La Saatchi Art Gallery si unisce con Google + e assieme indicono il «Motion Photography Prize», premio destinato alla migliore fotografia in movimento, ovvero alla migliore gif, un formato sempre più parte del cosiddetto contemporaneo di avanguardia. Alcune gif sono state vendute con successo ad Unpainted, recente fiera interamente dedicata all’arte digitale che ha riunito specialisti di tutto il mondo nella città tedesca di Monaco.
Accanto ad un prevedibile ritorno del collezionismo alla necessità di quella sicurezza che sembra produrre la fisicità di un’opera, sembra prendere sempre più piede, per quanto titubante, un processo di naturalizzazione del digitale come materia.
Similmente, tecnologie di distribuzione effimere, quali la «Public Cloud» conquistano una loro fisicità quando materializzate nei panni dell’economia e della finanza che producono. In un momento in cui arte, cultura, discipline, si muovono tutte nel flusso del tutto, anche aziende e istituzioni di cultura cercano, oltre ad attività di sponsorizzazione, di trovare un linguaggio comune per una mutua crescita.
Così è accaduto con l’accordo che la Saatchi Gallery ha stipulato con Google + . La Saatchi ha espanso e attualizzato la sua attività di apertura all’arte nella sezione dedicata online e Google + ha rivelato (e quindi pubblicizzato), con l’occasione, Motion, il suo ultimo programma che permette di animare automaticamente immagini fisse. Chiunque può accedere a questo strumento; chiunque è abilitato ad entrare in gara.
Google + dichiara le sue intenzioni di «mettere in grado chiunque abbia uno smart phone o una macchina fotografica, di raccontare la propria storia in nuove formule creative, e di essere così parte della vetrina della Saatchi Gallery».
Questa dichiarazione di Google + rimbalza all’arte la questione legata alla qualità e alle mille sfaccettature che hanno rimesso in questione il termine e il significato stesso di arte e del ruolo delle istituzioni che, presentandole, le qualificano nella storia e nel mercato. Chiamati nella giuria di questo premio ci sono artisti del calibro del regista Baz Luhrmann e della fotografa Cindy Sherman, ormai riconosciuti internazionalmente, che certamente rassicurano sulla qualità della scelta.
Un’altra, diversa, realtà londinese, la Serpentine Gallery, ha avviato un accordo con HP per aprire, attraverso la Public Cloud alla partecipazione digitale della comunità del network. Questo è avvenuto con l’occasione dell’ «89plus Marathon», la maratona che contraddistingue la sua programmazione annuale e che anche quest’anno ha coinvolto, nell’arco di 48 ore, gli intellettuali più influenti al mondo per confrontarsi con artisti nati non oltre il 1989.
Saatchi Gallery e Serpentine hanno stipulato due accordi che si sono ritrovati in due diversi modi di mettere in gioco le tecnologie, ognuno il più adatto alla propria missione: la Saatchi aprendo le porte ad artisti giovani e possibilmente anche non specializzati; la Serpentine mettendo a disposizione le sue risorse e attività consolidate dal controllo di un comitato scientifico, ad un pubblico sempre più ampio, da raggiungere oltre i confini geografici.
E’ interessante da questo confronto osservare come l’intreccio tra impresa a cultura sia in questo momento un’attrattiva e una necessità sempre crescenti. Oltre alle numerose formule di sponsorizzazione di eventi culturali, sembra emergere anche un movimento contrario che porta l’arte all’interno degli spazi e dei contenuti delle aziende. E’ il caso questo di Nomos Ricerche a Roma, una società che si distacca da INAREA, noto punto riferimento per la definizione di brand italiani.
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Da un anno a questa parte Nomos porta avanti un nuovo progetto, il de packaging design, una piattaforma di ricerca e cultura che nasce da un approccio imprenditoriale rivolto a favorire e a creare scambi tra arte e impresa che abbiano inizio nella formazione interna dell’azienda. Verso lo spazio interno, Proiezioni dal silenzio e i I sapori del dono, con opere rispettivamente di Antonio Pace, di Michele Stallo e Hadeel Azeez, e di Antonia Ciampi (ora in in mostra negli spazi degli uffici), sono le tre mostre e la serie di opere appositamente pensate che hanno scandito, dal gennaio 2013 ad oggi, il primo momento del progetto, inteso come modo nuovo di affrontare alcune delle tematiche fondamentali di un‘impresa: ricerca, progettazione e dono.
Nell’ibridazione dei linguaggi, nella presenza sempre più importante del digitale, negli usi del quotidiano ma anche nella loro incarnazione aziendale, bisogna tener conto dell’ibridazione tra azienda e cultura, due realtà da sempre attive su piani paralleli, che oggi hanno bisogno di trovare dei punti di contatto per operare su di un terreno comune. Questo può avvenire costruendo nuovi codici linguistici che poggiano le basi sui parametri nascenti di un mondo, di una dimensione, ancora tutta da alfabetizzare.
Immagini
(1 cover – 3) Simon McCheung, An Underwater Spell (2) Miguel Chevalier, Pixels Wave / 8 Ties Hermès, 2012, Courtesy UNPAINTED, © Miguel Chevalier. (3) Depackaging design, video realizzato da Romano Marini per Nomos Ricerche, 2014.