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Home Percorsi

Gianluca Vassallo • Terna 05

Arshake by Arshake
07/05/2018
in Percorsi
< Interviews

Gianluca Vassallo, Next, 2013, 86 fotografie, 20×20 cm (each), P. Terna 05


 

Gianluca Vassallo è nato a Castellammare di Stabia nel 1974. Attualmente vive e lavora a San Teodoro, in Sardegna. Vassallo ha un passato da produttore, compositore ed arrangiatore, fino all’esordio in campo artistico – da autodidatta – con la mostra «Sapere Avvenire» composta da dodici opere di videoarte, esposta al PAN di Napoli nel 2010. Vassallo si esprime attraverso il video, il suono, la fotografia e le installazioni, con una attenzione particolare all’aspetto relazionale e processuale nella fase di produzione. «La mia ricerca – afferma Vassallo – si concentra sulla dimensione sociale dell’arte, i miei lavori traducono in immagini domande relative alla relazione tra uomo e potere, intendendo per questo tutto ciò che ha in sé una apparente inalienabilità, inevitabilità e invalicabilità. In ultima analisi un potere inteso come ‘limite percepito’ dall’uomo». Il suo lavoro è stato presentato da istituzioni e gallerie in Italia e all’estero. Tra queste: Schauwerk Museum (Sindelfingen, Germania 2013, 2014); Museo MAN (Nuoro, 2014); Stadtgalerie (Kiel, Germania 2014); Tempio di Adriano (Roma, 2013); Masedu Museo d’Arte Contemporanea (Sassari, 2103); Fondazione Meta (Alghero, 2013); Expò d’Arte Contemporanea (San Benedetto del Tronto 2013); Museo MART (Rovereto 2012); PAN (Napoli, 2010).
Next, opera tra le vincitrici del Premio Terna 05 è composta da 83 immagini fotografiche nate mettendo in moto una «chiamata pubblica bugiarda», diffusa attraverso i social media, i giornali locali e le tv territoriali, un invito aperto alla collettività a farsi ritrarre dall’artista, nei giorni 9 e 10 novembre 2013, senza specificare il processo. Al primo sconosciuto che si è presentato è stato chiesto «indossare» la faccia dell’artista, per poi essere ritratto a volto scoperto. Il ritratto, stampato immediatamente, è stato offerto al prossimo in ordine d’arrivo. Il processo si è ripetuto identico per due giorni, fino all’ultimo soggetto il cui volto è stato indossato dall’artista, chiudendo il cerchio relazionale. Ovviamente ciascuno dei soggetti, una volta scoperto il processo, ha potuto esercitare o meno la libertà di partecipare, mettendo in luce il limite percepito tra sé e il mondo. Dice Vassallo: «ho attivato un processo – simbolico e realissimo insieme – di inclusione dell’altro, o meglio di ‘appropriazione’ dell’altro e cessione del sé».

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Quale è lo stato dell’arte oggi in Italia? Quale è il ruolo dell’artista nel sistema attuale dell’arte e della società?

Credo che l’arte sia un sottoprodotto della dialettica di comunità, dove per «comunità» si intendono sia la percezione attiva dell’altro, dunque «la società», sia il sottoinsieme degli attori che partecipano alla costruzione di un’estetica del presente, spendibile nel futuro. In questo senso, credo che lo stato dell’arte sia appiattito su un «fare per risposte» anziché di un agire determinato da domande da porre a se stessi e al mondo. Un modo ricorrente di questi anni nella politica, nella cultura e, a caduta, fino ai condomini, alle famiglie, in cui la paura di vivere la crisi ha impedito che questa si trasformasse nell’opportunità di ripensare la convivenza.

Ma al netto di queste considerazioni di ordine generale, credo che ci siano dei picchi poetici straordinari nella produzione artistica, e penso anche ad artisti che ho incontrato al Terna come Gianni Moretti e Lucia Veronesi. E ancora istituzioni museali che contribuiscono con una potenza straordinaria alla costruzione di un pensiero presente, in un atto di ribellione concreta ai fondi che tremano, alla paura del futuro e alla necessità di compiacere il pubblico per fare cassa. Ma collezionisti illuminati che credono ad un’idea di «registrazione» del presente, senza condizioni che non siano l’autenticità della ricerca. Ecco, ciò che vedo, in ultima analisi, è uno stato di cose potenzialmente straordinario, sommerso e oscurato, però, da un pessimismo diffuso e, in un certo modo, rassicurante.

Premio Terna pubblicò, in una delle sue prime edizioni, una ricerca previsionale dello stato dell’arte dal 2010 al 2015. I risultati hanno aperto una finestra su quello che è agli effetti il panorama attuale. Tra questi, anche il fatto che la crisi avrebbe portato ad un superamento dell’assuefazione rispetto alle regole dominanti, oltre ad un maggiore impegno sociale dell’arte. È quello che sta accadendo davvero?

Credo che ci siano segnali interessanti, come ho già detto. Ma nello specifico, credo ci sia talvolta, un indugio eccessivo sull’estetica del disagio. Come se l’impegno sociale fosse, semplicemente, registrare l’indigenza, la marginalità e il conflitto. L’arte, dal mio punto di vista, deve partire dal dato di realtà, non soffermarsi su di esso.

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Ricordi la tua partecipazione al Premio Terna? Stavi lavorando ad un progetto in particolare?

Ho lavorato al progetto per il Premio Terna d’improvviso quando ho letto il tema e realizzato che era perfetto per un progetto che avevo in mente da tempo. Ho fatto tutto in tre giorni, e ho caricato il progetto poche ore prima della scadenza.

In quale direzione si è evoluta la tua ricerca più recente? Ci puoi anticipare progetti e prospettive future?

La mia ricerca si è spostata sull’asse del processo, nel tentativo di superare la produzione oggettiva come modo di relazione tra artista e audience. In particolare, la mia riflessione si muove sulla possibilità di rendere i progetti come piattaforme democratiche in cui la partecipazione determina il risultato, offrendo, a chi vuole vederli, vasti spazi di «occupabilità» spogli di giudizio, delimitati dalla sola dimensione poetica. Tutti sono paritariamente coinvolti, tutti paritariamente esposti al cambiamento.

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La tua formazione comprende anche studi musicali. In quale forma e in che misura questo tuo bagaglio culturale è presente nella tua produzione artistica?

Io credo che la musica abbia formato il mio linguaggio. Il modo in cui parlo, quello in cui penso. Tutto deve suonare, per me. Tutto deve avere un andamento. Ma allo stesso tempo credo che abbia dato origine da una parte ad alcune aree caratteriali: penso ad una certa disciplina dell’ascolto, o all’impeto e alla velocità con cui un’idea deve trasformarsi in un fatto concreto e, dall’altra parte ad una certa ossessione per il nuovo, per il superamento, un’ossessione che nasce dall’impossibilità fisico-numerica della musica a «dire», se non per macronarrazioni, qualcosa che non sia mai stato detto. Ma forse ci vorrebbero troppe pagine per chiarire ciò che intendo.

Cosa dovrebbe avere (che ancora non ha) l’Italia a sostegno della creatività per rendere il nostro paese sempre più competitivo a livello internazionale? E quale paese, su scala globale, ritieni sia il migliore da questo punto di vista?

Credo che da un punto di vista istituzionale, realizzare una fiscalità specifica per l’arte, sia nella direzione della gestione dell’attività dell’artista, sia in quella della riduzione degli oneri per i collezionisti, possa essere modo utile ad una maggiore circolazione delle idee. Insomma, se le istituzioni, comprendessero che il primo media di un artista, oggi, è il denaro, sarebbe un grande balzo in avanti. Perché sono convinto che il pensiero nuovo abiti nella sazietà.

Da un punto di vista più strettamente legato alla comunità artistica, credo che bisognerebbe iniziare a scrollarsi di dosso un certo pessimismo, un certo rancore verso chi corre più veloce, una certa diffidenza verso chi ce la fa. Superare, in ultimo, quel fare per cui essere incompresi diventa rassicurante, ed essere sconfitti quasi la certificazione della propria purezza.

Insomma, essere Artisti significa soprattutto – dal mio punto di vista – assumersi la responsabilità individuale e collettiva di produrre il nuovo, consapevoli del fatto che l’estetica del presente è nelle nostre mani e che ciascuno di noi forma un organismo vivente che è la somma di quel che facciamo. Un organismo vivente che è il contemporaneo e che deve avere la forza di influenzare chi domani osserverà il nostro tempo, dal suo.

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Cosa ha rappresentato, e cosa rappresenta oggi per un artista il Premio Terna nel panorama Italiano e in quello internazionale?

Il Terna è una rara eccellenza nel panorama italiano, e tra le più interessanti vetrine internazionali. Un’eccellenza determinata, sopra ogni cosa, dalla qualità curatoriale e, a cascata, da un’organizzazione impeccabile che, dall’allestimento alla logistica, mette gli artisti in una condizione di grande serenità.

Terna è un’azienda che si occupa di trasmettere energia al Paese. Il suo impegno con Premio Terna si focalizza sulla trasmissione di energia all’arte e alla cultura e nella creazione di una rete di sostegno e sviluppo del talento. Ritieni la formula del Premio Terna ancora attuale per la promozione dell’arte? Hai qualche suggerimento da dare per la prossima edizione?

Credo che il Premio sia decisamente attuale. Soprattutto se penso alla presenza nel comitato di selezione dei più interessanti collezionisti italiani. Una scelta che offre una doppia opportunità agli artisti. L’unico consiglio che mi viene da offrire è rendere più elastica la piattaforma web sulla quale si caricano i lavori. Ma credo che a questo stiano già lavorando.

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Immagini
(cover – 1) Gianluca Vassallo, Next,2013, Premio Terna  (01, 02) Gianluca Vassallo, DentroInside Site Specific per il Mart, © Gianluca Vassallo.  (04, 05, 06) Gianluca Vassallo, B Side: Venice, Premio VAF 07, 08 Privato, Man Nuoro, © Gianluca Vassallo (10, 11, 12) Gianluca Vassallo, Profile Schauwerk Museum, Sindelfingen, © Gianluca Vassallo (13) Gianluca Vassallo, Free Portrait a Cura di Peter Weiermair, in progress, New York, © Alex Kroke (14, 15) Gianluca Vassallo, Free Portrait a Cura di Peter Weiermair, in progress, New York, © Gianluca Vassallo.


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