Le imponenti sale del piano nobile del Palazzo delle Esposizioni di Roma ospitano la 16° Quadriennale capitolina, in scena fino al 8 Gennaio 2017. «Altri tempi, altri miti» è il suo leitmotiv, rispondente all’interessante ideazione per la quale 11 dei maggiori curatori under 50 presentano 10 progetti espositivi diversi, per un totale di 99 artisti. Una pluralità di voci, artistiche e curatoriali, che sottende al concetto di differenza, ma rende più fitto il dialogo tra le varie realtà contemporanee, e più intenso lo scambio con i fruitori, così da offrire il più ampio panorama della situazione dell’arte italiana.
Simone Frangi cura “Orestiade italiana”. A partire dagli omonimi Appunti di Pier Paolo Pasolini emergono parole chiave come identità, allegoria, categoria, differenza; indagando l’invenzione dell’altro e le contrapposizioni di concetti come centro e margine, vinti e vincitori. L’attualità delle migrazioni contemporanee è il nucleo forte del progetto: un catalogo di temi geopolitici, un flusso di coscienza poetico che gli artisti lasciano emergere tra poesia e memoria storica in termini di conflitto latente, immaginario e stasi nella società italiana. Essi affiancano alle loro opere – evocative di storia del Novecento, viaggi e popoli – i diagrammi degli antropologi Hildebrandt e Di Pietro, a sottolineare quanto il «confine» sia, in ultima analisi, una creazione intellettuale.
La sala dedicata al progetto “Cyphoria” è un tripudio di suoni e colori, una realtà sfaccettata e vibrante nella quale il visitatore si immerge, che è straniante e familiare allo stesso tempo. Gli artisti, già noti per le pratiche coi nuovi media, hanno osservato con cura la generazione digitale, hanno seguito il flusso di immagini e rumore, hanno eletto alcuni oggetti dalla quotidianità, hanno attinto alle open source (Youtube è fonte inesauribile di materiale) per ricombinare questo patrimonio digitale in nuovi set, collegandolo alla storia e alla storia dell’arte. Seppur nella frammentarietà di tecniche ed esiti, il progetto di Domenico Quaranta si innesta nel lavoro di artisti che riconducono le mille derive del mondo tecnologico ad un patrimonio passato, ma sopratutto alla ricerca di un senso col quale interpretare l’inarrestabile preponderanza del digitale nelle nostre vite oggi.
Se da un lato vi è l’arte che guarda al mondo contemporaneo, dall’altro ce n’è una che «preferisce di no». “I would prefer not to/Preferirei di no” è il titolo del progetto di Simone Ciglia e Luigia Leonardelli animato dall’agire imprevedibile di artisti che vogliono mettere in mostra l’imprevedibilità e precarietà delle scelte nel nuovo millennio, con opere instabili, imprevedibili ma senza scandali.
E ancora vi è un’arte che rivive dell’utilizzo di materiale preesistente ne La seconda volta, progetto di Cristiana Perrella, nel quale torna una delle pratiche più importanti dell’arte, quella di riuso e assemblaggio. La muta resistenza del passato all’ «eccesso di smaterializzazione imposto dall’avvento del digitale» (C.P.).
Ancora una volta vivente è il passato per gli artisti chiamati a raccolta da Luca Lo Pinto, in «A occhi chiusi gli occhi sono straordinariamente aperti». «Tempo, memoria, identità in continua metamorfosi e messi in discussione nella relazione del singolo con la collettività”» (L.Lo P.).
La Quadriennale di Roma colpisce per la straordinaria ricchezza di voci e temi, caratterizzata da una quantità di opere e di tecniche che frammentano il panorama arricchendolo di mille riflessioni. Analisi lucide, disincantate, disperate nella ricerca di ordine, ora in rumorosa e aperta polemica, ora mute, silenziosamente ripiegate sull’artigianalità di gesti semplici come quello di ritagliare la carta. Ciò che più ricorre nei progetti in mostra sono l’urgenza di risolvere taluni conflitti della società italiana, il rassicurante legame con un mitico passato e l’utilizzo di materiale digitale da piattaforme globali.
Un’arte che quando rinuncia ad agire riflette, senza mai sottrarsi davvero alla facoltà di analisi della realtà, nel tentativo di farsi interprete, garante e testimone della voce dell’umanità oggi. Una pluralità di intenti, idee, materiali, forme che non può che essere ricchezza e traccia storica per i posteri.
16a Quadriennale, Palazzo delle Esposizioni, Roma, 13.10.2016 – 08.01.2016
immagini (cover 1) Giulio Squillacciotti e Camilla Insom. Archipelago. Spirits, Sounds and Zār Rituals in the Persian Gulf, Iran/Italia, 2016, still. Film HD, audio persiano, sottotitoli in italiano, 60′. Courtesy degli autori (2) Invernomuto. MALÙ – Lo stereotipo della Venere Nera in Italia [censored], 2015, still Video HD, 30′ Courtesy degli artisti, American Academy in Rome e pinksummer, Genova (3) BEFNOED, 2014, still Videoinstallazione. Dimensioni variabili. Courtesy degli artisti e Carroll / Fletcher, Londra (4) Paolo Cirio. Overexposed – James Clapper, 2015. Pittura acrilica su tela 106×91 cm. Courtesy NOME, Berlino (5) Rosa Barba – Still Anchored in One Point From Which They Emerge, 2013, veduta d’installazione, Gió Marconi, Milano, 2013. Pellicola 35mm, perspex, vetro, rulli guida, LED, motore programmato. Dimensioni variabili. Collezione privata, Bologna. Foto © Rosa Barba (6) Invernomuto. Motherland, 2014 Marsèlleria, Milano, 2014. Monitor LCD, poliuretano indurito 67×70×113 cm. Courtesy degli artisti, Marsèlleria Permanent Exhibition, Milano, e pinksummer, Genova Foto di Giulio Boem (7) Rä di Martino – Le storie esistono solo nelle storie, 2016, documento preparatorio. Courtesy dell’artista (8) Marcello Maloberti – Himalaya, 2012, fotografia di documentazione, Zero a Cento, Triennale di Milano, 2012. Stampa Lamba 150×100 cm. Courtesy dell’artista e Galleria Raffaella Cortese, Milano. Collezione Golinelli