Arshake si affaccia nello spazio creativo di Universal Everything, studio di digital design, o meglio, un collettivo globale di artisti digitali, designers, animatori, musicisti e sviluppatori.
Lo studio è stato fondato da Matt Pyke nel 2004 con la missione di «portare vita ed empatia nell’arte digitale piuttosto che mantenere la fredda e astratta sensibilità della macchina» (Matt Pyke).
Quella degli Universal Everything è una ricerca interdisciplinare che parte dalla configurazione stessa dello studio che convoglia professionisti di diversa formazione, attivo in diversi ambiti, dalla sperimentazione alla collaborazione con aziende di diverso tipo (in cui includere Apple, Samsung, Zaha hadid Architects, Radiohead, Sidney Opera House). Utilizzano ogni tipo di applicazione tecnologica non solo per visualizare i dati, ma per renderli anche ‘vivi’ e abitabili, attraversano i generi e si avvalgono di ogni tipo di professionalità.
Lo studio lavora in collaborazione con programmatori, architetti, musicisti e coreografi. Si muove così tra discipline e tra istituzioni museali, come il MoMa il Victoria & Albert e lo Science Museum e aziende profit, come Chanel, Intel, Nike e Deutsche Bank. Con Arshake avevamo catturato uno dei loro lavori per la sezione video post con il loro Transfiguration: An Ever Changing Organic Costume, gigante antropomorfo che cammina cambiando continuamente sembianze incarnandosi in forme, materie e materiali diversi, dal fuoco al cemento. Li avevamo visti a Roma negli spazi dell’Ex-Dogana nel 2017 nell’ambito di ArtFutura. Creature Digitali (a cura di Montxo Algora, Ex Dogana, Roma, 29.04 – 10.09.2017) con la serie di video Screens of the Future, scorci di visioni del prossimo futuro, e li seguiamo ora nel proseguimento della loro ricerca sperimentale con la serie di ‘speculative spaces’, immaginazione di spazi di interazione tra uomo e tecnologia, resi in grado di percepire e reagire in tempo reale, popolati di forme di vita digitali, di ecosistemi algoritmici resi vivi attraverso l’interazione dei visitatori. Il loro sguardo, come sempre, si proietta nel futuro mai perdendo di vista l’uomo come punto di partenza e riferimento di scala.
Universal Everything