Anita Calà ci racconta di VILLAM, un progetto artistico rivoluzionario che nasce dall’urgenza di trovare nuove direzioni creative che necessariamente corrispondono a nuovi slittamenti delle tradizionali dinamiche del sistema dell’arte. In questo caso un modo di creare che corrisponde con un modo di agire esteso a collaborazioni e sinergie, in una direzione tutta esperienziale e sempre in fieri. La quarta tappa di questo viaggio è ora in corso alla Reggia di Caserta con la mostra Relazioni estetiche.
E.G. Rossi: Come si è evoluto VILLAM nel corso di queste quattro edizioni? Possiamo tornare indietro alla sua nascita per poi accelerare e arrivare al progetto di Caserta?
Anita Calà: Villam è un percorso.
L’ho sempre immaginato più come un viaggio che come un progetto, e come ogni esperienza di partenza per un posto nuovo, ad ogni tappa si aggiungono elementi nuovi derivanti da persone che si incontrano.
Gli eventi passati e quello ora in corso alla Reggia di Caserta ,sono ognuno la prova generale per quello che verrà dopo. Sono studiati in ogni minimo dettaglio. Nulla è lasciato al caso, più che eventi fini a loro stessi, nascono per creare collegamenti tra le persone che ne fanno parte.
Per il primo progetto a marzo 2018 ho voluto fortemente Filippo Berta, uno tra gli artisti più potenti della nostra generazione , che più rappresenta e mette in discussione il genere umano e le sue fragilità e costruzioni, non a caso abbiamo scelto la sua performance A nostra immagine e somiglianza, un evento che ha coinvolto lo spettatore fisicamente ed emotivamente. Da quel giorno, la maggior parte delle persone che hanno aderito alla performance e che non si conoscevano, hanno avuto qualcosa che le legava. Molti di loro hanno stretto amicizia. Non è stata solo una bella serata di arte e condivisione, si è creato un punto di partenza per un viaggio di gruppo.
Stesso discorso per l’ultimo evento alla Reggia di Caserta. Per me è come se fosse stato un debutto in società, la prova generale aperta al pubblico, come succede a teatro. È stato un sunto dei percorsi precedenti, ed un nuovo inizio di viaggio. Ho deciso a tavolino questa partenza così complicata, una vera sfida con un gigante così imponente come la Reggia di Caserta e il coinvolgimento di artisti così importanti. VILLAM è basata tutta sulla partecipazione di alleanze giuste; solo tramite le difficoltà è possibile capire chi sarà realmente al tuo fianco.
Proprio perché vedo questo progetto come un percorso, non ho la visione di singoli eventi. Per spiegare con una metaforauserei una pallina di neve che come nei cartoni animati, corre lungo una scarpata e man mano si riempie di altra neve e diventa un gigantesco masso che non lo ferma più nessuno. La vera forza è l’unione.
Tu nasci come artista e porti avanti questo progetto come tale, curando tutti gli aspetti, anche organizzativi. Come ti definisci in questo nuovo modo di fare arte?
Sono la colla, l’incastro dei pezzi del puzzle.
Le mie opere alla fine, sono solo il mezzo per arrivare all’esperienza vissuta da me e dalle persone che ho sempre coinvolto nello svolgimento prima di arrivare al lavoro finito. VILLAM è l’evoluzione della mia ricerca, è la mia opera in progress.
Non ho mai concepito l’arte come oggetto d’arredo, piuttosto, come missione dell’artista per smuovere ed evolvere le persone, lo scambio che avviene quando ci si incontra tra diverse teste ma con gli stessi obiettivi è inevitabilmente costruttivo.
Nel tempo ho ricercato sempre il modo di togliere il più possibile il visibile dal mio lavoro, lasciando più spazio alla percezione che scaturiva dal fruitore.
Con VILLAM voglio dare il “LA” per poi osservare passo passo come si svolgerà la sinfonia.
La continuità e la concatenazione delle esperienze di VILLAM in una loro crescita in un unico organismo pulsante, alla 4a edizione è percepibile. Partendo dall’idea che questo modo di operare relazionale è parte di un processo creativo e si tratta di un’azione relazionale all’ennesima potenza, suscettibile e suggestiva, estesa nello spazio e nel tempo – come l’hai definita in un’intervista a Jasmine Pignatelli per “Segno ”,( 26 marzo,2018), come ti poni di fronte alla documentazione e conservazione del lavoro?
Abbiamo la grande fortuna di vivere in un’epoca dove tutto quello che succede viene documentato, i social, il web sono un dono meraviglioso, non condivido chi mette alla gogna questo strumento potentissimo. Credo sia una sorta di selezione naturale, dato che tutti possono usarlo, solo quello che vale veramente non si perderà nel tempo, inghiottito dalle mille informazioni che arrivano ogni giorno.
Credo nella rete che si crea tramite il passa parola tecnologico, nelle immagini fatte a raffica durante un evento con i cellulari, nelle chat comuni che si fanno mentre si è in preparazione di un progetto, nelle condivisioni degli eventi sui social.
La documentazione è cambiata, i cataloghi sono bellissimi , ma sono in via di superamento. Per me, l’importante è lasciare un’esperienza a chi è coinvolto, niente è più forte del vissuto.
Come è cambiato il sistema dell’arte da quando hai iniziato a lavorare ad oggi? Quali credi debbano essere i ruoli da mettere in gioco in un sistema dell’arte potenzialmente rigenerato?
Le cose nel tempo inevitabilmente cambiano, anche se poi da mia esperienza personale suddividerei in due, le categorie del sistema arte. Nella prima fanno parte quelli che si adagiano ad un regime un po’ stanco , composto da galleria, curatore , artista , fiera, collezionista.
Dove i cambiamenti negli anni sono impercettibili , e dove difficilmente c’è voglia di cambiamento e di rinnovamento. Gli artisti cercano i consensi del curatore che a sua volta li cerca nella galleria che a sua volta lo cerca nel collezionista.
Un sistema rispettabilissimo, ma che allo stesso tempo spacca in due fazioni : le gallerie e fiere potenti con artiststar , e l’altro con gallerie che sopravvivono con artisti che accontentano piccoli collezionisti.
L’altra categoria è quella in movimento, gruppi di persone del settore, che scambiano ruoli , scambiano idee di rivoluzione ed evoluzione, piccole e grandi realtà che creano un sistema parallelo .
Senza rischio non c’è avanzamento.
Hai definitivo VILLAM in molti modi [tutti parte di un’idea chiaramente molto coerente ma che ogni volta hanno posto l’accento su un aspetto diverso di un tutto]: una filosofia, una strategia, un nuovo approccio all’arte contemporanea, una rete in espansione. In ogni occasione, che sia nell’ambito di un comunicato o di un’intervista, la sua definizione si è arricchita di aggettivi, la sua direzione si è estesa in altre direzioni, proprio come un essere che cresce e che acquisisce una sua personalità. Cosa aggiungeresti [se aggiungeresti qualcosa] dopo l’esperienza alla Reggia di Caserta?
Che questo è solo l’inizio!
Relazioni estetiche, a cura di Massimo Scaringella con VILLAM, Reggia di Caserta, 10.11 – 20.12.2018
immagini: (cover 1) Stefano Cagol, «TBOE», Reggia di Caserta, photo: Stefano Cagol (2) Filippo Berta, performance, centro giovani, I Municipio, photo: Marco Anzaldi (3) Carlo Bernardini, «Spazio Permeabile», 2005, «Catalizzatore di Luce», 2005 e «Accumulatore di Luce», 2005, acciaio inox e fibre ottiche-2, photo: Marco Anzaldi (4) Moneyless, «Senza titolo», 2018, Fili di lana e filo da pesca, photo: Marco Anzaldi (5) Quiet Ensemble, «Nesxt Torino», progetto Allodola, photo: Anita Calà (6) Goldschmied & Chiari, «Untitled View», 2018, stampa su specchio e vetro,115×150 cm (7) Shay Frisch, «Campo 4464_B», 2012-18 Componenti elettrici. Photo: Shay Frisch (8) Anita Calà, foto ritratto