attingere per immaginare convivenze post-umane, partendo dal Pianeta e dall’uomo.
Untitled (Human Marsk) di Pierre Huyghe indaga la coesistenza tra umani e altre specie partendo dalla vita di una scimmia, Fuku-chan che nella vita reale lavora come cameriera in un ristorante. Con Glostpopulations Ines Doujak trasforma testi medici del XIX secolo in assemblage realizzati in modo tale da dare risalto alle varie epidemie endemiche dovute al cambiamento climatico.
Riflettendo sul mondo post-antropocentrico non può prescindere dal come l’uomo si relaziona con la morte. Jae Rhim Lee risponde a questa questione sviluppando una tuta ecologica da indossare alla propria morte per rendere il corpo biodegradabile, un contributo importante per l’ecosistema che verrà.
La vita è anche strettamente legata all’economia e Hito Steyerl, tra le più importanti artiste filosofe a riflettere sull’interrelazione tra mondi al di là e al di quà dello schermo, commenta sulla fluidità attorno a cui si raccolgono tutti i cicli vitali ed economici della vita, dalla circolazione di dati, alla finanza, ai sistemi meteorologici, invitando alla necessità di entrare nella rete che lega nelle strutture post capitaliste per creare spazio a nuove politiche ecologiche sostenibili.
Attorno alla città e alle sue potenziali post-ecologie si raccoglie quindi ogni tipo di vita del pianeta: dall’indigeno ancora legato alla terra, al sistema fluido delle economie post-capitaliste, dalla vita degli animali alla morte dell’uomo. Le diverse angolazioni e argomentazioni proposte dalle singole opere costruiscono un terreno fertile per la costruzione di visioni e di politiche future dove si cerca una qualche salvezza dell’uomo, ora alla soglia della sua sesta estinzione, e lo proietta in nuovi scenari di coesistenza inter-specie.
The Posthuman City, NTU Centre for Contemporary Art, Singapore
immagini: (cover 1) Animali Domestici, Bangkok Opportunistic Ecologies (detail), 2019, printed synthetic fabric canvas, embroidery, 300 x 300 cm. Courtesy the artists. (2) Lucy + Jorge Orta, Orta Water – Portable Water Fountain, 2005, 180 x 190 x 50cm. Courtesy the artists. (3) Pierre Huyghe, Untitled (Human Mask), 2014, film still. Courtesy the artist; Marian Goodman Gallery, New York; Hauser & Wirth, London; Esther Schipper, Berlin; and Anna Lena Films, Paris. (4) Jae Rhim Lee, Coeio – Infinity Burial Suit, 2016, handcrafted garment, mushrooms, microorganisms, dimensions variable. Courtesy the artist. (5) Irene Agrivina, Soya C(o)u(l)ture, 2014, mixed media installation, dimensions variable. Courtesy the artist. (6) Nicholas Mangan, Termite Economies (detail), 2018, dimensions variable. Courtesy the artist; Sutton Gallery, Melbourne; Hopkinson Mossman, Wellington; and LABOR, Mexico City