Da qualche tempo la Colección Mercantil (progetto artistico della Fundación Banco Mercantil de Caracas, un luogo dell’economia che guarda con attenzione all’arte) espone, a rotazione, le opere della sua collana: e non solo per mantenere viva l’attenzione sulle importanti acquisizioni e sul suo patrimonio culturale, ma anche per disegnare materiali teorici aperti, itinerari riflessivi e conversazioni critiche – davvero preziose la Panorámica: Arte emergente en Venezuela 2000/2012 e il progetto dedicato al territorio Digital Analogico. Ensayos visuales (2013) – sempre più orientate a «preservare, investigare e esporre l’arte venezuelana alla collettività» internazionale.
Dallo scorso 13 maggio (e fino al prossimo settembre) quattordici artisti[1], sotto la stella maestra della pittura, disegnano un itinerario – curato da Emilio J. Narciso e Tahía Rivero – che scavalca i territori antichi della pittura per analizzarne l’attualità, mostrarne i missaggi con gli altri linguaggi, con le altre discipline. Si tratta, infatti, di un viaggio in quella che Tahía Rivero chiama Pintura contaminada[2], dove la tradizione torna a surfare sull’onda del tempo, dove l’artista torna alla freschezza del dipingere, dove «l’opera diventa una mappa del nomadismo, dello spostamento progressivo praticato fuori da ogni direzione precostruita da parte di artisti che sono dei ciechi-vedenti, che ruotano la coda intorno al piacere di un’arte che non si reprime davanti a niente, nemmeno davanti alla storia»[3].
Con uno sguardo trasversale e il desiderio di assimilare nel campo nervoso della pittura la polifonia linguistica del presente, gli artisti riuniti nel perimetro della mostra Revisiones. 14 pintores en la Colección Mercantil mostrano – le opere sono tutte degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso – non solo un legame con il mezzo tradizionale, ma anche una liberazione, uno sconfinamento e una coesistenza con le nuove tecnologie al servizio dell’arte.
Pancho Quilici (Caracas, 1954), ad esempio, adotta la pittura come una piattaforma sulla quale verbalità, progettazione architettonica e ingegneria informatica dialogano tra loro per dar vita ad un paesaggio futuro delle origini. Clemencia Labin (Maracaibo, 1946), dal canto suo, usa la tela come motivo d’assemblaggio per dar vita ad un ambiente plastico che sale dal pavimento e Sigfredo Chacón (Caracas, 1950), con Rejilla negro uno (1993) e Rejilla blanca dos calco del original (1999), elabora un discorso sull’aderenza e sullo scollamento, sul tempo e sul ripensamento, sulla traccia della materia, sull’orma, sulla persistenza della forma.
Il colore, la materia, lo sguardo sulle nuove tecnologie, la memoria individuale e collettiva, il desiderio di costruire una nuova società, portano l’artista a liberarsi – a svincolarsi – dalle briglie e dai recinti del linguaggio, per concepire i frammenti di un firmamento (quello culturale venezuelano) che mostra una sociedad en permanente transformación (Narciso).
[1] Gli artisti in mostra sono María Eugenia Arria, Óscar Pellegrino, Jorge Pizzani, Adrián Pujol, Pancho Quilici, Margot Römer, Carlos Sosa, María Zabala, Carlos Zerpa, Sigfredo Chacón, Eugenio Espinoza, Clemencia Labin, Jorge Stever e William Stone.
[2] T. Rivero, Pintura contaminada, in Revisiones. 14 pintores en la Colección Mercantil, ciclostile della mostra a cura di E. J. Narciso e T. Rivero, organizzata nella nuova sede dello Espacio Mercantil di Caracas, maggio-settembre 2016.
[3] A. Bonito Oliva, The Italian Trans-avantgarde / La Transavanguardia Italiana, Giancarlo Politi Editore, Milano 1980, p. 44-45.
immagini (all) Revisiones. 14 pintores en la Colección Mercantil, 2016, exhibition view, courtesy Espacio Espacio Mercantil, Caracas.