L’arte cinese, quella d’oggi, con tutte le sue innovazioni e il sempre più sentito allungamento al modello occidentale, rincorso con un sotterraneo desiderio di apertura dialogica e di dibattito culturale, ha posto da qualche tempo al centro dell’attenzione un nuovo percorso che seppure fissato sul terreno del rinnovamento, mira a ripercorrere la sua storia millenaria e a mostrarla in avvincenti letture plastiche, come quella che troviamo nella recente mostra di Wang Hongliang organizzata al Museo Andersen di Roma e il cui titolo, Cercando l’eternità, è evocativo di una sfera spirituale che rimanda immediatamente al 道, alla via, al sentiero, all’eterno, inesauribile divenire delle cose e dell’uomo.
Riconosciuto come uno dei grandi maestri della scultura cinese, Hongliang pone infatti al centro dell’attenzione un percorso che si nutre tanto di influssi occidentali (non dimentichiamo che Hongliang è docente di Scultura all’Academy of Arts & Design della Tsinghua University), quanto di forme e formule recuperate necessariamente dalla storia culturale e spirituale del suo paese – nei suoi lavori troviamo la Cina di Wu (imperatore della dinastia Han, conosciuto anche col nome di Han Wu il Grande), quella filosofica e spirituale con Lao Tzi e Fuzi (Confucio), quella rivoluzionaria e politica di Mao Zedong o anche il popolo, i lavoratori, gli operai, due meste figure femminili – trattate con eleganza per disegnare (evocando) una nuova via da seguire, un nuovo infinito che parte dal finito della forma.
Lo scorso 23 ottobre, al Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze, Wang Hongliang ha ricevuto anche il Premio Michelangelo, forse per aver creato, negli anni, un itinerario creativo capace di coniugare, appunto, tradizione e innovazione utilizzando il filo sottile di una sperimentazione mai paga, aperta a tecniche e a tecnologie, a materiali di varia estrazione e natura. A ben guardare questo premio, per la prima volta nella storia consegnato a uno scultore cinese, evidenzia non solo l’importanza di un discorso ormai planetario e multietnico delle arti contemporanee, ma anche una grande attenzione che l’Europa, e l’Italia in particolare, sta mostrando da qualche anno a questa parte, sull’arte cinese d’oggi e sui suoi grandi maestri da riscoprire, da mostrare: e tra questi c’è proprio Wang Hongliang, nel cui ampio e luminoso progetto – è di progetto che si parla, e di strategia – mostra una grande compostezza, un seducente filo morale e fisico capace di illuminare la permanenza responsabile nel mondo.