Arshake è lieto di presentare I Cieli di Roma. Work in Progress, Special Project #4 di Mariagrazia Pontorno, accompagnato dal testo critico di Christian Caliandro. Questa volta il banner diventa finestra sullo studio d’artista, o meglio, si affaccia direttamente e senza filtri sul processo creativo de I Cieli di Roma, lavoro ispirato al volo in elicottero del Papa all’indomani delle sue dimissioni. Il banner lascia intravedere e conduce ad uno spazio in cui l’autrice condivide riflessioni, pensieri e immagini del lavoro in progress, per renderli pubblici in un gesto di condivisione con il suo fruitore e ad un ritmo scandito dalla naturalezza del progredire del pensiero e del lavoro. (Arshake).
Il volo di Benedetto XVI, subito dopo la sua abdicazione, si è installato immediatamente nell’immaginario collettivo come una sorta di classico. L’elicottero bianco che sorvolava Roma è divenuto così un esso stesso un veicolo sacro, riconfigurato per l’occasione e reso il perno mobile di una tradizione inventata appositamente per un evento inedito, senza precedenti.
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Esiste un precedente esatto di quella scena, che la anticipa persino nello stile della ripresa: la scena iniziale de La dolce vita (1960) di Federico Fellini. Lì, l’elicottero trasporta una statua di Gesù; arriva sulla Città Eterna, sorvola le borgate, la gente lo saluta dai tetti delle case e, nella scena con i muratori, dalle strade (precisamente come avverrà, cinquantatré anni dopo, con i fedeli del papa dimissionario). È una visione che sovrappone i due livelli della tradizione millenaria e della modernità: con Marcello Rubini, alter ego dello stesso Fellini, che – nella sua prima apparizione in assoluto nel film – chiede il numero di telefono a una delle ragazze che prendono il sole in bikini sul tetto. I movimenti del 1960 e del 2013 sono opposti e speculari: nel modello felliniano, la statua di Gesù e l’elicottero si dirigevano verso San Pietro e il Vaticano («Ma dove lo state portando?» «Dal Papa!»); nel secondo viaggio, l’elicottero trasporta il Papa stesso dal Vaticano verso lo spazio esterno, della città e della propria funzione.
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Mariagrazia Pontorno ha isolato e eroso gli elementi di questo percorso. L’elicottero bianco diventa un oggetto ancora più metafisico rispetto all’originale, un autentico mezzo di trasporto spirituale che disegna tracce aeree sulle zone urbane. Roma non è solo un luogo fisico, ma anche e soprattutto uno spazio psichico e culturale. In questo lavoro, elicottero e città vengono sottoposti a due operazioni di segno divergente, che non si elidono ma si rafforzano a vicenda: da una parte, la forza smaterializzante del segno digitale; dall’altra, il punto di vista del drone che aggancia il nostro sguardo al paesaggio cittadino e ai suoi luoghi identitari. Ciò che guardiamo diventa così un vettore, una presenza in movimento che lascia intravedere la natura feconda del contemporaneo – agganciata al futuro così come al passato.
Emerge un panorama normalmente quasi rimosso dall’esperienza comune e dalla percezione diffusa: quello dell’arte, in cui alcune tra le maggiori istituzioni vivono una fase di estrema debolezza e fragilità. Accanto a questo sistema, un’altra Roma generalmente invisibile, eppure intessuta di rimandi e riferimenti: la Roma periferica ex-borgatara, ex-pasoliniana e ancor prima ex-rosselliniana. Quella Roma senza più narrazione culturale, in attesa di essere nuovamente raccontata, immaginata, e così descritta da Walter Siti: «Qui c’è l’Italia che Pasolini cantava nelle Ceneri di Gramsci, ma devitalizzata e privata di identità. Tra un casinò e l’altro, la Tiburtina notturna coi suoi sventramenti, la sua edilizia demente e corrotta, i vetri in frantumi dei negozi alla deriva e delle fabbriche dismesse» (Roma Las Vegas, «la Repubblica», 31 marzo 2013).