Quando si parla di arte e nuovi media è quasi inevitabile che il tema della conservazione emerga anche in discussioni generiche. Se si tratta di video, arte multimediale, o arte realizzata per e con internet, alcune domande sorgono spontanee: Cosa significa acquistare e possedere un lavoro la cui esistenza dipende da software o supporti condannati ad obsolescenza in tempi sempre più rapidi? Come è possibile conservarla?
Sopravvivenza Programmata, a cura di Valentino Catricalà e Domenico Quaranta si occupa proprio di questo. I due curatori portando assieme saggi di professionisti di tutto il mondo che si sono occupati di new media e conservazione con ruoli e in relazione ad istituzioni e realtà di varia natura. Molti di questi testi sono stati tradotti per la prima volta in italiano. Assieme formano un occhio caleidoscopico sulla conservazione ritrovandosi in un ‘contenitore’ editoriale molto particolare. Nel libro, e in ogni saggio, una serie di QR Codes rimandano ad altri testi in rete. Questo comporta un grandissimo impegno e lavoro affinché le pagine dei documenti e i loro contenuti, rimangano leggibili. In altre parole, un vero e proprio lavoro di conservazione che apre il contenitore chiuso della carta stampata all’esterno, gli restituisce forza e fragilità, ovvero, vitalità.
Il libro, diviso in tre sezioni: teoria, pratica e case studies, si presta, in realtà, a diverse modalità di lettura, sciolte dalla necessità di procedere linearmente. Molti sono gli argomenti che possono interessare anche individualmente. L’importanza dell’archivio con le sue difficoltà (Grau), il confronto con le pratiche classiche di restauro (Barreca, Catricalà), la necessità di prenderne le distanze (Ippolito) avviano il discorso e preparano il terreno per una sezione tutta rivolta alla ‘pratica’. Qui ritroviamo il tratteggio di una guida alla conservazione dell’artista Rafael Lozano Hemmer che prende forma dalla ricostruzione del suo rapporto con il collezionista. Non mancano interventi rispetto alla conservazione dei video (Saba) e all’etica della conservazione (Wijers), al ruolo delle istituzioni, all’esposizione e all’archivio (Muller, Scudero, Ghidini). Anche la documentazione ha un ruolo importante, come nel progetto EWVA-European Women (Leuzzi, Schemildt) che dalla Scozia si addentra nella ricerca dell’arte italiana degli anni ’70 e ’80 e la restituisce al suo valore in ambito internazionale. Vitali come luoghi di conservazione e archiviazione sono anche le biblioteche che si ritrovano in formulazioni originali e non rigidamente istituzionali, come le biblioteche temporanee (Ludovico).
Quando nei musei si parlava di restauro dell’arte contemporanea era già chiaro che le competenze da mettere in gioco erano le più disparate, e la conoscenza delle tecniche tradizionali che si apprendeva negli Istituti specializzati si doveva accompagnare a quella che si relaziona con materie e materiali che appartengono al quotidiano vivere, come idraulica o meccanica. Nell’ambito dei nuovi media, per esempio, è necessario imparare il linguaggio informatico, come sostiene nel suo saggio Ben Fino-Radin che per molto tempo ha lavorato per il MoMA e per Rhizome. org, una delle prime piattaforme online ad occuparsi di arte digitale, della sua diffusione, documentazione e conservazione.
Oltre a fotografia e video, l’urgenza della questione della conservazione è emersa più volte in generi artistici del passato dove la rappresentazione ha lasciato il passo a forme concettuali ed effimere. In questi casi, conservare può significare documentare l’idea, così come preservare materiali e supporti di uso comune e tanto altro. Tra queste, ritroviamo anche l’arte cinetica e programmata, più volte trattata nel libro (Calvi, Dipasquale, Ratti e Devecchi). La sua stessa presenza sottolinea la continuità con simili forme d’arte analogica. D’altro canto chi si è occupato di new media e conservazione, come Jon Ippolito con il progetto Variable Media, di questi aspetti legati all’arte performativa e concettuale, ne ha dovuto tener conto proprio nella pratica, oltre alla necessità di costruire un discorso trans-disciplinare e, appunto, variabile. Sembra di aver detto già molto. In realtà questa è solo una traccia per letture multiple in cui si imbatterà il lettore che dovrà accettare che il libro, tutto, è anche lui performativo e avrà possibilmente una durata, certamente più lunga di quanto non la abbia la carta stampata. Tenerlo tra le mani comporterà accettare che una sua parte potrebbe essere presto obsoleta, proprio come afferma essere le sue opere web Costantin Dullaart, che nella conversazione con Marialaura Ghidini che chiude il libro, racconta della conservazione attraverso la sua esperienza di artista nel suo rapportarsi con il collezionista. Mentre leggiamo, e da un aspetto così apparentemente tecnico, apprendiamo molte cose che riguardano l’arte e la cultura a tutto tondo. Ci interroghiamo, anche, su quale sarà l’esperienza conservativa del libro. Il contenitore chiuso rimane sempre e comunque un bellissimo oggetto da sfogliare. Al momento, è nel pieno della sua vitalità.
Sopravvivenza programmata. Etiche e pratiche di conservazione. Dall’arte cinetica alla Net Art, a cura di Valentino Catricalà e Domenico Quaranta, Collana Imprese Mediali, Edizioni Kappabit, Roma 2020
Autori: Laura Barreca, Laura Calvi, Valentino Catricalà, Alice Devecchi, Roberto Dipasquale, Ben Fino-Radio, Marialaura Ghidini, Oliver Grau, Jon Ippolito, Laura Leuzzi, Rafael Lozano – Hemmer, Alessandro Ludovico, Dorca Muller, Stephen Partridge, Domenico Quaranta, Iolanda Ratti, Cosetta G. Saba, Domenico Scudero, Azalea Seratoni, Elaine Shemilt, Gaby Wijers