Presentata in anteprima all’Eye Film Institute di Amsterdam (2015), e poi in alcune altre importanti sedi istituzionali, tra queste il Cincinnati Art Museum (2017), il Museum of Art and Design di Miami (2018) e il Kunstmuseum Basel (2019), More Sweety. Play the Dance, la monumentale videoinstallazione di William Kentridge giunge, grazie a Lia Rumma e al brillante piano di riqualificazione promosso dalla Regione Campania con l’attuazione di Scabec, Società campana beni culturali che sta lavorando a un grande ecosistema digitale in cui confluiranno a breve gli archivi regionali più prestigiosi dell’arte, negli indimenticabili spazi degli Arsenali di Amalfi, sede di storiche mostre quali Aspetti del “ritorno alle cose stesse” (1966), Impatto percettivo (1967), Arte povera + azioni povere (1968), promosse illo tempore da un giovane con il futuro negli occhi, Marcello Rumma.
Riportati per volere di Lia a com’erano durante le tre rassegne della seconda meta degli anni Sessanta (RA1, RA2 e RA3 più esattamente), e davvero tutti gliene siamo grati perché abbiamo avuto finalmente modo di respirare daccapo un prezioso spazzato di storia dell’arte contemporanea, gli Arsenali dell’antica Repubblica tornano a rivivere con un’opera che, anche se ha compiuto un lustro, si presenta quantomai attuale e non smette di meravigliare, di illudere e illudendo di distruggere elegiacamente l’illusione stessa per dar voce agli ultimi, le cui gioie e i cui dolori vivono all’ombra silenziosa.
Negli Arsenali, regolamentati secondo le odierne normative anti-contagio, ad accoglierci è dunque questa grande installazione video (otto canali HD e quattro megafoni) di circa quaranta metri lineari che si presenta come un Gesamstkunstwerk capace di assorbire lo spazio circostante e da questo esserne assorbita per accogliere anche lo spettatore e invitarlo a partecipare, in una sorta di con-temp-l’azione (mi si permetta questo straordinario termine di Daniela Palazzoli), di leggere le trame della storia e dell’archeologia e dell’antropologia e della sociologia, di individuare la manifestazione fisica di vari fenomeni (la nascita e l’obsolescenza di nuove forme di comunicazione): e di far festa, poi, con il corteo dei personaggi che sfilano leggeri, quasi a scongiurare qualsiasi peste (l’ebola dell’Africa occidentale, il virus Zika del Sud America e degli States, il covid), a danzare per produrre un flusso energetico, per resistere all’incertezza del presente, per celebrare (tutti insieme magari, anche noi che siamo lì a guardare bagnati dalla luce lattea dello schermo) la vita.
«William Kentridge. More Sweetly Play the Dance», Antico Arsenale della Repubblica di Amalfi, 03.09–02.12.2020
immagini (tutte) William Kentridge, « More Sweety. Play the Dance», Arsenale della Repubblica di Amalfi, Installation view