Avviata nel 2004, la collezione di Julia Stoschek è interamente dedicata alla new media art, con una scelta piuttosto originale, ma facilmente riconducibile all’interesse per un’arte del proprio tempo, legata nell’ideazione quanto nella fruizione al mondo liquido dei cosiddetti nuovi media, dalla fotografia alle net art, passando per video e installazioni interattive. La collezione, poco nota in Italia, è stata oggetto di diverse mostre sia in Germania che nel resto d’Europa. La politica espositiva, infatti, è l’altra faccia di un ambizioso programma di conservazione di opere d’arte delicate e soggette a una rapida obsolescenza, indotta dal continuo aggiornamento tecnologico.
La collezione ha sede in un ex-edificio industriale brillantemente ristrutturato dallo studio Kuehn Malvezzi, con ampi spazi espositivi e un raffinato sistema di archiviazione e salvaguardia fisica e digitale delle opere time-based.
L’insieme di una politica espositiva dinamica e di un articolato progetto di conservazione, fa di questa collezione privata un caso piuttosto unico nel vecchio continente, e per molti versi sintonizzato sugli obiettivi di un’istituzione pubblica. Non stupisce che l’iniziativa sia nata in Germania, dove lo ZKM è un punto di riferimento internazionale per la new media art, nonostante altri musei abbiano – in momenti diversi – indirizzato le proprie acquisizioni verso tali territori espressivi. Anche in Italia, ormai, videotape e videoinstallazini sono parte integrante delle raccolte pubbliche e private dedicate all’arte contemporanea, seppure con le difficoltà peculiari dei nuovi media, in quanto a visibilità e conservazione, appunto. Motivo ulteriore di interesse, pertanto, sarà valutare il tipo di risposta che la Julia Stoschek Collection dà a questo tipo di fide, considerando che la giovane collezionista medesima è artefice in prima persona di molte scelte curatoriali.
La linea delle acquisizioni si muove con grande libertà dai materiali storici degli anni Settanta (Gordon Matta-Clark, Nam June Paik, Robert Smithson), fino ad artisti più giovani (come Cyprien Galliard, Klara Lidén, Clemens Von Wedemeyer o Tobias Zielony, per fare solo qualche nome), e includendo tanto la documentazione di azioni e opere, quanto i cortometraggi veri e propri, la serie fotografiche e la sound art, i lavori su Second Life fino alle installazioni interattive, secondo percorsi certamente individuali, ma che in buona misura riflettono la complessità di un territorio espressivo ormai molto articolato e estremamente rappresentativo dell’arte contemporanea. Tra gli autori presenti, infatti, si annoverano figure del calibro di Marina Abramovic e Bill Viola, Bruce Nauman e Adrian Piper, Sophie Calle e Isaac Julien, accanto a Adrian Paci e Cao Fei, Robert Pruitt e Trisha Baga, e così via. Unica italiana, al momento, Monica Bonvinci, ma con l’intervento di qualche dinamica galleria privata è da augurarsi un incremento in questo senso e magari anche una tappa della collezione tedesca nel Bel Paese.
La politica espositiva della collezione di Julia Stoschek, infatti, è scandita da mostre tematiche, dedicate a illustrare aspetti peculiari del nostro tempo – come l’entropia urbana, nell’appuntamento appena conclusosi a Budapest, o il culto dell’esagerato e dell’artificiale, tipico dell’estetica dandy, e così via – proponendo di volta in volta percorsi diversi attraverso la collezione o, più di rado, mostre monografiche, come quella dedicata a Sturtevant di prossima apertura a Düsseldorf.
Visitare una mostra di questo tipo offre, inoltre, l’opportunità di cogliere la profondità storica che ha ormai accumulato la new media art, dai lavori degli anni Sessanta ad oggi, e quanto sia cambiato il suo rapporto con le belle arti più blasonate: da oltre un decennio, infatti, il confronto con il cinema, con la pittura e con il disegno è all’ordine del giorno, accanto all’osservazione del mondo contemporaneo, con le sue emergenze sociali e ambientali, con le sue contraddizioni e trasformazioni, dalla Cina al Sudamerica.
immagini
(1 cover) Installation view. Olafur Eliasson, When Love Is Not Enough Wall, 2007, JULIA STOSCHEK COLLECTION, Düsseldorf. Photo: Achim Kukulies, Düsseldorf (2) View of the new attic floor of the JULIA STOSCHEK COLLECTION, Düsseldorf. Photo: © Ulrich Schwarz, Berlin (3) Photograph of the building of the JULIA STOSCHEK COLLECTION, Düsseldorf, circa 1911/12 (4) Installation view of the exhibition NUMBER ONE: DESTROY, SHE SAID, JULIA STOSCHEK COLLECTION, Düsseldorf. View of the first and second exhibition floor. Photo: © Ulrich Schwarz, Berlin (5) Installation view of the exhibition I WANT TO SEE HOW YOU SEE – JULIA STOSCHEK COLLECTION, 2010, Deichtorhallen, Hamburg. Photo: Hennig Rogge, Hamburg.