L’American Academy di Roma non rinuncia in tempo di pandemia ai Winter Open Studios. Abbiamo incontrato per l’occasione Tina Tallon e James Beacham che con la loro installazione interattiva Subsumption, No. 1 dove combinano i suoni di un antico acquedotto romano con i dati inviati dal Cern di Ginevra.
Non è scontato in questi mesi invernali, caratterizzati dalla presenza ancora importante del Covid, organizzare eventi culturali aperti al pubblico. All’American Academy di Roma hanno voluto rispettare il ricorrente appuntamento del Winter Open Studios presentando i borsisti arrivati a settembre, mentre altri ne arriveranno a breve. Una scelta con cui la direzione dell’istituto e la nuova Andrew Heiskell Arts Director ad interim Lindsay Harris hanno voluto dare un segnale di normalità e di ‘apertura’ alla città (si possono consultare Qui le schede dei borsisti partecipanti)
Abbiamo dialogato con Tina Tallon – artista, musicista, docente, imprenditrice, con una formazione ingegneristica – e il fisico e filmmaker James Beacham del CERN di Ginevra – interessato all’esplorazione dei suoni e all’armonia – in merito all’installazione Subsumption, No. 1, il primo step di un lavoro a lungo termine presentato in anteprima a Roma. Incontratisi su internet alcuni anni fa, i due collaborano a diversi progetti sui dati sonori e la nostra percezione e interazione con essi.
L’opera è visibile nel criptoportico dell’edificio, uno spazio sotterraneo che ben si presta alla fruizione di opere multimediali. Nascosto alla vista del visitatore, nel livello inferiore, un microfono registra e trasmette al piano superiore una base di frequenza dall’acquedotto romano su cui l’accademia fu parzialmente costruita. L’acqua è il legame con la città di Roma, che ne ha fatto materiale artistico sin dai tempi antichi e il cui mormorio caratterizza strade e piazze, come scrisse Madame de Staël davanti alla Fontana di Trevi. E, ricordiamolo, a pochi metri dall’Academy si erge il Fontanone del Gianicolo, con la cui imponenza Sorrentino fa iniziare la Grande Bellezza. La struttura dell’acquedotto non è più in uso ma la Tallon ha potuto inserirla nel progetto grazie a una speciale autorizzazione.
Entrando nel criptoportico il buio di uno dei bracci si illumina in una costellazione di led sensibili al movimento delle persone che lo percorrono. Al centro del passaggio, uno schermo installato su un cubo nero proietta verso il soffitto, se toccato, immagini e video riprese da Beacham nei luoghi del Larghe Hadron Collider (LHC) del Cern di Ginevra, l’acceleratore di particelle più grande a oggi esistente (è lungo 27 km) in cui si ricrea lo stato della materia subito dopo il big bang.
L’installazione site-specific risponde ai comportamenti del pubblico che si addentra gradualmente nella struttura dell’opera. Si è attratti dal passaggio nella semi oscurità, dal comportamento delle luci, dallo schermo luminoso, da suoni e immagini che arrivano da lontano. Cosa sono i suoni che si accavallano in tempo reale (la frequenza dell’acquedotto, il film)? In che modo sono percepiti? Il suono ti segue o sei tu che segui il suono? Uno dei punti focali della ricerca dei due artisti è indagare attraverso stimoli non convenzionali i nostri comportamenti, non sempre coscienti, per portare alla luce le strutture del nostro essere nel mondo fisico, da cui scaturiscono le esperienze dello spazio e del tempo. E analizzare i conseguenti dati dell’interazione con l’opera, che avrà un’accoglienza diversa a seconda dei contesti.
Subsumption no. 1 è infatti anche un lavoro di ricerca sui bias relativi alla gestione dei dati. «Qui al Cern» commenta James «abbiamo a disposizione, grazie al collisore, forse il più grande data set nella storia dell’umanità, una quantità enorme di petabytes di dati grezzi, che vanno saputi leggere. Come raccoglierli, strutturarli, decidere quali tenere e quali no? Sia io che Tina siamo interessati a un approccio più evoluto all’intersonificazione, quell’idea per cui prendi un set di dati, come il rumore di un telescopio, che non si può udire pur esistendo, e li fai convivere con qualcosa di udibile e umano. Spesso chi lavora sulla data sonification realizza lavori molto interessanti, anche belli, ma c’è pur sempre una selezione, una scelta che può amplificare le distorsioni di chi li legge. Su questo lavoreremo ancora in futuro».
«Un esempio comune», specifica Tina, «è quando si scrive una composizione per pianoforte, basata su dati magari provenienti da un telescopio, che devi far confluire nella rigida struttura della tastiera e che non ti permette di mostrare l’essenziale della natura di quei dati. Come artista cerco di approcciare i dati senza quelle lenti che abitualmente indossiamo, chiedendomi cosa c’è lì. Se guardi onestamente cosa dicono, puoi trovarci nuove cose».
Tina Tallon è presentata nel programma dell’Academy come fellow in composizione musicale. Nel salutarci parliamo del problema delle classificazioni e delle categorie, in cui artisti come lei fanno fatica a riconoscersi. Sul suo sito si definisce creative technologist e temporal media artist, una definizione a cui è arrivata cercando di coniugare gli studi scientifici e la pratica artistica. «Il termine di compositore non lo percepivo adatto. Sono interessata personalmente a cosa percepiamo come un segnale e cosa come un rumore, cosa ci dice della nostra storia, di come comunichiamo. Nel mio lavoro creo software, lavoro in squadra con molte persone, scrivo, faccio ricerca e sono una storica. Non è tradizionalmente ciò che un compositore fa, almeno secondo l’accezione che abbiamo del termine. La definizione che ho creato mi permette di muovermi e sperimentare più liberamente».
immagini (tutte): Tina Tallon e James Beacham, «Subsumption, No. 1», 2021, foto: Tina Tallon