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Home exhibitions

La luce della Malesia, sotto il segno della fragilità

Antonello Tolve by Antonello Tolve
09/07/2019
in exhibitions, Focus
La luce della Malesia, sotto il segno della fragilità

Tra i progetti proposti nell’ambito della 58. Esposizione Internazionale d’Arte la Biennale di Venezia, Holding up a Mirror, il Padiglione Malesia curato da Lim Wei-Ling (si tratta della prima partecipazione malesiana alla Biennale), rappresenta uno degli habitat più salubri per chi ha voglia di respirare una buona quantità – e una buona qualità – d’aria creativa. Organizzato a Palazzo Malipiero (in Campo San Samuele, San Marco 3198), e aperto al pubblico fino al prossimo 24 novembre, questo entusiasmante progetto pone al centro dell’attenzione la fragilità della vita, l’insicurezza di una modernità in polvere, il delicato e pungente legame di continuità che si instaura costantemente tra un passato da preservare, un presente incerto in cui lavorare e un futuro a cui ambire con la speranza di costruire brillanti scenari culturali.

Dopo un’anticamera in cui è possibile assorbire l’assunto teorico dell’esposizione, ad accoglie lo spettatore con una forza antologica capace di delineare una potente centralità e di disegnare una elegante unità, è il lavoro di H.H. Lim, attorno a cui ruota tutto il padiglione. Qui, se lungo il lato destro della sala corrono tre video storici – Red Room (2004), Patience (2002) e Enter The Parallel world (2001-2006) – che sottolineano un modus operandi plasmato sul filo tagliente dell’equilibrio e lungo quella sinistra è possibile gustare, tra l’altro, La via del falò divino (2017), video della performance organizzata a Novoli, al centro dell’ambiente troviamo una imponente installazione site specific (Four Seasons, 2019) composta da una lavagna bianca su cui si sommano esperienze quotidiane e un raggruppamento di sedie che indicano il punto di vista privilegiato da cui partire per guardare il mondo.

Nelle sale laterali (due a sinistra e una a destra), come satelliti che ruotano attorno a un pianeta Lim – il titolo dell’intero percorso organizzato da Lim è Time Frame – il cui potere d’attrazione ha la capacità di riflettere sulle sollecitazioni provenienti da qualsiasi campo del sapere umano, troviamo tre installazioni firmate da Anurendra Jegadeva, Ivan Lam e Zulkifli Yusoff.

Kebun Pak Awang (2010) di Zulkifli Yusoff è, di questo itinerario, un avvolgente progetto ligneo che richiama alla memoria l’omonimo programma radiofonico degli anni Settanta, periodo in cui la Malaysia ebbe una importante crescita economica (determinata da una industrializzazione della agricoltura) pur mostrando, sempre e inevitabilmente, il volto indimenticabile della tradizione. Segue, poi, Yesterday in a Padded Room (2015) con cui Anurendra Jegadeva concepisce uno spazio carico di immagini al centro del quale due sedie in cristallo non invitano alla seduta ma piuttosto alla sospensione di giudizio di fronte ai fatti e alle figure che illustrano la vertigine del presente.

Con i suoi 19 televisori che proiettano film e non permettono la visione allo spettatore perché rigirati a muro, One Inch (2019) di Ivan Lam presenta dal canto suo un nuovo oscurantismo, un silenzio della mente, un brusio che ottunde la ragione.

«Mi sono sempre chiesta il motivo per cui il mio paese non fosse mai stato rappresentato all’interno della maggiore piattaforma artistica internazionale ed è sempre stata una mia grande ambizione la possibilità di poter guidare il primo Padiglione Nazionale», avverte la curatrice e direttrice del progetto. «Così ho deciso di chiedere all’onorevole Primo Ministro la sua benedizione per portare avanti questo progetto e mi ha fatto molto piacere sapere di condividere con lui lo stesso desiderio di elevare l’arte malese all’arena internazionale.

Durante la fase di selezione degli artisti è stato molto importante pensare di poter lavorare con dei professionisti in grado di raccogliere la sfida che avevamo di fronte e proporre delle opere stimolanti che meglio potessero rappresentare l’arte contemporanea della Malaysia di oggi».


Padiglione Malesia: Holding up a Mirror, a cura di Lim Wei-Ling. Commissario: Professor Dato’ Dr. Mohamed Najib Dawa, Director General of Balai Seni Negara (National Art Gallery of Malaysia), Ministry of Tourism, Arts and Culture of Malaysia.
Artisti: Anurendra Jegadeva, H.H.Lim, Ivan Lam, Zulkifli Yusoff.
Palazzo Malipiero, San Marco 3198, Biennale di Venezia, 2019, 11.05 – 24.11.2019

immagini: (cover 1) H.H.Lim, «Patience 2», 2004, performance and installation, Centre Régional d’Art Contemporain, Sète, France (2) H.H. Lim, «Red Room», 2004,  performance, Villa Arson, Nice (3) H.H. Lim, «Four seasons», 2019, detail (5) Zulkifli Yusoff, «Kebun Pak Awang», 2010, wood Resin Aluminium Acrylic, variable dimensions, courtesy Zulkifli Yusoff (6)by Ivan Lam,« One Inch», 2019 (7) MALESIA Pavillon, entrance.

 

Tags: Antonello TolveBIennale di VeneziaexhibitionLim Wei-LingMalaysia PavillonPadiglione MalesiaVenice Biennial
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