Un recente libro curato da Stefania Zuliani, risultato di un seminario di studi organizzato dal Laboratorio Archivio di Storia dell’Arte del Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale dell’Università degli Studi di Salerno in collaborazione con il Dottorato di Metodi e Metodologie della Ricerca Archeologica e Storico Artistica, ha riaperto, qualche mese fa, uno spiraglio felice sull’Atelier d’artista (Mimesis, collana Arte e Critica, pagine 200). Su uno spazio che è palestra creativa, spietata topia, laboratorio virtuale, «locus misterioso dell’atto creativo»[1] (O’Doherty), testo e racconto globale, cervello estroflesso dell’artista direi, storia morale e fisica ha suggerito Courbet a proposito di un suo lavoro del 1855, L’Atelier du peintre.
«Che sia bottega o factory, alcova o letterario salotto, immacolato ufficio o caotica officina di immagini e fallimenti, mansarda, piazza o scrivania, lo studio dell’artista rappresenta», avvisa Zuliani, «un oggetto di analisi complesso quanto ineludibile, una sfida e una promessa, per chi pensa la storia dell’arte come un’interrogazione non soltanto dell’opera, dei suoi significati e della sua ricezione tra collezionismo ed esposizione, ma anche delle differenti condizioni, delle relazioni plurali che ne hanno di volta in volta orientato la produzione»[2].
Territorio felice che non smette di stupire, ambiente d’ideazione e in alcuni casi di convivialità e di condivisione (la prima linea Manzoni la realizza con i suoi compagni di strada e misura 19,93 metri – lunghezza esatta del corridoio di via Cernaia 4, la sua casa-studio)[3], lo studio è un luogo attraverso il quale è possibile fare esperienza, conoscere i desideri dell’artista, le sue inclinazioni e le sue evoluzioni. Ma è anche un nucleo dal quale partire, a volte, per analizzare le varie temperature dell’arte e per ricostruire storie semplici a lei dedicata.
Dalla bottega rinascimentale alle dimore degli artisti nella Roma del Seicento, dalla frizzante officina di Francesco Solimena al ruolo del Solimena accademico, dalle botteghe tra centro e periferia alle case degli artisti di Bloomsbury, dallo studio parigino di Mondrian all’attraversamento fotografico messo in campo da Ghirri (con la rivisitazione dello studio di Morandi) e da Brassaï (lettore di Giacometti), per giungere via via alle varie oscillazioni e declinazioni dell’atelier tra avanguardia e neoavanguardia, agli esempi di Gerard Richter, di Michelangelo Pistoletto, dello studio come spazio sociale (come terreno dell’arte pubblica, più precisamente) e come sala operatoria (è il caso di ORLAN), o dello studio come interrogativo pungente sul presente e sul futuro (post studio?), Atelier d’artista si pone, dunque, come un viaggio tra Gli spazi di creazione dell’arte dall’età moderna al presente. Si tratta, infatti, di un volume polifonico, «corale»[4] annota Zuliani nella premessa, che guada ad un luogo dell’arte irresistibile. Ad un ambiente fisico e mentale che, lo ha suggerito Angelo Trimarco nel suo intervento, «come l’uccello d’Arabia, ha continuato a rinascere dalle proprie ceneri»[5].
Stefania Zuliani (a cura di), «Atelier d’artista. Gli spazi di creazione dell’arte dall’età moderna al presente», Mimesis Edizioni (Milano), Arte e Critica, collana a cura di Maria Passaro, 2014, con testi di S. Zuliani, D.Salvatore, M.A.Pavone, S. Carotenuto, M. D’Angelo, A.Trimarco, A.Trotta, S. Bizzarro, P. Iaccio, R.Fusco, M. Maiorino, M. Passaro, M. De Vivo, M.G. Mancini.
[1] B. O’Doherty, Studio and Cube. On the relationship between where art is made and where art is displayed, Princeton Architectural Press, New York 2007; trad. it. in Id., Inside the White Cube. L’ideologia dello spazio espositivo, Johan&Levi, Milano 2012, p. 90.
[2] S. Zuliani, Aprire lo studio. Una premessa, in Id., a cura di, Atelier d’artista. Gli spazi di creazione dell’arte dall’età moderna al presente, Mimesis, Milano 2013, p. 7.
[3] Cfr. F. Gualdoni, Piero Manzoni. Vita d’artista, Johan&Levi, Milano 2013.
[4] S. Zuliani, Aprire lo studio, cit., p. 10.
[5] A. Trimarco, C’era una volta l’atelier (e c’è ancora), in S. Zuliani, a cura di, Atelier d’artista, cit., p. 73.