Il 12 Dicembre scorso, nella sala Auditorium di Palazzo delle Esposizioni è stato presentato Cityscapes – Museo digitale della memoria, realizzato dall’artista Valeriana Berchicci.
Il progetto è consultabile sul sito www.cityscapesroma.it
Il lavoro della Berchicci, nella sua struttura principale, utilizza una tecnologia a disposizione di tutti per riattivare dei processi percettivi che proprio quella tecnologia ha inevitabilmente eliminato. Sto parlando di Google Maps e più specificatamente del servizio Street View.
Valeriana Berchicci ha deciso di raccogliere dei ricordi delle persone sotto forma di piccole pillole di memoria orale, dei micro racconti che si riferiscono a una città, a un quartiere, a un edificio o a una strada di quella specifica città. Basta avventurarsi sulla mappa, azionare l’audio e perlustrare la città.
Nel rimandare il lettore a «passeggiare con le orecchie ben aperte» sul sito aggiungo tre considerazioni sull’esperienza di viaggio fatta su Cityscapes da me stesso mentre passeggiavo cercando i riferimenti dei narratori.
- Un mondo senza possibilità.
Il servizio Street View di Google Maps inizia a coprire il territorio italiano nel 2008. Le prime passeggiate virtuali sono state una strana sorpresa per chi, come me, è abituato a camminare per la città: vedevi tutto, i palazzi, le macchine, i negozi con annesse vetrine e lo facevi anche muovendoti per le strade. Ma ovviamente mancava il contesto vivo: i suoni, i rumori, le voci in primis, ma anche i corpi degli altri, la luce che cambia a seconda del muoversi, e infine gli odori e i profumi. Questa mancanza non si è rivelata subito ma a poco a poco ha scavalcato l’enorme curiosità e stupore che mi regalava il poter fare una passeggiata nel centro di Roma stando seduto nel mio studio di Torino, o rivedere il mare di Taranto o curiosare fra le strade di Berlino.
Proprio quando ho iniziato a far passeggiare i miei occhi in quei luoghi che conoscevo molto bene la mancanza si è palesata in tutta la sua potenza: non mi sono certo stupito che quella non fosse una passeggiata vera, ci mancherebbe, ma la mancanza di cui parlo era la mancanza dell’altro, di quelle persone che camminano davanti, dietro, intorno a me, che mi guardano mentre io cammino o che io guardo. I gesti di quelle persone mi mancavano, le loro voci innanzitutto. Ma non è semplicemente la scoperta dell’acqua calda: è ovvio, ribadisco, che non ci fosse la vita nella sua rumorosa e caotica percezione. Però proprio quella percezione è ciò che stimola la cognizione dell’altro, di colui che ha messo il piede prima di me proprio dove ora lo sto posando, che si è fermato sulla stessa panchina in cui mi sono seduto, che guarda la facciata del palazzo che si trova al mio fianco. Manca la scia dell’esperienza di chi non è me: camminare per una città ti fa capire che ci sono altre vite, altre storie, che la città è fatta di persone che vivono e che l’hanno costruita come tu la stai vedendo anche solo con un loro passaggio. Ti fa avere cognizione della comunità.
Per questo motivo Google Street View è diventato solo uno strumento per poter vedere la posizione esatta di un luogo (negozio, ufficio, portone) e nulla più. Me ne servo giusto per rafforzare ciò che già conosco (l’indirizzo di un luogo) per non avere brutte sorprese. Così saprò già quello che dovrò vedere, cosa troverò nel caso mi ci diriga, cosa aspettarmi… «di che morte morire», come si suol dire.
Nella morta città di Google-Maps-Street-View ci si ritrova quindi in un cartonato della città senza vita, senza quella percezione corporale di vita. Dove nulla di cognitivo è più possibile.
- La visione della voce
Questa scintilla di vita viene data proprio dal racconto della voce. È con questo perfetto equilibrio che il progetto Cityscapes amplia e restituisce a quel mondo ingannevole e laconico di Street View la presenza degli esseri umani: le immagini si animano di una carnalità che solo l’orale può restituire, i palazzi, gli incroci, le strade, i piccoli dettagli diventano veri improvvisamente e questo avviene solo perché è qualcun altro che ce li descrive e ne arricchisce la visione con una esperienza in più che altrimenti ci sarebbe negata. Tutti questi racconti devono necessariamente essere fruiti cercando ciò di cui ci parlano sulla piattaforma di street view. Altrimenti il dispositivo esperienziale non si mette in moto, non funziona, letteralmente. Presi singolarmente, da un lato le immagini da tapis roulant delle strade e dall’altro i racconti, sembrano non completi. Solo fruite contemporaneamente le visioni suggerite dai racconti si sovrappongono e innestano la memoria del presente nelle immagini di Street View, permettendo la consapevolezza dell’altro e il riconoscimento del se.
- Museo della memoria e dell’esperienza.
Proprio in questo senso il progetto di Valeriana Berchicci, Cityscapes, segue perfettamente la linea tracciata fin dal suo nascere. A questa nascita io ho avuto la fortuna di assistere durante un workshop con Valeriana tenuto dal maestro Antoni Muntadas dal titolo Personal Immaginary Museum. Bene, se è vero che il museo è quel luogo dove gli oggetti riposano dopo aver perso la portata della esperienza (cito a memoria un testo di Castellucci), allora il progetto di Berchicci supera questo impasse ridando alla città, messa a museo dalla incorporea realtà di Street View, la sua natura comunitaria attraverso il ricordo delle esperienze dei suoi abitanti. Un museo in divenire.
Ognuno può trovare il Suo punto da narrare, per decidere di fare parte della comunità, non più come io separato che vaga in una città senza memoria, ma come un membro di una comunità, appunto, che condivide e genera esperienze, senza l’equivoca nostalgia delle memorie fini a sé stesse. Perché proprio l’alternarsi di immagine e suono e il loro fondersi in un unico racconto elimina il pericolo della mera raccolta dei ricordi, dello sguardo al passato nostalgico e fin troppo abusato. Non quindi una memoria da manipolare ma una esperienza messa a disposizione attraverso un ricordo. Qui il ricordo attiva il presente e crea consapevolezza del contesto (la città), di sé (io che mi aggiro) e dell’Altro (la comunità). Per questo il dispositivo artistico pur usando i ricordi e la memoria non può essere frainteso e non è divisivo.
Valeriana Berchicci, Cityscapes, 2021 – ongoing
Il progetto, vincitore del bando della Regione Lazio “Lazio Contemporaneo”, è stato ideato da Valeriana Berchicci realizzato in collaborazione con l’associazione CAP – Cities Art Projects e la cura di Benedetta Carpi de Resmini.
immagini: (cover 1) Valeriana Berchicci, Cityscapes, 2021 (2) Cityscapes, Museo digitale della Memoria, quartiere Corviale, ph Marina Pietrocola, Courtesy CAP – Cities Art Projects (3) Laboratori a Tor Bella Monaca, Cityscapes Museo digitale della memoria, ph Marina Pietrocola, Courtesy CAP – Cities Art Projects (4) Cityscapes, Museo digitale della Memoria, Zona Centro, Accademia di Belle Arti di Roma, ph Marina Pietrocola, Courtesy CAP – Cities Art Projects (5) Laboratori a Corviale, Cityscapes Museo digitale della memoria, ph Marina Pietrocola, Courtesy CAP – Cities Art Projects (6) Laboratori a Tor Bella Monaca, Cityscapes Museo digitale della memoria, ph Marina Pietrocola, Courtesy CAP – Cities Art Projects (7) Cityscapes, Museo digitale della Memoria, quartiere Corviale, ph Marina Pietrocola, Courtesy CAP – Cities Art Projects