Francesco Gioacchini entra a far parte del progetto «Young Italian Artists. Racconti dall’arte contemporanea», spazio dedicato ai protagonisti dell’arte under 35, concepito da Antonello Tolve e curato con Elena Giulia Rossi.
Ricordo con piacere i giorni del liceo, quando parole e immagini prendevano forma sopra ad un banco di scuola verde, quello era il mio supporto. Lì si delineavano idee, visioni; lì confluiva la noia, la svogliatezza; lì si sfogava l’irrazionale, l’indecente. Quello che non poteva essere disegnato o scritto nel supporto «ufficiale», vale a dire il quaderno, il libro, la lavagna, finiva nell’area che circondava il perimetro bianco del foglio. Il banco veniva poi diligentemente pulito, ed il piccolo mondo in esso contenuto era così distrattamente, o volutamente, cancellato, censurato. Riacquistata la dovuta morigeratezza, restituita, come in un miracolo, la verginità, il banco di scuola si predisponeva così ad essere oltraggiato di nuovo, ancora e ancora.
Ricordo i fogli a quadretti, i fogli a righe, e ne rivedo oggi la bellezza. In quei fogli, e nei margini delle pagine del libri, i margini superiori, laterali ed inferiori, trovavo lo spazio per dire e per non dire. Mi vengono in mente le parole di Benjamin, che in uno dei suoi scritti sui libri per l’infanzia, libri che collezionava (Die Kinderbuchsammlung Walter Benjamin), fa riferimento per l’appunto al piccolo spazio lasciato nel libro, a quella stretta area bianca che circonda il testo o l’immagine al centro, e all’impossibilità di imparare e di esercitarsi in tale spazio ridotto. Spazio limitato dunque, ma non abbastanza da non permettere ai pensieri di palesarsi.
E poi il segno fine a se stesso, lo scarabocchio, le prove fatte per scegliere la durezza della matita più adeguata, la giusta tonalità del colore, che entrano a far parte dell’opera, che anzi la sostituiscono. L’immagine, attaccata con il nastro adesivo, usata come riferimento per un lavoro da farsi, in ugual maniera, diventa il lavoro stesso. Comprendo quindi adesso che il mio interesse era, ed è ancora, per quello che accade leggermente al di fuori, giusto un poco più al lato, per quello che non dovrebbe esserci, ma che comunque c’è, per il marginale, per gli accostamenti azzardati, per quei cortocircuiti visivi che contengono una cosa ed il suo contrario, per la razionalità e la pianificazione messe di fronte alla casualità. Ecco quindi che quanto doveva essere al di fuori, entra di diritto nella composizione finale, come elemento fondamentale che produce e regge un equilibrio cromatico, geometrico, e poetico se vogliamo.
Francesco Gioacchini, Gennaio 2021
Francesco Gioacchini è nato a Loreto nel 1985, vive e lavora a Berlino. Instagram: francesco.gioacchini, www.francescogioacchini.com
Young Italian Artists. Racconti dall’arte contemporanea
Progetto ideato da Antonello Tolve, curato con Elena Giulia Rossi