Michela Nucera entra a far parte dell’archivio di «Young Italian Artists. Racconti dall’arte contemporanea», spazio dedicato ai protagonisti dell’arte under 35, concepito da Antonello Tolve e curato con Elena Giulia Rossi.
Sono sempre stata affamata di domande, di risposte, di esperienze artistiche e percorsi di studi. Ho assecondato con costanza tutto ciò che sentivo essere potenzialmente capace di colmare questo stomaco insaziabile con il quale sono nata. Ho addentato quel che avevo attorno a me, a volte sputandone i pezzi, altre volte finendo il piatto ed altre ancora toccandolo a malapena. Non ho mai conosciuto modi diversi per metabolizzare la realtà se non vivendo questa fame, osservando il mutare dei suoi oggetti di desiderio. Ma a volte mi ritrovo a boccheggiare, con la percezione di star addentando il nulla. Allora inizio ad aver timore che tutto ciò che ho ingurgitato possa scomparire da un momento all’altro, senza preavviso, insieme a me.
Ho paura che il mio appetito sia vano. Ho paura che non ci possa essere più niente che le mie mani riescano a toccare. Che i miei occhi possano scrutare. Che non ci sia niente che realmente mi possa sfamare. Mi ritrovo nel vuoto. A sconfiggerlo non sono mai stata capace, e non ho mai imparato a smettere di farmi tremare le gambe ogni volta che arriva. Ma sono molto brava a consumarmici dentro. Lo faccio in silenzio, chiudendo le ciglia, aspettando che questa volta sia io a dover essere digerita. Non avviene mai velocemente o con lo stesso trascorrere del tempo della volta precedente, e non mi è mai subito molto chiara la fine del processo.
So solo che a tempo debito, con tutta la naturalezza che un processo digestivo porta con sé, termina.
Mi rendo conto che questa dinamica possa sembrare a tratti contraddittoria. E nonostante il tempo trascorso ad indagarne le leggi fisiche, psicologiche e fantastiche, l’unica cosa che ho compreso è che per tornare alla fame, a dare morsi, a trasformare le energie devo farmi ciclicamente divorare dal vuoto. Solo allora riesco a ricollocarmi davanti allo specchio per trasformare le linee delle mie braccia, le linee dei miei fianchi, le linee della mia lingua in una forma nuova, capace di aprirsi, abbracciare, circondare, invadere.
Suppongo che la compresenza di forze distruttrici e forze creatrici sia pressoché necessaria in tutti coloro che lavorano con l’arte (in realtà, in misura diversa, credo sia necessaria per chiunque). Ho voluto raccontare il mio modo di relazionarmi con questo equilibrio precario perché a lungo l’ho concepito come errato, controproducente. Una volta mi è stato detto che la frustrazione che questa alternanza comporta non passerà mai, ed io tutt’ora concordo: dubito fortemente che il segreto stia nella sua sconfitta, bensì ritengo che la chiave risieda nella conoscenza delle forze che si innescano dentro di noi e nella fede verso i nostri appetiti, così come nel vuoto che arriva per digerirci.
Michela Nucera, Aprile 2020
Michela Nucera è nata a Osimo nel 1994. Vive e lavora a Bologna. Instagram michela_nucera
Young Italian Artists. Racconti dall’arte contemporanea
Progetto ideato da Antonello Tolve, curato con Elena Giulia Rossi