Oggi «Young Italian Artists. Racconti dall’arte contemporanea» cresce con il lavoro e la riflessione di Agnese Spolverini. Questo spazio di Arshake, concepito da Antonello Tolve e curato con Elena Giulia Rossi, è dedicato ai protagonisti dell’arte under 35.
Faccio l’artista perché non so usare le parole, perché vorrei parlare, vorrei dire, vorrei piangere e vorrei far sentire. Ma non mi è stato dato il dono della scrittura né di una buona ars oratoria.
Ho iniziato, quindi, a giocare con il mondo e con le sue forme, a umanizzare le cose intorno a me, a prendere dei momenti, vissuti o immaginari, e a creare con essi delle situazioni sospese.
Ho preso la mia intimità e l’ho resa scena, oggetto e immagine.
Mi piace pensare che quell’intimità che pongo davanti all’altro non sia però solo mia, ma sia fatta di topoi familiari a tutti, di luoghi e momenti che spesso si dimenticano, che non si vivono appieno o a cui si aspira ma che si collocano sempre in un altrove rispetto alla vita che viviamo.
Leggevo proprio stamattina un articolo in cui si parla di intimità come condizione fondamentale per la vera relazione con l’altro. Credo che creare relazione, portare al riconoscimento dell’altro, sia uno dei cardini del mio lavoro, tuttavia non sono interessata a farlo in maniera discorsiva, non tramite gli strumenti della trasparenza ma veicolando emozioni ambigue, sottili, a volte crudeli, a volte tenere, sussurrate, che parlino tramite l’evocazione e mai tramite una presenza diretta. Cerco in qualche modo, di volta in volta, di mettere in scena la potenza di una dimensione segreta, erotica, non pornografica. Mi piace spesso immaginare quello che faccio come una conversazione tra due amanti, l’opera e lo spettatore.
Faccio parte di una generazione che più di altre sperimenta il precariato, non solo nel lavoro, ma in tutti gli aspetti della vita, la mobilità diventa un valore ma troppo spesso è un obbligo e non una scelta. La casa, che dovrebbe essere il luogo intimo per eccellenza, si ritrova ad essere solo un contenitore a tempo determinato, anche per questo spesso utilizzo elementi domestici nelle installazioni. Riguardando la mia ricerca, mi viene in mente la parola «nostalgia». I nostoi, nell’epica greca, sono i racconti del ritorno a casa degli eroi e la nostalgia porta con sé il dolore che si prova standone lontani. La malinconia che attraversa i miei lavori parla anche di un ritorno a casa che è però un ritorno ad un altrove, ad un posto segreto che per molti di noi vive soltanto in una dimensione ideale, immaginaria.
Agnese Spolverini, 21 aprile 2020