Il segno dell’asterisco con la sua forma che ricorda quella delle stelle, nel campo scientifico implica un legame, se poniamo questo segno grafico tra il termine arte e scienza, il connubio che nasce è un nuovo territorio di indagine e ricerca. Ecco che prende forma una nuova stella (una supernova potrebbe essere) che irradia due universi, quali appunto le arti e le scienze. In questo nuovo territorio sconosciuto, o meglio ibrido, dove nascono, intrecci, convergenze, pluralità, prende vita art*acience2017 che festeggia l’anniversario di Leonardo, la più autorevole rivista, pubblicata da MIT Press, sulle relazioni tra arte e scienza, che compie 50 anni. Art*science2017 ha preso vita durante le giornate dal 3 al 5 luglio di quest’anno a Bologna. Da un’idea di Pier Luigi Capucci, direttore di Noema[1] e all’organizzazione dell’associazione culturale La Comunicazione diffusa si è dato spazio ad un convegno sulle relazioni tra forme artistiche e discipline scientifiche. Questo primo appuntamento ha avuto come tema Il Nuovo e la Storia, cioè la relazione tra due concetti apparentemente in opposizione che invece possono e devono convivere. Il “nuovo”, l’“innovazione”, ha le sue fondamenta nella storia, nel passato, ma può e deve rilanciare questa eredità nel futuro, riattualizzarla, rifunzionalizzarla, mediante le discipline scientifiche e le tecnologie. Che cosa è nuovo, cosa è innovazione, cosa è oggi per noi la Storia, come si coniugano nella sfera della complessità contemporanea le scienze e le arti? Art*science2017 è stata anche l’occasione di incontro e confronto tra i partecipanti alla mailing list Yasmin, supportata da UNESCO, da Leonardo e da Noema, sulle relazioni tra arte e scienza, che vede la partecipazione di studiosi, artisti, scienziati, docenti e operatori del bacino del Mediterraneo.
In queste giornate si è provato a riflettere e ragionare proprio sul Nuovo e sui prossimi 50 anni di Leonardo. Ad introdurre il discorso è stato proprio Roger Malina (Executive Editor di Leonardo Pubblications) invitandoci a re-immaginare il futuro delle scienze in collaborazione con le arti costruendo una sorta di piattaforma collaborativa. A seguire Nina Czegledy ha provato a ragionare anche sul ruolo di una nuova generazione di artisti e scienziati pronti a incontrarsi. Il territorio che si è costruito in queste tre giornate si è popolato con l’iniziale spettacolo BIT (o del terzo incomodo), una pièce di Eugène Ionesco Delirio a due, nella traduzione di Barbara Dondi approvata dall’autore e per la regia di Michele Orsi Bandini. Una sperimentazione di “teatro interconnettuale” dove l’attore e lo spettatore rovesciano il proprio ruolo e la piattaforma diventa la regia dello spettacolo stesso. Una sfida interessante per aprirsi alla comunicazione del digitale. Una piattaforma dentro la piattaforma dove il teatro si mescola alle riflessioni costanti sull’uso quotidiano dei dispositivi e il loro grado di pervasività. É stato un lungo viaggio quello di Art*science2017/Leonardo50, da Michele Emmer e le sue bolle di sapone che contengono al loro interno l’architettura affascinante della matematica e dell’estetica per poi proseguire con Silvia Casini studiosa delle “visualizzazioni celebrali”, attraverso le tecniche innovative di scanner per analizzare e lavorare insieme agli artisti su quella “nuvola grigia” così affasciante e complessa che chiamiamo cervello. Roberta Buiani invece ci ha fatto recuperare il senso del vuoto e del pieno, della polvere e della sperimentazione attraverso gli oggetti (in questo caso armadi e vetrine) che vengono abbandonati nelle istituzioni e nei laboratori scientifici, raccontandoci l’esperienza di un progetto artistico presso l’Università di Toronto che prende il nome di Cabinet.
Altri contributi hanno circumnavigato il connubio delle arti e delle scienze con dei progetti europei come quello di Scienar: Scientific scenarios and art, coordinato dall’Università della Calabria e con cui Marcella Giulia Lorenzi ha partecipato. Non sono mancate le indagini computazionali e creative dei linguaggi di Bill Seaman e le ibridazioni “transgeniche” raccolte da Mario Savini, ripensando non solo le forme ma anche i comportamenti delle arti, sapientemente riorganizzate in una visione ecologica da Judith Van der Elst con il concetto di Greeneess e di nuove ontologie spaziali. Si conclude la prima parte della sessione con l’interessantissima tavola rotonda BIT: interconnected heresy insieme all’antropologo Giovanni Azzaroni, l’attrice e traduttrice della pièce Barbara Dondi e il regista Michele Orsi Bandini. In questa nuova connessione e con-fusione Francesco Monico ha proiettato una visione narcisistica contemporanea dove il futuro e il passato sono irreali, mentre Charitos Demitris incontra proprio nella realtà virtuale uno strumento di ricerca e sperimentazione.
Non poteva mancare il legame tra musica e scienza proposto dalla giovanissima Sonia Cannas, sottolineando quel rapporto misterioso e sempre più intimo della divina proporzione e rapporto aureo di cui si compongono le sinfonie musicali in direzione di nuove strategie compositive, mentre Elena Cologni direttamente in teleconferenza da Cambridge ha riflettuto sullo spazio e l’abitare come centro propulsivo di riflessione tra le arti e le scienze. Contemporaneamente all’interno di Art*science2017, alquanto preziosa è stata la presenza del Festival della Complessità coordinato da Simonetta Simoni capace di tenere le trame complesse tra arte, teatro, musica e scienze con la partecipazione di Giovanni Chessa e Liliana Stracuzzi e le loro esercitazioni di ascolto complesso nella musica contemporanea. Stella Saladino ha raccontato invece attraverso l’esperienza della Digital Regia dello spettacolo BIT (o del terzo incomodo) e come il teatro e le nuove tecnologie possano coesistere, mentre lo stesso Pier Luigi Capucci interviene sulla complessità della vita e le nuove forme esistenti (la terza vita) in un territorio sempre più ibrido, Piero Dominici pone invece l’accento sull’urgenza di una educazione alla complessità. C’è stato infine spazio anche per una panoramica sui centri più importati d’Europa che riflettono sul connubio tra arte e scienza, a partire dalla conferenza internazionale di Generative Art promossa da Celestino Soddu ed Enrica Colabella, per poi approdare ai progetti virtuali del Cineca di Bologna con Antonella Guidazzoli. Anche il cinema con l’associazione Polly Maggoo fondata da Serge Dentine anticipa come la narrazione visuale e sperimentale acquisisca una nuova dimensione ibrida tra arte e scienza, così come il progetto Pépinières européennes pour jeunes artistes di cui Franco Torriani propone un incredibile incontro tra mobilità, creazione artistica e confronto scientifico. Infine Jadwiga Charzynska direttrice del centro Laznia Center for Contemporary Arts a Danzica porta la propria testimonianza degli incontri e delle esibizioni all’interno del centro che hanno ospitato artisti del calibro di Stelarc, Bill Vorn, Ken Feingold, Guy Ben-Ary e molti altri. A chiudere la prima parte della sessione con una riflessione sul ‘futuro-presente’ è stato Gabriele Falciasecca, presidente della Fondazione Guglielmo Marconi di Bologna, nonché partner prezioso e importante di art*science2017.
A conclusione delle tre giornate AOS (Art is Opens Source) di Salvatore Iaconesi e Oriana Persico presentano il loro nuovo progetto Kernos: la mappa dei soggetti, luoghi, temi e relazioni tra le arti e le scienze del Mediterraneo, attivando così una riflessione partecipativa attorno all’essenza, al significato, ai valori, alle forme e alle differenze nelle azioni che coinvolgono arti e scienze nel Mediterraneo. Art*science2017/Leonardo5a conclude questa straordinaria esperienza e viaggio proprio con una performance di AOS pensata per l’occasione ed intitolata Accelerator: un’esperienza meditativa e poetica per i partecipanti. Mentre le particelle vengono osservate negli acceleratori, i loro effetti escono dai laboratori di ricerca, accelerando la trasformazione della percezione che le persone hanno del loro Universo. Le persone diventano così particelle in un acceleratore planetario, ricevendo stimoli e segnali (informazioni sui risultati della scienza), muovendo (pensando e comunicando), collidendo (discutendo) e trasformandosi in altre entità (trasformando culture, forme di consapevolezza e visioni per il loro futuro). Accelerator riguarda, appunto questo processo, in un meraviglioso concerto della scienza, della società e la sua accelerazione.
In questa fase di accelerazione il Nuovo sembra che si sia rinnovato e innovato dietro ad una serie di domande, input, confronti e scontri. Raccontare il futuro passando per il nuovo della storia, non è semplice, anzi complesso e proprio perché questa sfida contiene al suo interno divergenze, “transvergenze”, transizioni corporee, vale la pena di farne parte. Art*science2017 è stato sicuramente un eccellente osservatorio, da dove contemplare le stelle, calcolare la loro energia e perché no, scriverci anche una bella poesia. In fondo noi siamo fatti della stessa polvere di stelle di cui sono fatte le cose. La transdisciplinarità in questo senso può aiutarci a capire e stimolare queste contaminazioni “generative”, “molecolari”, “particellari” e soprattutto collaborative. Siamo partiti dall’asterisco che lega e non si può che concludersi sotto le stelle, quelle stelle sopra di noi e le relazioni dentro di noi che si auto-alimentano per illuminare territori nascosti, rimasti all’ombra per troppo tempo, esplodendo in una carica di energia universale. L’Italia potrebbe sicuramente con il suo immenso patrimonio culturale, essere terra di contaminazioni e costellazioni, fatte di narrazioni, immaginari, corpi, riflessioni, confronti, complessità e conoscenze, affinché le arti e le scienze possano finalmente danzare in un nuovo territorio (nella bellezza del mondo) e completarsi a vicenda per vivere e abitare una nuova storia.
[1] Noema diviene Affiliate Member of Leonardo, proseguendo la collaborazione iniziata con la conferenza internazionale art*science 2017/Leonardo 50 e co-organizzata da Noema insieme a La Comunicazione diffusa.