È forse necessario comunicare l’arte? Oppure è l’arte che deve comunicare qualcosa?
Sotto quale forma deve esser comunicato un contenuto affinché arrivi al destinatario? Come garantire la non univocità della conversazione, permettendo lo scambio tra le parti?
Queste domande trovano un riscontro nella pratica quotidiana, in cui la comunicazione è scandita dai modi dei nuovi media. La tecnologia è lo status symbol della nostra società, «che non può più esser guardata né trattata come un tempo – afferma Paul Valéry -, che non può essere sottratta alle imprese della conoscenza e della potenza moderne». Oltre a Valéry, Walter Benjamin è tra i primi a cogliere le potenzialità della tecnologia, attraverso la quale l’arte si fonda «sulla politica», intendendo la dimensione pubblica, in cui i tempi e gli spazi sono riformulati alla luce della condizione di collettività (presunta o reale). Le parole di Benjamin sono state profetiche, se si pensa alla volontà degli artisti di “uscire dal quadro”, unendo arte e vita e chiamando in causa il pubblico, quale parte attiva nel farsi dell’opera.
Alla fine degli anni Sessanta, partendo dalla disamina del lavoro dell’artista concettuale Marcel Broodthaers, Rosalind Krauss teorizza la condizione postmediale dell’arte, nella quale confluiscono convenzioni estetiche ed esigenze tecnologiche, permettendo di considerare il medium virtuale come un “dispositivo complesso”. La sperimentazione multimediale diventa parte integrante del processo di rottura con il passato, di cui la virtualità (opere-video, videoistallazioni, light-box) e i linguaggi informatici (codici matrix) sono parte, considerati gli strumenti adatti a comunicare col fruitore, non escludendone o limitandone la partecipazione.
Da Krauss ai nostri giorni, quando arte, tecnologia, comunicazione sono le parole chiave per comprendere EFFIMERA, evento alla sua seconda edizione, che vede la curatela di Fulvio Chimento e Luca Panaro, in collaborazione con la Galleria Civica di Modena, presso lo spazio espositivo Manifattura Tabacchi. Gli ampi spazi del MATA sono stati così divisi in tre ambienti, volti a scandire un percorso immersivo, attraverso le opere di Carlo Bernardini, Sarah Ciracì e Roberto Pugliese.
L’arte – dice Sarah Ciracì – è di per se un’esperienza che aggiunge qualcosa al nostro modo di percepire la realtà, o ancora meglio, inventa nuovi modi di percezione, espande i nostri sensi. La tecnologia, d’altra parte, come afferma Marshall Mcluhan, è un’estensione dei nostri sensi. Creare delle opere d’arte utilizzando la tecnologia non solo amplifica la loro funzione e natura, ma è anche un modo per riportare la tecnologia ad una dimensione spirituale, più sensibile e quindi più umana.
Oltre all’esperienza immersiva, fil rouge del percorso espositivo di EFFIMERA è la smaterializzazione, quale strumento di sottrazione, per giungere alla forma dell’invisibile, scongiurando lo spauracchio della sparizione dell’arte attraverso l’arte della sparizione o dell’assottigliamento. È il caso di Carlo Bernardini, il cui lavoro muta in luce, scompare e si perde in una traccia, “disegnando” ambienti in cui perder le proprie coordinate spazio-temporali, ambienti che turbano ed alterano la visione del fruitore.
La fibra ottica a luce esterna – spiega Carlo Bernardini – cristallizza la luce in una forma fisica; la luce insieme all’ombra è l’unico elemento che ha proprietà visibili pur essendo immateriale. Le forme di luce in fibra ottica creano una mobilità percettiva, tendono a trasformare proprio le coordinate percettive dell’osservatore insieme allo spazio in cui sono contenute, o di cui divengono esse stesse il contenitore. Non è tanto l’installazione a trasformarsi in funzione dello spazio, quanto lo spazio che la contiene a cambiare in funzione dell’installazione. L’idea è quella di annullare la fisicità dello spazio reale, complice l’oscuramento dell’ambiente, e quindi permettere alla persona di attraversare un luogo come una sorta di spazio ‘mentale’. La trasformazione percettiva fa sì che lo spettatore nel buio possa vivere l’esperienza di questo luogo in un modo diverso, entrando come in un’altra dimensione, avvicinandosi intuitivamente a quelle che secondo la fisica sperimentale possono essere considerate le “dimensioni invisibili”. Lo spettatore può decidere di osservare l’installazione dall’esterno, ma anche di spostarsi e vederne la mutevolezza dal suo interno. Ad ogni suo movimento corrisponde un mutamento della forma, dando l’impressione di essere sempre davanti ad installazioni diverse. Il mio tentativo è di creare opere da intendersi come organismi visivi, in cui avvengono sovrapposizioni percettive simultanee, statiche e dinamiche.
Il progetto per il MATA è intitolato: “Oltrelimite”; si tratta di un attraversamento fisico delle strutture murarie del Museo mediante la luce. L’idea è quella di penetrare diversi ambienti coniugandoli, legandone insieme i volumi in una sorta di spazio permeabile. La forma spaziale come in un gioco dei ruoli, tende a mutare il luogo da contenitore in opera eludendone la fisicità, ne oltrepassa le mura fino a trasformarlo in essa stessa. (Carlo Bernardini)
L’equilibrio tra l’ingombro della materia e la sua elusione o assenza (la smaterializzazione attraverso il suono) è alla base delle sperimentazioni di Roberto Pugliese, che giunge alla definizione – congiunta – di suono organico e di estetica della complessità, legate all’esperienza sinestetica, offerta al pubblico. La sua si pone come una ricerca di confine tra arte, tecnologia e natura: suono e tecnologia implicano, visivamente e non, il flusso e l’energia vitale della natura, trasformando gli elementi strutturali – tecnologici – in elementi fluidi, che riecheggiano le forme naturali, che animano l’inanimato.
Difatti la smaterializzazione di EFFIMERA non è solo una scelta estetica, ma anche la possibilità di focalizzarsi sull’immaterialità delle/nelle cose, della/nella coscienza, come sottolinena Ciracì, che presenta per l’occasione un progetto video inedito.
Si tratta di una grande video installazione – racconta Sara Ciraci – : Like the Ocean with its Waves, che sarà l’opera centrale attorno alla quale graviteranno altre due video installazioni. Tutto parte da una mia ricerca personale, oggetto di un master in filosofia, che mette in evidenza il legame tra le nuove frontiere della fisica quantistica e la spiritualità orientale. In particolar modo mi sono ispirata ad un Sutra Buddhista, il Lankavatara Sutra, nel quale la metafora del mare viene utilizzata per descrivere il modo in cui la realtà si presenta alla coscienza, affermando il primato della coscienza e della mente su ogni altra realtà; l’oceano è la casa di ogni coscienza potenziale, il vento che muove l’oceano è la mente, e ciò che la mente produce, le onde, sono la consapevolezza. Poi ci sarà un’altro video ispirato alla teoria degli ologrammi che è stata usata più volte come metafora per spiegare il funzionamento della coscienza e di come la realtà appare ad essa. Si tratta di teorie che affermano l’immaterialità di tutte le cose. (Sarah Ciracì)
Queste sperimentazioni visive permettono di assistere al passaggio dalla datità reale (il concreto tangibile della materia), alla progressiva sottrazione per mezzo del multimediale (light art, video art, video-istallazioni), per giungere sino alla costruzione dello spazio (e conseguentemente dell’opera) nelle potenzialità virtuali, in infiniti spazi amplificati, condivisi, mediante i quali si compie l’interazione tra artisti e fruitori.
EFFIMERA – Suoni, luci, visioni, a cura di Fulvio Chimento e Luca Panaro, MATA, via della Manifattura dei Tabacchi 83, Modena, 19.03 – 07.05. 2017
Immagini: (1) Carlo Bernardini, «Spazio Permeabile», 2009, Installazione in fibre ottiche e superficie elettro-luminescente, 3,60 x 10 x 7,5 – 2003-09. The 13Th D.U.M.B.O. New York (2) Roberto Pugliese, «Emergenze acustiche», 2013, plexiglass, speakers, cavi audio, cavi in metallo, computer, software, composizione audio, Courtesy Tenuta dello Scompiglio, Capannori (LU), ph. Guido Mencari (3) Sarah Ciraci, «Oh my God is full of stars», 2004, 12 video projections on walls with audio from movies. 5 environments. 21 minutes, MACRO Museum, Roma