TED x Roma quest’anno è un Carosello Mediterraneo con tre carriere, i giri delle giostre medievali: dalla staticità al movimento; dalla tradizione alla modernità; dalle differenze alla ricchezza. Nessun riferimento a politica e religione, e dodici minuti al massimo per ogni intervento, questi gli unici limiti a cui i relatori hanno dovuto attenersi. Ma in maniera significativa, a pochi giorni dall’attentato al Museo del Bardo, la scaletta è stata rivista e il primo talk è stato quello di Alia Mahmoud, direttrice del Microsoft Innovation Center, nata a New York e tornata in Tunisia per dare il suo contributo all’indomani della rivoluzione.
Come significativi sono stati gli interventi di Chloe Teevan, organizzatrice del D-CAF (Downtown Contemporary Art Festival del Cairo) cresciuta in Irlanda ma tornata in Egitto ad organizzare eventi culturali con lo stesso intento di Alia; e di Mouhannad Malek, ricercatore di Cambridge e fondatore di Syrian Researchers, iniziativa che promuove la diffusione della scienza nel mondo arabo. Ed è proprio questo l’orientamento che prevale tra gli intellettuali di cultura araba, intervenire nel tessuto dei rispettivi paesi di provenienza attraverso un apporto di conoscenza, nulla di più politico di un gesto estetico e culturale. Così del resto si cambia il mondo, con le parole, la coscienza e la bellezza.
Per Francesco Vezzoli, ad esempio, il suo stesso processo artistico è metafora del Mediterraneo, e l’unico modo di affrontare la modernità pare essere un aggancio alla tradizione per trasformarla in presente, come gli interventi cromatici su busti classici acquistati all’asta, realizzati in collaborazione con un team di archeologi ed esposti di recente al MOMA PS1. Mentre per la designer israeliana Ilana Efrati le stoffe dei suoi spolverini doubleface sono il luogo in cui si incontrano le due anime mediterranee: la terra/texture del bosco da una parte, il mare/blu dall’altra.
E il Mediterraneo pare essere, oggi come ieri, crocevia intellettuale e artistico in cui si svolgono i destini del mondo, culla dell’umanità intera e per questo condensato di conflitti e contraddizioni. TED ha voluto metterne in luce le idee positive, quelle che da millenni convivono con le ombre, e gettano ogni volta più avanti le frontiere mobili del pensiero. Così Defne Koryürek, Slow Food International Councillor per la Turchia, ci racconta delle meraviglie di Istanbul, usando come parallelo un pesce che ha cinque nomi; Jean-Pierre Darnis, docente all’Università di Nizza, descrive le frontiere come luoghi immaginati, in cui non cambia la geografia, non cambia la genetica, ma solo l’idea di un luogo e di chi lo vive. E addirittura i confini individuati come naturali, le montagne, piuttosto che dividere possono divenire un ponte di collegamento tra popoli, come sostiene Angelo Bellobono, artista ma anche allenatore di sci. C’è poi addirittura chi, come Antonios Vavouliotis, scienziato aereospaziale greco, sogna lo spazio come superamento dei confini terrestri.
Persino gli scarti nel Mediterraneo sono preziosi, ce lo spiega Enrica Arena, co-founder di Orange Fiber, startup che punta sulla sostenibilità attraverso la trasformazione delle bucce di arancia in un tessuto simile alla seta. E la green economy è anche il campo di ricerca di Nasma Bouchelkia, ingegnere chimico e fondatrice di SmellNat, startup algerina che punta allo zero waste grazie a un innovativo processo di riconversione dei rifiuti in energia.
E allora, su una logica a inverter, in cui il lato oscuro della vita, in tutte le sue manifestazioni, diviene risorsa da cui trarre slancio e idee nuove, anche i virus, come ci insegna Luigi Naldini, possono essere addomesticati e usati come farmaci. E cita l’iscrizione sul tempio di Apollo a Delfi il grande scienziato, ΓΝΩΘΙΣΑΥΤΟΝ, «Conosci te stesso», come monito da non dimenticare mai. Soltanto così del resto è possibile incontrare Dioniso e alimentarsi della sua energia creativa. «Crazy is the better» afferma David Munir Nabti, CEO di Altcity.me, solo avere un «aim for the stars» può condurre a idee e risultati nuovi. In una visione più umana però, che non vede l’uomo come una macchina, ci esorta Jesus Vega, perché «Fun is the key of success». Le parti del cervello più creative sono quelle che si attivano con il relax, «life is short, play more». E bisogna credergli, se riesce ad essere responsabile di marchi di moda come Zara, Stradivarius, Massimo Dutti e collaborare con le più prestigiose compagnie e istituzioni del mondo, stemperando lo stress da lupo di Wall Street nella dolcezza di una siesta mediterranea.