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Isola & Norzi, IsolaNorzi – Fall, Fotografia tradizionale, 126 x 100 cm, Premio Terna 02 (Connectivity)
Hilario Isola e Matteo Norzi sono un duo artistico torinese, classe 1976, che dal 2003 ha unito interessi comuni e differenti specializzazioni – Norzi in Architettura ed Isola in Museologia e Storia dell’arte – nella realizzazione di progetti artistici, spesso tradotti in sculture e grandi installazioni site specific. La ricerca del duo si focalizza sulla distanza tra uomo e natura, sul lato poetico che la riflessione sui mondi possibili offre, e sul fascino che unire due punti di vista differenti in un unico approccio per dare forma ad un’intuizione comporta. «Ci interessa fare incontrare lo spettatore e l’opera sulla medesima dimensione – sostengono i due artisti – , in modo che tra essi non vi sia una distanza di sicurezza, ma un campo di tensione». L’obiettivo del loro lavoro è arrivare ad innescare un dialogo inaspettato, anche attraverso l’interazione e la mediazione – in termini di linguaggio – tra professionisti di diversa formazione, come biologi, architetti, storici, musicisti etc. Attraverso sculture, installazioni, performance, lectures, la sfida di Isola e Norzi è cercare di rendere il contesto – predominante in ogni progetto artistico – un luogo di avvistamento e di sperimentazione. Se pure il duo continua il suo percorso di ricerca assieme, i due artisti si sono recentemente impegnati anche su progetti individuali: Matteo Norzi in ambito cinematografico, e Hilario Isola in ambito artistico.
Numerose le istituzioni nazionali e internazionali che hanno ospitato i loro lavori, tra cui Fondazione Giorgio e Isa de Chirico (Roma, 2013), GAM (Torino, 2012), Museion (Bolzano, 2012 / 2011), Ambasciata Italiana (Berlino, 2012), NuMu Nuevo Museo de Arte Contemporaneo (Città del Guatemala, 2012), Museo di Scienze Naturali (Torino, 2012), Castello di Rivoli (Torino, 2011), Musée National Monaco (Principato di Monaco, 2011), Fondazione Bevilacqua La Masa (Venezia, 2010), New York Aquarium a Coney Island (New York, 2010), David Roberts Art Foundation (Londra, 2010), Queen’s Nail Project (San Francisco, 2009), Exhibition 211 (New York, 2009), ISCP (Brooklyn, 2009), Museum der Dinge (Berlino, 2008), Urban Planning Exhibition Center (Shanghai, 2008)China National Academy of Painting (Beijing, 2008). Oltre al Premio Terna nel 2009 hanno vinto nello stesso anno il Premio Movin’ Up, mentre nel 2008 si sono aggiudicati il Talent Prize e il Premio Cairo, e nel 2010 il premio newyorkese Art in General. Numerose le residenze d’artista a cui hanno partecipato, dalle prime alla Fondazione Spinola Banna di Biella, al LMCC Workspace Residency Program 20° New York, fino a quella in California, a Sausalito.
IsolaNorzi-Fall, opera tra le vincitrici del Premio Terna 02 nella categoria Connectivity, è la still di un lavoro auto-generativo. Senza inizio e senza fine. È un lavoro sulla fragilità, sulla vita e sul suo declino. «L’idea è quella di andare oltre riflessioni sul genere umano e sulla natura, sulla transitività e la circolarità, ed esprimere un senso di inevitabilità. L’autunno forzato di questa pianta sempreverde è come la cacciata dal giardino dell’Eden (Isola e Norzi)». All’intervista ha risposto Hilario Isola che ha raccontato dei progetti realizzati in duo così come del percorso individuale che sta attualmente intraprendendo.
Quale è lo stato dell’arte oggi in Italia? Quale è il ruolo dell’artista nel sistema attuale dell’arte e della società?
Mi sembra che, in generale, lo stato dell’arte in Italia, se parliamo del «sistema dell’arte», dall’informazione al sostegno degli artisti, sia messo molto male. E’ difficile stabilire quale debba essere il ruolo dell’artista nel sistema attuale dell’arte e della società. Penso di poter dire, però, che il suo ruolo al momento è molto in ombra, sfocato rispetto ad altri, come, per esempio, quello del gallerista, del curatore o del collezionista. La figura dell’artista scompare dietro alla macchina della comunicazione, degli eventi, dell’economia, del mercato, dei meccanismi curatoriali. L’artista deve riconquistare un ruolo di maggiore indipendenza rispetto a tutte queste dinamiche ed assumere un ruolo più specifico e visibile.
Premio Terna pubblicò, in una delle sue prime edizioni, una ricerca previsionale dello stato dell’arte dal 2010 al 2015. I risultati hanno aperto una finestra su quello che è agli effetti il panorama attuale. Tra questi, anche il fatto che la crisi avrebbe portato ad un superamento dell’assuefazione rispetto alle regole dominanti, oltre ad un maggiore impegno sociale dell’arte. E’ quello che sta accadendo davvero?
Devo dire che mi interessa molto poco l’arte politica e sociale, perché la trovo sempre molto fuori luogo e molto demagogica, spesso anche vintage, nel senso di passata, un po’ poco concreta. Per quello che mi riguarda, il pubblico mi interessa nei limiti del gioco di empatia e di interferenza con lo sguardo dello spettatore che le opere intendono instaurare.
Ricordi la tua partecipazione al Premio Terna? Stavi lavorando ad un progetto in particolare?
Si ricordo bene. Stavamo lavorando al progetto con il quale abbiamo poi partecipato al Premio.
In quale direzione si è evoluta la tua ricerca più recente? Ci puoi anticipare progetti e prospettive future?
Attualmente io e Matteo stiamo lavorando individualmente e, parallelamente, portiamo avanti alcuni progetti di ricerca assieme. Per quanto mi riguarda, nella ricerca più recente, mi interessa il tema del paesaggio non più tanto nel suo rapporto tra naturale e artificiale quanto nella sua dimensione interiore. Lavoro ad una serie di disegni e sculture, opere per sondare i vari aspetti del paesaggio del mio inconscio personale. I disegni di grandi dimensioni sono visioni effettive dell’opera legati agli aspetti della luce, paesaggi notturni, illuminazioni di spazi inconsci.
Le vostre formazioni ed esperienze si incontrano in una produzione e riflessione sulle tecniche e sullo spazio che avete esteso anche al mondo sottomarino. Come dovrebbero cambiare i musei, in termini burocratici ma anche spaziali, per ospitare lavori di arte contemporanea di natura [e di tecnica] sempre più ibrida?
Per quanto riguarda la mia formazione questo è stato per me un tema di interesse centrale fin dagli inizi. Mi sono laureato in museologia con una tesi che trattava proprio delle prospettive dello spazio in relazione alle nuove dimensioni espositive. La mia tesi era rivolta a sviluppare la figura di alcuni artisti protagonisti del cambiamento dello spazio e a capire le conseguenze del loro lavoro su di un piano critico e istituzionale, ovvero l’ impatto che hanno avuto sull’ ampliamento delle potenzialità spaziali ed espositive. I land artists ne siano un esempio in questione. È uno studio che ho continuato a sviluppare con interesse sia didattico-letterario, sia artistico, inglobandolo all’interno del mio operare.
Faccio un esempio: un’opera che ho esposto alla Fondazione Sandretto, Coltivazioni di paesaggio, è una stampa antica di fine Ottocento che per sette anni ho dislocato in diversi spazi che avevano delle condizioni di umidità altissima, favorevoli, quindi, alla proliferazione di muffe. La stampa rappresenta un paesaggio bucolico, inglese, molto edulcorato, borghese. L’idea è quella di creare un paesaggio vivo: diverse colonie di muffe prendono il sopravvento all’interno di questi spazi. La stampa inizia a ricoprirsi di diversi strati di muffe colorate, interagendo col paesaggio sottostante. L’idea era quella non solo di esporre, ma di comunicare spazi poco accessibili, molto vicini alla sfera interiore. Sono convinto che dentro di noi, nel nostro inconscio, nella nostra mente, ci siano spazi molto analoghi che frequentiamo poco. Il mio progetto è quello di riuscire a buttare delle sonde dentro questi spazi, aiutare il pubblico ad avvicinarsi, a percepirli come vicini, come riflessi di noi stessi. Sto facendo un’operazione di dislocamento anche psicologico. Lavoro a mostre realizzate in spazi diversi, gallerie, ma anche spazi sconosciuti, per capire come le opere si sviluppano in condizioni diverse.
In questo momento mi interessa in particolar modo il mondo sub-terraneo, che ha a che fare con questa idea di scavo, di ricerca. Forse una delle cose più positive del sistema dell’arte contemporanea, a livello mondiale, è quella di riuscire veramente ad aprirsi e a non istituzionalizzarsi. Sì, è vero, si stanno costruendo grandi cattedrali di archistar, musei incredibili, mausolei. Parallelamente, però, eventi come Documenta e diverse altre mostre, stanno manifestando un’attenzione crescente verso il tentativo di conquistare una visione dell’arte all’interno di nuovi contesti.
La ricerca che porto avanti con Matteo ha sempre un’attenzione molto forte verso nuovi modi di ampliare la ricezione dell’opera rispetto alle sue caratteristiche spaziali. Assieme abbiamo fatto diversi lavori individuando prima lo spazio, e poi realizzando un’opera site-specific. Per esempio nel progetto subacqueo, volevamo esprimere delle idee acquatiche e il posto perfetto non era il museo tradizionale ma l’acquario. Abbiamo cercato di lavorare in maniera site-specific in spazi che facessero da eco alle nostre idee. Attualmente, nel mio lavoro, sto portando questo aspetto della nostra ricerca all’estremo: non vorrei far tanto delle opere site-specific, vorrei esser io stesso influenzato dallo spazio lasciando che questo mi attraversi.
Secondo me Coltivazione di paesaggio è interessante perché significa fare di un luogo anomalo il proprio laboratorio, creare il colore. Questo paesaggio ha dei neri, dei gialli, dei verdi e ogni colore, ogni colonia di muffe corrisponde a un luogo. Dei luoghi come se fossero dei barattoli di colore aperti, o dove uno può ritrovare dei pezzi del quadro. Per quanto mi riguarda, in un certo senso è un’opera di land art. Sto lavorando a quest’opera da sette anni, spostandola da una parte all’altra ed è diventata per me una sorta di compagno.
Cosa ha rappresentato, e cosa rappresenta oggi per un artista il Premio Terna nel panorama Italiano e in quello internazionale?
Agli artisti selezionati e premiati il Premio Terna offre sicuramente una buona visibilità, permettendo in qualche modo l’accesso ad una dimensione di scambio culturale internazionale.
Cosa dovrebbe avere (che ancora non ha) l’Italia a sostegno della creatività per rendere il nostro paese sempre più competitivo a livello internazionale? E quale paese, su scala globale, ritieni sia il migliore da questo punto di vista?
Parlarne sarebbe troppo lungo, quindi preferirei non rispondere per non limitarmi a dire le solite cose. Quello che certamente manca all’Italia è il sostegno alla ricerca e alla produzione dei lavori degli artisti, aspetti importanti perché questi, e l’arte tutta, possano raggiungere un livello competitivo sulla scena internazionale.
Terna è un’azienda che si occupa di trasmettere energia al Paese. Il suo impegno con Premio Terna si focalizza sulla trasmissione di energia all’arte e alla cultura e nella creazione di una rete di sostegno e sviluppo del talento. Ritieni la formula del Premio Terna ancora attuale per la promozione dell’arte? Hai qualche suggerimento da dare per la prossima edizione?
Adesso ci sono tanti premi in Italia, fin troppi. Siamo un paese dove ci sono più premi che reale sostegno per la produzione, che è poi il vero problema degli artisti di oggi. Io ho vinto molte residenze prestigiose e sicuramente utili, ma soprattutto all’estero. Per quello che riguarda la residenza sarebbe utile poter avere dei finanziamenti per produrre ricerca. È urgente che i premi si trasformino in premi meno consacrativi e più direzionati a facilitare il lavoro dell’artista all’interno del proprio fare. Quello che manca è produrre arte, che è l’ossigeno dell’artista. I galleristi sono senza soldi, così come lo sono i musei. Secondo me aziende come Terna dovrebbero spendere meno nella parte celebrativa della notorietà e del premio stesso e investire di più nella sponsorizzazione e nel sostegno della produzione e dell’esposizione di progetti da loro finanziati.